Milano, minacciato Borrelli

Milano, minacciato Borrelli Milano, minacciato Borrelli Un sasso in busta davanti a casa Md conferma le accuse a Pajardi MILANO. Colpi di fioretto, veleni. E adesso anche i sassi. Minimizza il procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli su quel sasso in busta chiusa lasciato davanti a casa sua. «Fosse stato un proiettile... ma per così poco non mi pare il caso di allarmarsi», dice Borrelli. La Digos ha comunque aperto un'indagine per accertare chi ha lasciato la busta con l'indicazione «per il magistrato». E intanto a Palazzo di giustizia continuano le polemiche sul caso Pajardi-Curtò. Borrelli conferma quanto dichiarato ieri alla Stampa: «Mani Pulite chiusa entro l'anno», e «Md ha tutto il diritto di criticare i vertici giudiziari». Poi aggiunge: «Io non posso escludere che il presidente della corte d'appello Pajardi abbia favorito Curtò nella carriera, ma Pajardi non può essere coinvolto nella gestione delle cause di Curtò. E poi questo scatenarsi contro Curtò dopo il suo arresto è contrario a un minimo di pietà cristiana» Rilancia le sue accuse Edmondo Bruti Liberati di Md: «L'onore della magistratura si difende facendo luce fino in fondo sulle responsabilità penali, ma anche sulle condizioni e le situazioni in cui il caso si è verificato». Insomma Md di Milano non si tira indietro. E' d'accordo Livio Pepino, segretario nazionale di Magistratura Democratica? «Non si può ridurre tutto ad ima corrente, cioè Md, all'attacco di Pajardi. A Milano è successo un fatto grave come l'arresto del giudice Curtò. Ma è altrettanto grave che l'organizzazione della giustizia non abbia impedito l'episodio che è all'origine di questo arresto. Una parte di magi strati, e non solo di Md, come Spataro a Milano e Zagrebelsky qui a Torino, ha espresso ima serie di critiche». Però non può negare gli at tacchi a Pajardi, e anche piuttosto duri. «Non ci interessa criticare una persona, o attaccarla. Noi voglia mo soprattutto che ci sia una ge stione trasparente degli uffici, e così non è stato». Allora vi interessa premere l'acceleratore su un certo tipo di magistratura, forse in passato troppo compro messa con il potere politico? «C'è anche questo, ma c'è pure una specifica tutta milanese. Le critiche all'operato di Pajardi e alla sua nomina del giudice Curtò le abbiamo sollevate già due anni fa. Oggi non chiediamo la testa di nessuno, ma non vogliamo nemmeno che tutto si riduca ad una "caduta individuale" di Curtò, magari da dimenticare al più presto. Qui ci sono fatti precisi, non c'è bisogno di resuscitare il '68». Ma è vero che una parte della magistratura si mostra insofferente alle critiche che vengono espresse al suo operato. Vige una sorta di difesa della corporazione? «Non siamo certo noi che stiamo dimostrando delle resistenze» Chi altri? Forse il procuratore Borrelli che non accoglie le critiche su Pajardi? «Non me lo chieda. Certo è che c'è molto nervosismo in una situazione tanto delicata. E a volte il nervosismo gioca dei brutti scherzi». Torniamo a Pajardi. Vi riferite a lui quando Md parla di «gruppi di potere all'interno della magistratura»? «Lo chieda ai giudici milanesi». E' una risposta diplomatica? «Bisogna intendersi su cosa vuol cure gruppo di potere». Il procuratore capo Borrelli continua a respingere le accuse di Md... «Magistratura Democratica si è mossa legittimamente e opportunamente». Chiederete le dimissioni di Pajardi? «Assolutamente no. Non tocca a noi. Lasciamo che i canali istituzionali, il Csm e il ministero, vadano avanti e trovino le risposte anche ai nostri quesiti». Dunque è vero che a Milano si respira un clima da «palazzo dei veleni»? «Non facciamo dei parallelismi con la situazione che c'era anni fa a Palermo. Allora c'era un aspetto non chiaro, non pubblico della questione. Qui voghamo invece una discussione aperta. Non ci sono accuse indirette o nascoste, nessuno si deve guardare le spalle. E' un confronto aspro, ma che i cittadini sono in grado di capire». Fabio Potetti

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