OGNI GIORNO 2 PAROLE

OGNI GIORNO 2 PAROLE OGNI GIORNO 2 PAROLE Da blobbare a fuseaux, da karaoke a lumbard Sono ben seimila i «nuovismi» dello Zingarelli '93 figura. La ragazza che scatta ai blocchi dei cento metri chiede tredici termini, dalla «cremagliera» al «pedale». Per gli sci da fondo, da «berretto» a «coda» ce ne vogliono venti. Per la bicicletta 35. Ma, naturalmente, l'interesse va verso i neologismi, che sollecitano la fantasia: da ecstasy a karaoke, da telefax a videata. Oltre le settemila parole (2700 di lingua specialistica) ci sono le seimila accezioni nuove di vocaboli già conosciuti, coma tagliata (ora voce di cucina), obiettore (fiscale), testa (rasata, da skinhead), lavavetri (ai semafori). Le voci cresciute di più sono telefono (cellulare, azzurro, rosa, amico), effetto (neve, serra, cocktail, Chernobyl), verde (benzina, lira, carta, movimento politico) e, naturalmente, sindrome (da Aids a sindrome di Stendhal). «Ma quello che entra nel vocabolario è solo una piccola parte di quanto abbiamo raccolto. Ammettiamo una parola su dieci delle nuove», ci dice Lorenzo Enriques, consigliere delegato della casa editrice e leader del gruppo che ha curato la nuova edizione. Nel nuovo Zingarelli, per esempio, c'è tangentopoli, non ci sono tanti suoi derivati, fioriti negli ultimi mesi, da tangentista a tangentaro. C'è il suffisso Gate - «scandalo politico» entrato in lingua italiana per l'Irpiniagate, e anche per l'Irangate che un po' ci riguarda, ma non c'è una voce specifica per il Watergate, rimasto americano. Come avviene la scelta? Di Zingarelli, in via Irnerio, si vive; e si lavora tutto l'anno. «Arrivano segnalazioni dai lettori della casa nei vari campi, che stralciano i giornali e ci danno le schede. Una nostra collaboratrice le guarda tutte, per ogni neologismo scrive, sì, no, forse; poi le rivediamo insieme e le mandiamo a un esperto perché le valuti». E quando le valutazioni divergono? «Non divergono quasi mai, capita una volta su cento. Questo lavoro di incrociare i giudizi porta in genere agli stes¬ frequentemente ai fax, che tradiscono meno delle parole). Poiché ritengo, come giustamente ha riferito l'intervistatrice, che la crisi del libro non è congiunturale, bensì strutturale, i rimedi vanno cercati, ancor prima che nelle tecniche di produzione e distribuzione libraria, nel tessuto culturale nel quale la nostra editoria opera. Onde il punto di partenza per intendere i problemi e tentarne il superamento è la scuola, dalle prime sino all'università, perché è lì che si forma il cittadino, e soltanto lì si imparano le ragioni e l'importanza della lettura. Alla scuola si associano nella società industriale e postindustriale i mass-media, e tra questi in primo luogo la televisione. Con sentenza recisa, con la quale bisogna complimentarsi perché quanto mai opportuna in dichiarazioni succinte, la collega Maria Giulia Castagnone, della casa editrice Anabasi, ha detto all'Appiotti, che lo riporta fedelmente, «bisogna incominciare dalla scuola, perché sappiamo che lì si compie il primo irreparabile misfatto. Si insegna a non legge- si risultati». E, alla fine, decide comunque l'editore. Nella stanza della redazione, la coordinatrice Roberta Balboni ha uno scaffale gremito di scatole, in ogni scatola centinaia di schede, in ogni scheda una parola, con i responsi degli specialisti, qualche ritaglio di giornale. Il «forse» è il giudizio più stuzzicante. Qualche volta si lascia la scheda a dormire, per vedere se la parola tiene». E consente recuperi a distanza, magari dopo anni di attesa. Iridologo per esempio è entrato perché è venuto di moda ora. Kamasutra è stato ammesso nella nuova edizione per i suoi sensi traslati (es. «conciliare governo e opposizione è un kamasutra politico»). Frau, poltrona, voce dimenticata ieri, completa un buco. E si scopre - grazie, Zingarelli che non è voce tedesca, ma il nome del costruttore, l'industriale sardo R. Frau. Da dove vengono le parole nuove? «Moltissime sono parole di lingua specialistica che passano in lingua comune. Osmosi, per esempio; o rimozione: oggi lo dicono anche dal parrucchiere. Alcune dai gerghi dei giovani, le ammettiamo con cautela. Poi ci sono rare creazioni d'autore. E le parole straniere entrate nel linguaggio corrente». Quante sono? «Non quante si crede, circa il venti per cento. Ma alcune sono in realtà invenzioni italiane: come baby-killer, tilt, incomprensibili per.un anglosassone». Altre, assai meno numerose, vengono ancora dai dialetti: bricco, dal piemontese, per cima di collina; pippinara, dal romanesco; Cassola, dal milanese; e, inevitabilmente, lumbard. Non si censura niente? Una volta certe parole nei dizionari non si trovavano. «E invece adesso si trovano, se si scrivono nei giornali. Ma qualche cautela l'abbiamo. Siamo attenti alle cose di droga. Attentissimi alle diagnosi mediche: nessuno deve scoprire nel vocabolario - sbagliando - di avere una malattia incurabile. E attenti ai problemi del sessismo: se si fa un esempio di chiacchiera, non deve essere attribuito a una donna». Molte di queste parole durano una stagione, e in una stagione muoiono; comprese alcune che di studio e di mezzi. Il primo articolo della Costituzione dice in forma giustamente lapidaria: «L'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro». E per ragioni varie, non ultime quelle demagogiche, sempre più si è inteso questo articolo come il diritto di ogni italiano ad avere un lavoro, e quindi anche uno stipendio, per il solo fatto di essere cittadino della Repubblica. E non perché ha una preparazione tale per poter dare, attraverso il lavoro, un contributo allo sviluppo economico e civile del Paese. Non solo i futurologi, ma anche gli economisti, dicono che la ricchezza del domani non sarà fondata sul petrolio o su altre fonti naturali, ma sulla capacità di trasformazione che ogni popolo dimostrerà di avere e di portare ad effetto. Non sembri un discorso lontano dalla crisi del libro dalla quale sono partito, ma strettamente collegato. Giustamente Luciano Mauri dice che i Tedeschi e i Giapponesi hanno superato la crisi editoriale, incrementando il numero dei libri che pubblicano annualmente. E non è un

Persone citate: Appiotti, Lorenzo Enriques, Luciano Mauri, Maria Giulia Castagnone, Roberta Balboni

Luoghi citati: Cassola, Italia