Vent'anni di stelle per «Umbria Jazz»
Ven fauni di stelle per «Umbria Jazz» Ven fauni di stelle per «Umbria Jazz» 1^1 ON è stata JL t| un'estate di trionfi e clamori per i festival jazz. Questo non vuol dire necessariamente che si debba parlare di fiasco. Chi davvero ha passione per questa musica, che si trova - al pari di altri generi - in impasse progettuale, ha avuto più che discreti cartelloni per soddisfare i propri interessi. Una minor disponibilità economica degli enti pubblici non ha forse permesso di stanziare fondi cospicui per mantenere al livello degli anni scorsi, davvero alto e dispendioso, le manifestazioni. Molto probabilmente sono finiti contemporaneamente i tempi del denaro facile per concerti ed estati in festa e le stagioni delle grandi folle mosse più da mode che da amore. E poi, comunque, chi può vantare successi in questo 1993 che si può definire Anno del Gambero? Purtroppo non è caduto in una stagione felice il ventesimo compleanno di Umbria Jazz, principessa delle rassegne italiane del settore. Al di là di ogni polemica sulle scelte culturali adottate anno dopo anno, la rassegna umbra ha avuto un indubbio valore nella sua funzione divulgatrice di una musica altrimenti costretta in cantina o in ristretti enclavi specialistici a rivivere in continuazione riti iniziatici. Vent'anni sono abbastanza e, nel corso della sua esistenza ormai fuori dall'adolescenza, Umbria Jazz ha portato nel nostro Paese quanto di meglio il mondo del jazz ha offerto, in qualche caso contribuendo alla scoperta di qualche artista. Una funzione mediatrice e anticipatrice che va riconosciuta ad Umbria Jazz. Un breve riassunto di questo percorso lo offre un disco celebrativo: «20 anni di Umbria Jazz» (Bmg Ari ola, 1 Cd). Quasi un'ora di musica e di storia in cui escono in passerella numerose stelle dell'universo del jazz. Che ci si trova? L'estro e il virtuosismo di Dizzy Gillespie («Night in Tunisia»); le frontiere sperimentali e politiche di Gerry Mulligan («Boplicity»), la sensibilità raffinata di Carmen McRae erede delle grandi dame del jazz («You know who»), la dolcezza mista a genialità che esce dalla tromba di Chet Baker (in un classico come «Some where over the rainbow»), l'esplosiva latinità di Tito . Puente («What is this thing called love»), uno stomp ringiovanito da Gii Evans, l'eleganza mediterranea innestata su un'anima di Rio (Enrico Rava in «El samba graziela»), l'intensità sanguigna di un blues marchiato da B. B. King («Sweet little angel»). E poi le seducenti improvvisazioni di un polistrumentista come Michael Brecker, una I chitarra e una voce da sogno 1 (quelle di Tuck & Patti) per un brano strafamoso come «As time goes bye», John Pizzarelli che innesta la sua chitarra e recupera l'allegria Anni 40 delle grandi orchestre («Three little words»), i Perigeo sposano rock e jazz con un gusto italiano («Take off»), Charlie Mingus scompone e ricompone i colori messicani e ne realizza un affresco surrealista («Tijuana gift shop»), Keith Jarrett cattura i respiri del silenzio e li amplia con l'amore di un ecologista («Silence»). Quindici brani in tutto. Ma non era possibile arrivare a venti, quante sono le candeline del compleanno? Il Compact disc offre possibilità di spazio maggiori - che raramente l'industria discografica sfrutta a pieno in ogni settore musicale -, perché non sfruttarle e dare una visione in po' più completa? Secondo appunto: perché non si sono uti-' lizzate registrazioni dal vivo di esibizioni viste a Umbria jazz? Peccato poi che la celebrazione sia troppo fredda, con neanche una riga di storia o cronaca della rassegna. Così il disco sembra una furbata commerciale. E, ahimè, nonostante il valore della musica raccolta, questa è una rassegna di artisti della stessa scuderia discografica esibitisi a Umbria Jazz. Siamo in tema di antologie celebrative «partigiane»? Allora continuiamo. Ecco un raccolta un po' precoce, visto che siamo ancora in estate, che segnala «Sounds of '93» (Grp, 1 Cd). La forzatura la si può tollerare visto che all'orizzonte non è annunciato nessun fulmine innovativo. Ecco così allineati i campioni della Grp che stanno caratterizzando il suono jazz di questi anni. Non c'è nessuna sensazionalità ma tanta ricerca di sonorità, ritinteggiatura di atmosfere, gran spolverio di virtù solistiche. E, segnatamente, un grande ricorso a temi musicali e colori sudamericani. In alternativa ricordi di stili targati Anni 30 e 40. La carrellata include «Traffic Jam» dei bravi New York Voices, «Memoirs» dei Yellowjackets, «Caravan» di Dave Grusin, «Blue '93» di Arturo Sandoval, «Until always» degli Acoustic Alchemy, «Speack low» di Diane Schuur tratta dal musical «One touch of Venus». Alessandro Rosa
Luoghi citati: New York, Tunisia, Umbria, Umbria Jazz
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