I ranger accerchiati sparano Ancora strage a Mogadiscio

Intervengono gli elicotteri, colpito l'ospedale: morti e feriti tra i ricoverati, 30 somali uccisi Intervengono gli elicotteri, colpito l'ospedale: morti e feriti tra i ricoverati, 30 somali uccisi I ranger accerchiali sparano Ancora strage a Mogadiscio MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO La donna è rincantucciata in un angolo del letto, la testa nascosta fra le braccia, il corpo scosso da tremiti: la parete e il soffitto sono crivellati di colpi, il pagliericcio è ricoperto di calcinacci, frammenti di vetro, cocci di ogni tipo in questa stanza al primo piano dell'ospedale Benadir che ieri mattina si è trovato al centro di una furiosa battaglia fra i rangers della Quick reaction force e i miliziani di Aidid. Una serie di scontri violenti che si sono protratti dalle prime luci dell'alba fino alle 10,30 con un pesante bilancio: 30 morti e un numero imprecisato di feriti fra i somali, tre feriti, di cui uno in gravi condizioni, fra i militari americani, secondo il comando Unosom, mentre fonti somale parlano di 65 morti e 135 feriti fra «la popolazione». Altre vittime di questa «missione umanitaria» delle Nazioni Unite che si sta trasformando in una vera e propria guerra. A farne le spese, come sempre, i civili: anche ieri la maggior parte delle vittime sono state donne e bambini, ma questa volta nel conto vanno aggiunti anche i malati ricoverati nell'ospedale Benadir: tre sono morti, tredici, fra cui tre infermieri, feriti. Tutto ha inizio alle 5,30, quando sei elicotteri della Qrf sorvolano il popoloso quartiere Medina, nella periferia Sud della capitale, e si fermano a dieci metri d'altez- za su una zona nei pressi dell'ospedale, vicino ad un campo profughi. Con gli altoparlanti viene intimato agli abitanti di uscire dalle case: pochi minuti di attesa poi i rangers si calano con le funi mentre due compagnie di fanti della 46a brigata avanzano a piedi fra i viottoli e si appostano nei pressi degli obiettivi prefissati. Incomincia il rastrellamento casa per casa alla ricerca di armi: 50 persone vengono arrestate e portate al comando per essere interrogate. Alle 7,30 l'operazione è conclusa, i fanti si ritirano e scoppia il finimondo: una cinquantina di miliziani di Aidid accorsi dal quartiere Hodan, apre il fuoco su di loro con fucili, mitragliatrici, mortai, i militari americani sono circondati. Dal vicino compound dell'ambasciata americana vengono inviati in soccorso i carri armati che riescono a rompere l'accerchiamento e mettono in salvo una compagnia di fanti. L'altra si rifugia in due piccoli edifici, la banca del sangue e la casa dell'acqua, a ridosso del muro di cinta dell'ospedale Benadir. La sparatoria è violenta, due fanti americani vengono feriti all'interno della banca del sangue, un terzo è colpito mentre corre lungo un viottolo. Sopraggiungono gli elicotteri Cobra, gli Alouette, i temuti Black Hawk che fanno fuoco con i cannoncini e le pesanti mitragliere. I colpi raggiungono le capanne di rovi, protette con fogli di plastica, del vicino campo profughi, molte sono letteralmente spazzate via dai proiettili. Gli elicotteri passano a volo radente sui tetti delle case, si spara da tutte le parti, i miliziani di Aidid usano i mortai. E' durante questi scontri che una valanga di colpi si abbatte sul retro dell'ospedale Benadir, le stanze del primo piano, dove sono ricoverati un centinaio di pazienti, sono crivellate dai proiettili, le finestre vanno in pezzi, i muri si sbrecciano mentre infermieri e parenti cercano di portare in salvo i malati. «E' stato un inferno - racconta il direttore Abdrizak Hassan Ah -, ci hanno sparato contro con i mor¬ tai, i missili». La scena all'interno del Benadir, dove sono riuscito ad entrare mentre intorno all'ospedale si combatteva ancora, è desolante. Le stanze al primo piano sono semidistrutte, i materassi che erano stati messi a protezione delle finestre sono squarciati dai proiettili, si cammina su un tappeto di frammenti e rottami di ogni genere. Macchie di sangue dappertutto: a pianterreno, vicino alla scala, i corpi senza vita di tre ricoverati, uccisi durante la sparatoria, in uno stanzone i medici soccorrono i feriti, tutt'intorno una babele di grida, pianti, imprecazioni. Le donne urlano la loro rabbia stringendo al petto i bambini, ci sono malati ancora con l'ago della flebo nel braccio raggomitolati per terra, negli angoli. Anche la seconda compagnia di fanti statunitensi riesce a rompere l'accerchiamento grazie all'intervento di una compagnia motorizzata turca attraverso una breccia aperta in un muro da un missile sparato apposta da un Black Hawk, si mette in salvo nel compound dell'ambasciata, portando altri 32 prigionieri somali, catturati durante gli scontri. La sparatoria diminuisce d'intensità verso le 11 : americani e somali si accusano a vicenda di aver sparato sull'ospedale. Francesco Fomarì Feriti (uno è grave) tre fanti americani «Era un'imboscata» Un ferito durante la battaglia di ieri a Mogadiscio. Sopra, il generale Aidid

Persone citate: Abdrizak Hassan, Aidid

Luoghi citati: Benadir, Mogadiscio