I'Inter sa già qual è la medicina di Angelo Caroli

Battere il Rapid Bucarest per scordare Cagliari e festeggiare il rientro in Europa COPPA UEFA Battere il Rapid Bucarest per scordare Cagliari e festeggiare il rientro in Europa I/Inter sa già qual è la medicina Sobillaci sogna il gol e vuole Berti per la finale APPIANO GENTILE DAL NOSTRO INVIATO Inter ed Europa, ritrovarsi senza dirsi addio. E' l'imperativo categorico dei nerazzurri. L'obbligo è suggerito, in ordine di tempo, dal disco rosso posto dai sardi davanti agli uomini di Bagnoli. Sull'isola non è cascato il mondo. Eppure, quasi avessero avvertito sentore di tragedia, all'indomani dell' 1 -0 l'Inter si è baloccata con il gioco dello scaricabarile. Il tecnico ha imprecato contro il destino che non gli ha ancora permesso di recuperare Bianchi e gli ha fatto perdere Berti; Dell'Anno si è confessato in crisi esistenziale perché presidente e tecnico hanno allestito un ping pong sulle attribuzioni di chi lo ha acquistato; infine Jonk, taciturno in Italia, ha ritrovato la parola con giornalisti olandesi e accusa i giocatori nerazzurri di dargli la palla troppo tardi. Vedendo lavorare (e intrattenersi) la truppa interista alla Pinetina, si ha sensazione di compattezza e di serenità assolute. Piccoli screzi e impalpabili malumori stagnano in ogni famiglia, ci mancherebbe. Insomma, uno per tutti e tutti per uno. Che la posta in palio stasera sia altissima è appena ovvio: bisogna dare un colpo di spugna allo stop di domenica, accumulare morale in vista di un altro test, festivo molto sostanzioso (domenica Lazio all'Olimpico) e riabbracciare l'Europa in modo festoso, dopo un esilio durato circa 2 anni. L'ultima volta in coppa (Uefa) risale al 2 ottobre del '91, quando i nerazzurri furono eliminati dal Boavista. Un digiuno triste e fastidioso per un grande club abituato a sedersi, ogni stagione, ad una tavola internazionale. Una coincidenza: il destino di Schillaci si incrocia con quello del club che lo paga. Anche Totò non tocca biglia in Coppa (europea) dal marzo del '91, quando la Juve (allora di Maifredi) fu eliminata in semifinale dal Barcellona. Punto e a capo, tutto da rifare, dice Totò facendo roteare gli occhi in cer¬ ca di consensi, «è una ghiotta opportunità, ci tengo da matti, fondamentale è passare il turno, perciò bisogna battere il Rapid, e senza subire reti. Il mio sogno non è il gol col Rapid, ma arrivare in finale con Berti recuperato. Pedina basilare». Impareggiabile Totò. Quando fa slittare in seconda linea il gol è sincero. In realtà, lui dietro ai gol ci perde il sonno, sono la sua vita. Perciò finisce per ammettere che «bagnare con una rete il doppio ritorno in Europa, mio e dell'Inter, sarebbe il massimo. Domenica mi sono permesso una sosta e già questo benedetto gol mi manca. Un portiere battuto, sapete com'è, mi pro¬ cura sempre un piacere impagabile». Ringraziato Bagnoli per la fiducia che gli concede, ricordato che lo spogliatoio è unito e che anche in campo occorre la stessa unità di intenti, aggiunto che l'unico pensiero importuno è la concorrenza (Sosa e Bergkamp) terribile, Schillaci confessa che per il miglior approccio con S. Siro, in attesa di festeggiamenti, «l'Inter dovrà darsi mentalità provinciale, mai pensare che i risultati sono scontati perché abbiamo tanti campioni (Bergkamp, Jonk, Sosa, ndr)». Ed ecco un Bagnoli a due facce: quando attacca a parlare sembra un ghiacciolo, sul finire si scioglie. Un classico, sussurra chi lo conosce bene. Sul Rapid pronuncia un paio di concetti («Fa il 4-4-2 e la zona, attacca e ha un n. 10 che fa la punta, dunque rischia. Un ostacolo comunque da superare per evitare crisi»), poi tranquillizza sul rapporto con Pellegrini, grazie a una similitudine cara pure a Trapattoni: «Vivo da 34 anni con mia moglie, non c'è bisogno che ogni giorno gridi che l'amo per farlo sapere alla gente». Saluta e stringe pugni. Come dire che il match contro i romeni (un solo nazionale, Iovan) va vinto a ogni costo. Angelo Caroli

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