DALLA TERRA DI OMERO

DALLA TERRA DI OMERO DALLA TERRA DI OMERO ALBERTO Bevilacqua è narratore copioso che ha raggiunto i suoi risultati migliori nella rappresentazione fra il tragico e il picaresco di un mondo padano disperato e crudele, folle e, al tempo stesso, incantato di acque, nebbie, alberi. Ma è un poeta, invece, raro, di poche e sofferte raccolte di versi ricercati e lavorati con tenacia, alla ricerca della dizione più precisa e incisiva, come dimostrano questi Messaggi segreti, in cui riunisce con revisioni profonde l'essenziale della sua esperienza, a partire dal 1961 ad oggi. La poesia di Bevilacqua si raccoglie intorno a una serie di acuti rovelli dell'anima e dei sensi, che riguardano il padre, la madre, la famiglia, la sua Parma, il mondo naturale e antropologico del Po e della pianura, fino a toccare gli ambienti popolari e un poco folli del dialetto e del gergo di coloro che vivono ai margini della realtà più che della società. All'interno di questi gruppi di situazioni e dei personaggi e dei sentimenti che sono loro propri, stanno i due grandi motivi di fondo di tutta questa poesia: la presenza incombente e cruda della morte e le vicende d'amore, ora come pura e lieve esperienza dei sensi, ora come memoria, ora come gioco e avventura dell'anima, ma soprattutto come ansia, affanno, consapevolezza della precarietà, incidente che lo incrina, disperazione della fine, magari per un banale errore, per una coincidenza incomprensibilmente perduta. Anche nelle immagini di più affettuosa e luminosa descrizione di paesaggi padani o di luoghi di città e paesi c'è sempre, nella poesia di Bevilacqua, il brivido del tempo che passa, della fine che incombe, della perdita che costa continuamente la vita, dell'inevitabile pazzia che si annida dietro lune, passeggiate, contemplazioni, atti d'amore, generazione e morte. Penso alle bellissime poesie dedicate alla madre, nell'alternanza, che è tipica di tutta la poesia di Bevilacqua, fra gioia di vivere e dolore, con dentro sempre un rovello di non saper dire abbastanza, di non sapere fino in fondo pagare con le parole il debito che si contrae, prima della vita e durante la vita, con ciò che sta intorno e partecipa profondamente di sé, si tratti, appunto, della madre o del padre o delle donne amate o della città sonda- LTRE il Canale d'Otranto, là dove esplode l'azzurro, s'apre un territorio fertile e misterioso: la letteratura greca contemporanea. Per traghettarci da Omero all'ultima prosa, è uscita un'antologia di Nuovi narratori greci, selezionata da Caterina Carpinato per Theoria. Nove autori, tre generazioni diverse per un solo momento creativo: dalla caduta del regime dei colonnelli (1974) all'oggi- Dall'entusiasmo della liberazione alla fine grottesca e sporca del dominio socialista di Papandreu, la narrativa neogreca - spiega la giovane curatrice nell'introduzione - è politicamente intrisa di questo sogno andato a male. Ma le parole dei racconti inclusi in questa raccolta non ne portano i segni. Parlano di singole esistenze (per lo più ateniesi, incomunicabili, frammentarie); d'infanzia rimpianta; un piede nel futuro, nell'Ovest e l'altro diretto al passato, diretto a Est. Stilisticamente ancorati al realismo e ugualmente attratti dagli esperimenti. Sempre più attraversati da contaminazioni televisive e giornalistiche man mano che scorrono gli Anni Ottanta. L'antologia non dichiara una visibile omogeneità. L'ironica disavventura sessuale narrata da Kostas Tachtsìs in Un professionista, non ha nulla in comune con lo stile teso, emotivo, al confine dello stream of consciousness, della lettera compilata da un protagonista della vita culturale greca dell'ultimo trentennio, Petros Ambatzoglu, e intitolata La catastrofe della mia Pompei. Per il tradizionale, saporoso, delicatamente terreno Kikos Chuliaràs, presente con numerosi microracconti, c'è l'opprimente viaggio in una cittadina dell'Epiro che offre l'occasione a Ersi Sotiropulu di misurarsi sulla linea Almodóvar-LynchDario Argento. Il racconto s'intitola Tre giorni festivi a Ghiànnina. Anche se l'equilibrio più felice sembra emanare da La passeggiata, agrodolce storia di Dèspina Tomasani. Equilibrio tra futuro e classicità, Grecia e altrove, stile e vicenda. Ad accomunare questi racconti è la parola greca. «Lingua ricca e orgogliosa», come scrive Caterina Carpinato, pionieristica ricercatrice dei pronipoti di Omero. Lingua che ormai sembrava confinata a parlare solo d'estate, ai turisti, di pesce, vino resinato, sole e vento, e che grazie a questo libro torna finalmente a dire uomo (ànthropos) e mare (thàlassa). A spingere Caterina Carpinato in questo terreno sconosciuto è stata la ribellione contro il nostro disinteresse. Che giustifica così: «A pesare negativamente è stato da un lato il mito della classicità, e dall'altro la delusione che prende chi va oggi in Grecia, totalmente svenduta allo sfruttamento turistico. Protestiamo perché Atene non è più quella del Partenone, ma è come se dai romani pretendessimo che conoscano tutti Orazio a memoria». Per quale motivo uno dovrebbe tenere d'occhio la letteratura greca dei prossimi anni? «Perché la Grecia è sull'orlo dei due mondi. Il nostro e l'Est. Penso che le tragedie che feriscono il popolo dell'ex Jugoslavia, o questioni sempre più importanti come il riconoscimento della Macedonia, siano presenti e in modo molto vivo nei romanzi scritti oggi. E' il momento di colmare il nostro ritardo». Futuro a parte, è possibile sperare che già nell'immensa e crescente massa di chi ogni anno assale Rodi o Mikonos, ci siano due-tremila persone che vogliano portarsi a casa, dentro un piccolo libro, una piccola casa, con fiori e piante nel cortile, un'isola? Michele Neri AA.W. Nuovi narratori greci a cura di Caterina Carpinato Theoria, pp. 184, L 26.000 ISO NDE CONCORSO e vola a Parigi»

Persone citate: Caterina Carpinato, Caterina Carpinato Theoria, Kostas Tachtsìs, Michele Neri, Papandreu, Petros Ambatzoglu