SECONDO LUI

immette SECONDOLUI. I CINEMA Germania. Quando Fritz Lang è morto non c'è stato giornale, specie i settimanali, che non abbia scritto un necrologio. Ma quelli francesi e italiani erano molto meglio informati, e sinceramente più elogiativi, di quelli della nostra stampa. Nessuno può negare che per venti anni la sua opera non è stata minimamente apprezzata da noi. Il periodo americano non è conosciuto da noi, e nemmeno i suoi primi lavori tedeschi, se non dal pubblico che li vide quando uscirono. Penso che l'importanza di Lang stia in parte nel suo spostamento dalla Germania negli Stati Uniti. E' così rappresentativo della storia del cinema proprio perché dovette andare in America e perché i suoi film americani sono peggiori. Non proprio peggiori, comunque diversi. Ed è precisamente questa fase di Lang che i tedeschi non possono apprezzare. Poiché sono loro i responsabili della sua partenza per l'America. Sono persino responsabili del suo più che pietoso ritorno. I suoi due ultimi film li ha girati infatti qui: «La tigre di Eschnapur» e «Il diabolico Dottor Mabuse», nel 1958 e nel 1960. Tutto quello che gli venne offerto furono dei remakes dei suoi stessi film. E così gli è toccato reinventare Mabuse. Anche se lo aveva già fatto morire. Easy Rider Ho visto «Easy Rider» in versione originale, in una proiezione privata alla Columbia. Non conosco la versione tedesca, non riesco ad immaginarmela, né so se avrò il coraggio di andarla a vedere. Forse si potrebbe fare in modo che questo film, almeno per alcuni giorni, sia presentato in qualche cinema in originale. «Easy Rider» è un film sull'America. «Easy Rider» è un film fatto soprattutto di «totali». «Easy Rider» è un film politico. Anche in Germania: qui da noi è un film avveniristico, ma forse neanche tanto. Se la Columbia se lo potesse permettere, al posto dell'opuscolo di presentazione dovrebbe vendere ai botteghini un catalogo aio Pfennig con tutte le sentenze contro coloro che nella RFT sono stati incriminati o arrestati per questioni politiche o di hashish. Il proiezionista Quando, ad opera ultimata, qualcosa non funziona nella visione di un film, si è soliti dar la colpa al proiezionista. E' lui che non mette accuratamente a fuoco, che non sistema a dovere l'audio, che non regola con tempismo le dissolvenze tra una sequenza e l'altra, che usa un mascherino dalle misure inadeguate, che fa chiudere il sipario troppo in anticipo, e così via. E il pubblico festivaliero è quello più esigente. Anche al Palazzo dello Zoo di Berlino non sono state risparmiate le critiche ai proiezionisti. Quando sentii che il responsabile delle proiezioni, il signor Ladwig, era stato ferito da queste critiche, la mia intenzione fu di conoscerlo per dargli almeno la possibilità di difendersi dalle accuse. Infatti, la saletta del proiezionista è spesso il posto sbagliato cui ùidirizzare le proprie rimostranze, che do vrebbero, invece, essere rivolte al produttore, al distributore, all'operatore o al regista. immette 12

Persone citate: Fritz Lang