Shevardnadze ottiene lo stato d'emergenza di Cesare Martinetti

Aveva minacciato il Parlamento: mi dimetto GEORGIA Aveva minacciato il Parlamento: mi dimetto Shevardnadze ottiene lo stato d'emergenza MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Eduard Shevardnadze ha provato la carta delle dimissioni buttando sul piatto del calderone caucasico quel che resta del suo prestigio personale per tentare di salvare la Georgia dal caos. E per ora ha vinto. Era un passo disperato: l'ex Repubblica sovietica appare ormai come ima terra di nessuno, sfibrata dalla crisi economica, percorsa da bande armate e con buona parte del territorio attraversato da una guerriglia senza fine. Ieri mattina l'ex ministro degli Esteri di Gorbaciov, il prestigioso diplomatico che ha tradotto in politica estera il verbo riformatore della perestrojka, si è presentato dimissionario nel Parlamento di cui è presidente da meno di un anno dopo aver ricevuto un ulteriore rifiuto all'instaurazione dello stato di emergenza. Il Parlamento georgiano non ha accolto le dimissioni del leader non avendo un'alternativa accettabile. Ma Shevardnadze è rimasto sulle sue posizioni e secondo quanto riferiscono le agenzie dalla capitale georgiana ha abbandonato la sala con uno scatto di nervi: «Se volete un capo di Stato a cui sputare in faccia, io non ci sto. Sono stanco di offese e di vessazioni». A sera, però, si è presentato davanti alla gente che manifestava: «Resto se domani viene approvato lo stato di emergenza e se il Parlamento non si riunisce per tre mesi». La prima e più importante di queste due condizioni nel pomeriggio è stata soddisfatta. Ed ora Shevardnadze probabilmente cambierà idea. Shevardnadze, georgiano ed ex primo segretario del partito comunista locale, era tornato «a casa» nella primavera del 1992. Salutato come salvatore della patria, in un anno e mezzo ha vi sto svanire il sogno di una paci ficazione nazionale. La piccola Repubblica caucasica, uscita dall'orbita di Mosca (non fa nemmeno parte della Confederazione degli Stati indipendenti, l'organizzazione che ha tentato di mantenere legami economici tra le ex Repubbliche sovietiche), si è avvitata via via in una spirale di guerra civile che nemmeno le sue arti diplomatiche sono state capaci di bloccare. Dal Nord del Paese premono le truppe irregolari dell'ex presi dente Zviad Gamsakhurdia, lea der del postcomunismo, ma cac i ciato da Tbilisi per aver instau- ! rgdlbvp i ! rato in pochi mesi un feroce regime dittatoriale. Gamsakhurdia s'è rifugiato in Cecenia, quel-, l'altro nido di autogoverno tribale in fuga da Mosca, e di lì ora vaneggia un ritorno al potere per via militare. L'ex presidente nei giorni scorsi ha scagliato le sue truppe in un'offensiva armata al Nord e all'Ovest del Paese e lanciato appelli ai suoi nostalgici per l'insurrezione. Attualmente gli zviadisti (i partigiani di Gamsakhurdia) controllano le regioni di Zugdidi, Senaki e Abace e circondano il porto di Poti, sul Mar Nero, che minacciano di assaltare. Shevardnadze, di fronte a questa situazione, ha tentato di instaurare lo stato di emergenza nel Paese. Ma ha trovato pochi alleati. La proposta era stata bocciata dal Parlamento e anche un vecchio alleato come Dzhaba Iosseliani, leggendario comandante dei mkhedrioni (i cavalieri), ex rapinatore, ex insegnante di arte teatrale, gli è contrario. Iosseliani non ha gradito la rimozione del ministro dell'Interno Khatchichvili, un suo uomo, ed ha accusato Shevardnadze di comportarsi con la stessa logica dei vecchi comunisti. Non piace ai suoi avversari il governo riformato in cui Shevardnadze ha collocato in posizione di vicepremier due personaggi nuovi come la ventinovenne Irina Sarishvili e il businessman Amiran Kadagheshvili, dirigente del consorzio industriale caucasico. Inoltre i vari gruppi armati dei nazionalisti georgiani accusano il presidente di capitolazione a proposito del cessate il fuoco siglato a fino luglio con l'Abkhazia (regione georgiana che si batte per l'indipendenza), ma in realtà vogliono mano libera per i loro clan nelle privatizzazioni. Il risultato è una situazione sociale incontrollabile e un'economia allo stato di catastrofe. In questa situazione a Eduard Shevardnadze, il gran democratico che lasciò Gorbaciov nella primavera del '91 denunciando il rischio di golpe (che poi avvenne qualche mese dopo), non è rimasto che seguire la via di un riawicinamento a Mosca. Oggi arrivano nella capitale russa il ministro georgiano della Difesa Karkharashvili e il comandante delle truppe russe ancora presenti nella Repubblica caucasica, Reut. Potrà Boris Eltsin aiutare l'ex alleato sulle barricate antigolpe? Cesare Martinetti

Luoghi citati: Cecenia, Georgia, Mosca