«Spot offensivo oscuratelo»

Polemiche sulla campagna del Pronto: scherza su un dramma Polemiche sulla campagna del Pronto: scherza su un dramma «Spot offensivo, oscuratelo» Anna Maria Testa: mi sembra poco opportuno Del Turco: è orrendo, serve subito un codice LA PUBBLICITÀ' CON IL DISOCCUPATO ON l'ha visto quasi nessuno, va in onda solo da due giorni, ma molti sono pronti a sottoscrivere l'appello: «Oscurate quello spot, è offensivo e di cattivo gusto». L'impiegato che perde il lavoro, va ai giardini e pulisce con la cera «Pronto» la panchina, sua nuova casa, prima di distendersi sotto un lenzuolo di giornali, non piace affatto. Lo contesta il sindacalista, ovvio, ma non piace neppure a tutti i pubblicitari. Col lavoro non si scherza, di questi tempi - dicono quasi tutti - e c'è modo e modo per trasformare in spot una tragedia della vita. Il paragone col barbone che, sotto un ponte, si fa servire il prosciutto da un Sandro Paternostro improvvisato maggiordomo, non regge. «Quello faceva ridere - dice ad esempio Marco Mignani, direttore creativo della Rscg -, questo no. Premere forte sull'acceleratore non sempre è un vantaggio». Va controcorrente, ma anche questo era prevedibile, Oliviero Toscani, l'uomo delle campagne-choc Benetton: «Lo spot pubblicitario non è una storia con un inizio e una fine, ma quell'immagine è più vera della realtà. Non mi sento di dare giudizi morali sulla "trama", se così vogliamo chiamarla, perché credo che il solo limite in uno spot così sia dato dal modo in cui visivamente viene offerta la realtà. Ma è noto che la storiella bella e scema non m'interessa. La pubblicità dev'essere come un pezzo di cinema, anzi è cinema, perché il vero cinema è ormai ridotto a pura operetta, tanto noioso è diventato. Lo spot invece è vita vissuta, l'unico veicolo per farla vedere in tv. Quindi è molto giusto toccare un tema come il licenziamento anche nello spot, e la reazione di chi vorrebbe oscurarlo mi sa tanto di voglia di bendarsi gli occhi davanti alla realtà. Spero che la finzione non trionfi...». Anna Maria Testa riequilibra il tiro: «Non giudico lo spot del Pronto, ma più in generale ritengo che nel no- stro campo, in pubblicità, sia oppurtuno essere il più possibile in sintonia con il prodotto, e non offendere la sensibilità del pubblico. Il giudizio, poi, è soggettivo, e il mio vale quello di un qualsiasi utente della tv. Ma mi sento di dire che non so se sia tanto opportuno condurre un'operazione di questo genere. Cortesia e gentilezza verso il pubblico mi pare non vadano tanto d'accordo con lo spirito di questo spot». Uno dei primi spettatori della pubblicità del «Pronto» è Ottaviano Del Turco, ex segretario generale aggiunto della Cgil e ora leader nazionale del partito socialista: «Ho trovato subito orrendo quello spot». Poi il tono della voce si fa serio, come il discorso: «Io credo sia arrivato il momento di dare un codice alla pubblicità e alle immagini da trasmettere in televisione. Da Benetton (le croci dei cimiteri dopo la guerra del Golfo, il bianco e il nero ammanettati dalla stessa manetta) al licenziato del Pronto: tutta pubblicità da regolare, violenta. Una violenza alle Peynet, visto che la panchina del Pronto richiama quella dei due fidanzatini. E non voglio dire che il messaggio non sia accattivante, anzi. Ma lo trovo macabro, terribile. Bene ha fatto del Buono a sollevare il problema, male faremmo noi a far finta che non esista». Anche chi continua a fare il sindacalista contesta lo spot del Pronto: «Il cattivo gusto non ha limiti - commenta Raffaele Morese, segretario generale aggiunto della Cisl - e non si può che sottoscrivere l'appello di del Buono. In questo Paese di volta in volta si spostano in avanti i limiti della decenza intellettuale. Qualunque vicenda drammatica viene sfruttata da qualcuno per fare soldi. No, non c'è realismo in questa campagna pubblicitaria. Anzi, mi vien da pensare che il governo abbia commesso un grosso errore quando non ha aumentato la tassa sulla pubblicità: almeno qualcosa di indecente forse ce lo poteva risparmiare». E' più approfondita, e meno catastrofica, l'analisi di Marco Mignani, direttore creativo della Rscg: «L'errore di partenza è voler assegnare ad uno spot il valore del vangelo, delle tavole della vita. E invece noi non vogliamo fare i paradigmi del comportamento. Ci prendono dannatamente sul serio. Hanno contestato anche la ragazzina Sip, dicendo che era immorale. No, è assurdo guardare al nostro lavoro come se fosse lo specchio della vita. Così ci rovineranno. La pubblicità è fantasia. Quanto al disoccupato, immaginario, forse non è il momento giusto per metterlo al centro di uno spot, forse il cattivo gusto è stato scalfito, ma solo perché si è premuto troppo sull'acceleratore. Perché l'impiegato fa piangere, mentre il barbone che mangia il prosciutto sotto un ponte fa ridere?». Flavio Corazza Solo Oliviero Toscani va controcorrente «Tocca un problema dunque dà fastidio» sindacalista contesta lo spot del Accanto due immagini della campagna pubblicitaria del «Pronto», che la tv trasmette da domenica A fianco Anna Maria Testa, più a sinistra Oliviero Toscani Qui sopra Ottaviano Del Turco ex segretario Cgil, ora leader psi