Rientro-choc per il generale della pace di Mimmo Candito

Attaccato un posto di blocco a Hebron: 4 soldati feriti, un palestinese ucciso. Chiusa Gaza Attaccato un posto di blocco a Hebron: 4 soldati feriti, un palestinese ucciso. Chiusa Gaza Rientro-choc per il generale della pace La furia delle destre egli attentati accolgono Robin GERUSALEMME DAL NOSTRO INVIATO Shannà Tovà, in ebraico significa Buon Anno. E allora: Shannà Tovà, Israele, Buon Anno perché questo giovedì 16 settembre dell'era cristiana qui è il primo giorno dell'anno 5754. Ed è dal tempo, forse, della nascita dello Stato israeliano sull'antica terra della Palestina, qui, una cinquantina d'anni fa, che la festa di Rosh Hashana non veniva celebrata con una tensione collettiva, una trepidazione e un'ansia di futuro così intense, così coinvolgenti dentro ogni frazione della società. Speranza e angoscia stringono il cuore della gente, un vecchio di barba bianca che ieri chiedeva l'elemosina nei pressi della sinagoga di Re David faceva risuonare di monetine il suo barattolo di latta. «Il Signore sa, il Signore vede, il Signore è con noi. Sempre», diceva la sua nenia triste. Chi lasciava cadere qualche spicciolo nel barattolo faceva di sì con la testa, assorto. Non c'è allegria, attorno. In questo Rosh Hashana Israele si è rifondato per una seconda volta, ma lo spirito pionieristico del '48 si è perso nella strada del tempo; oggi tutti sanno che il nuovo anno che arriva sarà lungo e difficile. Lo si leggeva anche ieri, sulla faccia di Rabin, quando il vecchio generale in borghese è sceso rapido dalla scaletta dell'aereo in viaggio da Rabat. La visita in Marocco era stata un'altra delle tappe felici di questo incredibile itinerario della pace; ma il primo ministro non appariva né sereno né soddisfatto. Burbero, la mascella stretta, ha dato bruscamente la mano ai funzionari che l'aspettavano sotto l'aereo e ha chiesto subito notizie sull'attentato dell'altra notte a Hebron. Mercoledì sera, da un'auto con targa araba che si era avvicinata lentamente a un posto di blocco israeliano due uomini avevano sparato ai soldati; ne era seguita una rapida battaglia, con un fuoco incrociato per quasi un lunghissimo minuto. Poi l'auto aveva sgommato, facendo una disperata inversione di marcia e si era perduta nel buio. Quattro soldati sono feriti gravemente, uno dei tre uomini a bordo dell'auto - un palestinese - è morto, e il suo corpo è stato scaricato sulla strada dallo sportello apertosi per un attimo. Le condizioni di spirito nell'esercito non appaiono però molto basse, se quanto raccontavano i ragazzi in divisa incontrati lungo le strade in questi giorni, in attesa di un passaggio, e poi caricati a bordo, è lo spirito diffuso nelle file di Tsahal. Qui è pratica quotidiana che i soldati si spostino in autostop, e tutti, con le loro facce di ragazzi bianchi e neri, gli occhiali da sole, e il mitra al collo, dicevano di non voler esprimere nessun giudizio politi¬ co ma di sperare che si sia sulla strada giusta, e che non hanno nessuna paura, comunque. E' il loro lavoro, e si aspettano tempi duri, nei giorni a venire. Un centinaio di generali della riserva ha intanto pubblicato ieri, su un'intera pagina dei giornali comprata dal Council for Peace and Security, un appello dove si esprime appoggio a Rabin e Peres. «La pace - scrivono a grandi lettere i vecchi combattenti - è elemento strategico essenziale della sicurezza d'Israele. Una fermezza convinta a perseguire gli obblighi della sicurezza per la nostra patria è il presupposto essenziale per ottenere una pace stabile». Non male, per un gruppo di militari che, anche se laboristi nella tradizione, sono stati comunque educati al combattimento e alle strategie d'attacco, più che alle sollecitazioni della pace. Ma la società d'Israele è spaccata nel fondo del proprio cuore, divisa dalle tentazioni ancora della paura. E un'altra pagina di giornali è stata comprata ieri dalle Organizzazioni della Lotta per l'Eterno Israele, con uno solgan ad alte lettere nere: «Israele è in pericolo», grida quella che si autodefinisce «La maggioranza ebraica», e chiama a «4 giorni di protesta». La prossima settimana il Parlamento dovrà discutere l'accordo con l'Olp; la protesta preannunciata dai giornali sarà un assedio alla Knesset, ininterrotto, giorno e notte, e a guidarla saranno le associazioni dei coloni e l'intera destra del sistema politico, con in testa il Likud. Il Likud, ieri, con una dichiarazione durissima, ha disertato la cerimonia all'aeroporto per l'arrivo di Rabin e Peres; un comunicato sprezzante parla di rifiuto a «stringere mani che sono ancora calde del sangue che bagna le mani di Yasser Arafat». Rabin, scendendo veloce dalla scaletta nel buio incerto della prima alba, ha scrutato la piccola schiera di funzionari che l'aspettava e si è mostrato ancora più duro, rigido. Poi si è fatto portare al ministero della Difesa, e ha deciso che fino a sabato mattina la striscia di Gaza resta chiusa. «Noi vogliamo la pace ha detto Rabin - ma reagiremo con fermezza a ogni minaccia che voglia turbarne le speranze». Il provvedimento su Gaza è duro, anche drammatico; ma questa volta la Cisgiordania non viene inclusa nel decreto militare di segregazione. La speranza di pace, per ora, si deve contentare anche di questi piccoli segnali. Shannà Tovà, allora, Israele, ma anche Shannà Tovà, Palestina. Su questo pezzo di mondo, un Capodanno è felice soltanto se è felice per tutti, senza barriere di razza, di lingua, di fede. E Shannà Tovà qui, ma anche in Bosnia, e a Mogadiscio. Mimmo Candito