I kolossal classici di Giulio Romano

I kolossal classici di Giulio Romano Grande ritorno a Mantova I kolossal classici di Giulio Romano Ci MANTOVA IULIO Romano torna nelle sale di Palazzo Te, dopo la grande mostra di I quattro anni or sono. Il Centro Internazionale d'Arte e di Cultura espone nelle restaurate Fruttiere, fino al 21 novembre, oltre trecento incisioni tratte lungo tre secoli da disegni originali o da opere eseguite o ideate da Giulio, oltre a una ventina di disegni, provenienti soprattutto dall'Albertina di Vienna e dal Louvre. Per gli appassionati di mostre, ma anche per gli studiosi, si tratta di una grande occasione. La mostra è il frutto di ricerche e acquisizioni che avevano avuto una enorme impulso per la grande esposizione su Giulio Romano architetto e pittore, organizzata nel 1980 sempre al Palazzo Te, come osserva Renzo Zorzi, presidente del Centro, neh'introdurre il catalogo di edizione Palombi (a cura, come la mostra, di Stefania Massari dell'Istituto per la grafica). Sarebbe però riduttivo considerare come un complemento finale di alta e raffinata filologia lo spettacolo tumultuoso offerto dalla mostra, la cavalcata lungo i secoli e i repertori iconografici delle scuole d'Italia e d'Europa e le fonti dell'immaginario eroicoclassico, mitologico, erotico. In realtà il processo degli studi che ha già reso giustizia a Giulio, traendolo dall'ombra del più fedele imitatore di Raffaello nella «maniera invenzione, disegno e colorito», come ci tramandò Giorgio Vasari, trova in questa mostra un ampliamento e una conferma clamorosi. La lezione di Raffaello Un punto essenziale riguarda proprio la parola «invenzione», che Vasari trae dal vocabolario dei letterati - l'«inventio» latina - ma anche delle botteghe del primo '500. Che cos'è l'invenzione? E' una ricchezza di ideazione, con un repertorio visivo caratterizzato dalla massima complessità di significati (descrittivo, narrativo, naturalistico e fantastico, simbolico e allegorico, moderno e classico): una conquista che avviene in quel momento chiave della rivoluzione tecnologica e culturale prodotta dalla stampa, che permette la riproduzione e la diffusione dell'immagine, non solo della parola. La prima rivelazione della mostra consiste dunque nella dimostrazione che Giulio Romano, cogliendo e potenziando le qualità imprenditoriali che fanno di Raffaello un vero rivoluzionario nel sistema delle arti, si poneva il problema della diffusione delle «invenzioni» - quelle proprie e inizialmente, a Roma, quelle di Raffaello e forse di compagni di lavoro e di strada -, disegnando direttamente per la traduzione in stampa da parte di Marcantonio Raimondi, Agostino Veneziano, Marco Dente. Creativo come Cecil B. De Mille Ed ecco allora, in un intreccio di rapporti e di funzioni per nulla straordinario nei cantieri raffaelleschi, che nella Stufetta del Cardinal Bibiena in Vaticano, commessa a Raffaello e terminata nel 1516, Giulio affresca il gruppo di Venere e Adone e nel contempo traccia con significativa nettezza il disegno dell'Albertina di Vienna destinato alla stampa a bulino di Marco Dente. Questa stampa trasforma l'immagine dipinta e accessibile da pochissimi in invenzione mitologica diffusa per secoli fra gli artisti. La creatività autonoma di Giulio, degna di Cecil B. De Mille, tumultuosa, muscolosa, trionfalmente manieristica quanto nutrita di modelli classici, esplode quando a Mantova egli è il signore assoluto delle arti, valendosi di incisori come il Ghisi e gli Scultori, padre e figli. Così oggi quel prototipo di cantiere d'arte che è il Palazzo Te con i suoi affreschi e stucchi, camini e pavimenti, mattonati e aiuole, ospita su pareti e soffitti un repertorio mfinito di imma gini che i fogli a stampa diffon deranno per secoli, dal '500 del la maniera internazionale fino al '700 neoclassico. Marco Rosei «Barche con pescatori», incisione di Adamo Scultori da Giulio Romano

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