Ho studiato la vodka per salvare l'Urss di Bruno Ventavoli

Parla l'accademico che dopo anni di lavoro ha scritto la prima storia della bevanda Parla l'accademico che dopo anni di lavoro ha scritto la prima storia della bevanda Ho studiato la vodka per salvare l'Urss «L'Occidente la copiava, il Cremlino si spaventò» BALBA (Cuneo) ISOGNA bere vodka, berla con arte, perché fa bene». Dice Villiam Pokhlebkin, I accademico russo, che ha dedicato anni allo studio del liquore (e ama anche sorseggiarlo). Il frutto delle sue fatiche è racchiuso in un libro premiato ieri al «Langhe Ceretto». Minuto e affusolato come un bicchierino da vodka, il volto incorniciato da una folta barba tolstoiana, lo studioso spiega che il lavoro sulla singolare materia non è dettato da stramberie accademiche, ma da un vero e proprio problema di Stato. «Alla fine degli Anni 70 - dice Pokhlebkin - il consorzio per l'esportazione della vodka era in allarme. Aveva scoperto che il termine "vodka" non era più un'esclusività sovietica. I Paesi capitalisti, e altri fratelli, sostenevano di aver creato per primi il liquore, e che la vodka russa doveva diventare un semplice alcol anonimo». Scienziati allertati. Bisognava rintracciare le prove storiche della paternità. «Un compito arduo, in parte perché la vodka dagli antichi cronisti non era considerata troppo meritevole di menzione, e in parte perché quasi tutti i documenti sulla materia, conservati in biblioteche e monasteri, erano andati distrutti nelle guerre. Mi sono comportato come un detective, studiando proverbi, antichi dizionari, testi di cucina medievale, formule alchimistiche, e sono riuscito a dimostrare ciò che per ogni russo è ovvio: la vodka è nostra. Ci sono prove del monopolio statale russo della bevanda fin dal '400». Nell'82 il sospiro di sol- lievo per il Cremlino: un tribunale internazionale decise che la vodka era un'invenzione russa. La parola deriverebbe da acqua, «voda» (o «vodochka», acquetta), che è mescolata all'essenza alcolica. Fra strali religiosi e amori popolani, la vodka accompagna la storia russa. Le leggende si sprecano. Sembra sia nata dal miracolo di un pope che creò la bevanda per riempire di fuoco e coraggio i cosacchi impegnati contro Gengis Khan. Sembra anche che a causa di un amore troppo viscerale per la bevanda siano passati a miglior vita lo scrittore Vassili Pikul e il musicista Mussorgski. Molti artisti hanno amato alzare il gomito, eppure, nota Pokhlebkin (che ha compulsato tutti i grandi classici), la letteratura è parca nel menzionare la vodka. Da Gogol a Turgenev, da Cecov a Lermontov, si parla di tè, di champagne, di vino, ma poco del liquore, e sempre con sospetto, perché porta al deplorevole vizio dell'alcolismo (ma su questo punto Pokhlebkin non è d'accordo, e tutto il suo saggio è permeato dalla volontà di riabilitare il liquore). Gli aristocratici russi hanno sempre visto con favore la vodka, non solo come compagna di tavola, ma anche come fonte di ricchezza. Per questo organizzarono un rigido monopolio di Stato, strappando l'iniziativa ai mercanti stranieri di «aqua vitae» che dal Trecento erano sbarcati a Mosca. Uno dei sovrani più benevoli nei confronti della vodka fu Caterina II. «L'apprezzava talmente che ne regalava grandi quantità - dice Pokhlebkm - agli altri re europei, come Federico di Prussia o Gustavo III di Svezia. E persino a Voltai¬ re». Tra gli estimatori della vodka, Pokhlebkin annovera anche Kant, Goethe, Ivan Brakov (padre della poesia pornografica russa). Il naturalista Linneo, quando la assaggiò, scrisse un trattatello. Mendeleev, l'autore della tavola periodica degli elementi, suggerì nuovi metodi per distillare la vodka. «La vodka non è classista. Piace ai ricchi, e ai poveri» nota Pokhlebkin. Eppure il suo consumo è sempre stato associato all'immagine delle bettole e della miseria. Engels sosteneva che il proletario ha un ((bisogno vitale di berla» quando vive nella condizione dello sfruttamento capitalistico. E così, quando i bolscevichi presero il potere, la proibirono. Ma il consumo non poteva essere cancellato (Stalin, dice la storia, era un forte bevitore), e ricominciò prima silenziosamente, poi ufficialmente. Un grande aumento si ebbe dopo la Seconda guerra mondiale. Poi tra mille ipocrisie e un alternarsi di leggi più o meno permissive, il comunismo ha convissuto con l'amato liquore, bevuto più o meno clandestinamente anche sui posti di lavoro. La più grande crociata moderna contro la vodka l'ha lanciata Gorbaciov, il «segretario minerale» che voleva imporre la schifosissima acqua sulle tavole dell'Unione. Il compagno Mikhail aumentò i prezzi chiuse i negozi. Ma non riuscì nella campagna astemia. Anzi: «Il fallimento della perestrojka - ipo tizza Pokhlebkin - deriva probabilmente dal fatto che Gorbaciov ha voluto eliminare la vodka». Bruno Ventavoli

Luoghi citati: Mosca, Svezia, Urss