LA TONACA CONTRO COSA NOSTRA di Francesco La Licata

Ad: c'è il voto/ non dividiamoci DALLA PRIMA PAGINA LA TONACA CONTRO COSA NOSTRA e l'idea - o forse un accenno di idea - dell'impegno antimafia come lotta di sopravvivenza. Non si spiegherebbe altrimenti la metamorfosi di ragazzi di borgata che, come «sogno», dichiarano di voler diventare carabinieri. E' a questa novità - e insieme a questa disperazione che il Papa offrì la sua solidarietà nella memorabile omelia di Agrigento pronunciata al culmine dell'ultima sua visita in Sicilia. Era maggio quando Giovanni Paolo II gridò ai siciliani che «la mafia non poteva calpestare i diritti dell'uomo». La reazione di Cosa Nostra, a luglio, furono le bombe di Roma, davanti alla basilica di San Giovanni e alla chiesa di San Giorgio al Velabro. Ma la risposta dei preti come don Puglisi, in Sicilia, fu un intensificarsi della predicazione antimafia, a dispetto del rischio di isolamento e del pericolo di rimanere indifesi. Padre Bartolomeo Sorge ha detto che «chi annuncia il Vangelo in una situazione di emergenza come la nostra qui in Sicilia, a Palermo, ha già messo in conto la possibilità di dare la vita». In questo senso appare di grande importanza l'appello lanciato ieri al Papa da otto sacerdoti palermitani. Per due motivi: perché invita Giovanni Paolo, con la sua auspicata presenza in Sicilia, ad un ulteriore gesto di solidarietà verso quei preti di frontiera, e perché lancia un allarme che non può rimanere inascoltato. Chi deve sapere, sappia: l'isolamento, fisico e morale, rischierebbe di trasformare in eroi i tanti sacerdoti che, senza armi, lottano per strappare consenso alla mafia. Francesco La Licata

Persone citate: Bartolomeo Sorge, Giovanni Paolo, Giovanni Paolo Ii, Puglisi

Luoghi citati: Agrigento, Palermo, Roma, Sicilia