UNIVERSITÀ CI VUOLE MANI PULITE

UNIVERSITÀ' LETTERA A COLOMBO UNIVERSITÀ' CI VUOLE MANI PULITE SIGNOR ministro dell'Università e della Ricerca scientifica, Umberto Colombo. Come Lei ha visto, la crisi del regime sovietico italiano (dato il «nuovo» che gira, parlare di caduta sarebbe decisamente troppo) ha coinvolto un po' tutti: la classe politica, in primo luogo, e poi l'imprenditoria pubblica, quella privata, la grande finanza, il sistema bancario, l'amministrazione statale, la magistratura. Manca un'istituzione all'appello: la sua. Ma ora il coperchio sta saltando anche qui, per merito non di magistrati, ma di alcuni eroici professori che se d'ora in poi non avranno bisogno di scorta è perché la mafia accademica colpisce col silenzio e non con la lupara e perché i suoi padrini politici sono ancora tanto potenti. I professori Paolo Prodi, Giampietro Puppi e Guido Martinotti hanno scritto sull'ultimo fascicolo del Mulino una diagnosi impietosa su «L'ateneo malato», ma soprattutto il professor Raffaele Simone, con una penna degna di Voltaire, ha steso il certificato di morte dell'istituzione con il libro «L'università dei tre tradimenti» (Laterza). Veramente chiamare istituzione l'università italiana è altamente improprio. Per esserlo, le manca quell'organizzazione minima di diritti, doveri, responsabilità, finalità, mezzi, gerarchie, controlli senza di che una comunità di persone legate da uno scopo scade ad un aggregato di piazza, dove tutti s'incontrano casualmente con tutti, scambia no quattro chiacchiere (per lo più pettegolezzi) e poi tornano a casa. Per fare un esempio, chi co manda nell'università? Nessuno: il direttore di un diparti mento non può dare ordini ai docenti, il preside di facoltà non può impartire direttive ai diret tori di dipartimenti, il rettore e il Marcello Pera CONTINUA A PAG. 4 PRIMA COLONNA

Persone citate: Giampietro Puppi, Guido Martinotti, Marcello Pera, Paolo Prodi, Raffaele Simone, Umberto Colombo