« Contro Andreottì manovre comuniste » di Giovanni Bianconi

Caselli: falsità gravissime Immediata replica del procuratore di Palermo ai documenti del legale Usa « Contro Andreottì manovre comuniste » Caselli: falsità gravissime ROMA. Arriva dall'America un altro capitolo dell'autodifesa di Giulio Andreotti, accusato dai pentiti di mafia di essere il «referente romano» di Cosa nostra e il mandante dell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Un documento di 93 pagine scritto dall'avvocato assunto dal senatore democristiano oltre Oceano - Abraham D. Sofaer, legale di uno studio che ha sedi a Washington, New York, Los Angeles, Miami e Parigi - e recapitato ad alcuni giornali; un documento che ha già provocato durissime reazioni dei magistrati che, a Roma e a Palermo, conducono le inchieste su Andreotti. «Molte indiscrezioni contenute nel memoriale - dice il procuratore di Palermo Giancarlo Caselli -, stando a quanto riferiscono i giornali, sono del tutto false. Altre sono sbagliate. L'alternativa è una sola: o colui che ha redatto il memoriale è disinformato, oppure è persona che intende avviare una campagna di isolamento e delegittimazione della magistratura italiana, e in particolare di quella palermitana». E siccome è difficile immaginare che un avvocato di prestigio come Sofaer sia disinformato, Caselli aggiunge: «Questa campagna può determinare una forte sovraesposizione dei magistrati inquirenti, e la sovraesposizione, a Palermo, può comportare con- seguenze intuibili». Una dichiarazione grave, quella del procuratore di Palermo, che fa esplicito riferimento alla sicurezza dei magistrati antimafia, sempre a rischio in terra di Sicilia e non solo. Quegli stessi magistrati, nella memoria dell'avvocato Sofaer, vengono bollati come «quasi tutti membri del pds, che è l'erede del partito comunista». E' una delle affermazioni false a cui si riferisce Caselli. Da Roma replica il sostituto procuratore Giovanni Salvi, titolare dell'inchiesta sull'omicidio Pecorelli. «Considero davvero sorprendente - commenta Salvi - che questo documento sia stato diffuso proprio mentre io concordavo un nuovo interrogatorio di Andreotti con il suo avvocato italiano. Quanto alle contestazioni che ci vengono fatte, sono destituite di fondamento o imprecise. Ci si rimprovera, ad esempio, di aver superato i termini d'indagine previsti prima di chiedere l'autorizzazione a procedere, ma questo ci fu chiesto espressamente da Andreotti, e non si potè aderire anche a causa degli episodi di pressione che si stavano verificando su alcuni testimoni». L'attacco e il contrattacco, insomma, si svolgono con toni pesanti, e a difesa dei giudici di Palermo e Roma s'è voluto schierare anche il ministro della Giustizia. Al Guardasigilli è giunta finora solo una lettera dell'avvocato Sofaer (trasmessa dal dipartimento della Giustizia Usa) che protesta per la diffusione di notizie che secondo la legge degli Usa sarebbero coperte dal segreto. Il ministro Conso ribatte che l'attività giudiziaria s'è svolta secondo le regole e gli accordi di cooperazione con gli Usa, ma poi precisa: «Tengo a riaffermare piena fiducia che la magistratura italiana, soggetta soltanto alla legge, continuerà ad operare nel massimo rispetto della lealtà costituzionale». Sofaer chiede che il governo degli Stati Uniti non collabori con i giudici italiani nel «caso Andreotti» per non farsi coinvolgere «in un grave errore giudiziario quale è questa indagine», e batte soprattutto sul tasto della diffusione delle notizie, lui che ha inviato la sua memoria (completa di un riassunto «per vostra comodità») ad alcuni corrispondenti italiani con una lettera di accompagnamento in cui si dice disponibile a fornire tutti gli atti arrivati al Senato. Ma è la legge che, in Italia, impone di chiedere l'autorizzazione a procedere per i parlamentari indicando fonti di prova e accertamenti da fare. Anzi - notano gli inquirenti una simile situazione avvantaggia gli indagati come Andreotti, i quali a differenza degli altri cittadini vengono a conoscere prima gli elementi raccolti a loro carico. L'avvocato nordamericano se la prende anche perché - dice - pentiti di mafia come Tommaso Buscetta e Francesco Marino Mannoia possono mentire su Andreotti coperti dall'impunità che gli verrebbe garantita dagli Usa; e poi perché la difesa non ha potuto ancora «controitìterrogare» i testimoni d'accusa. Su questo punto replica l'avvocato Luigi Li Gotti, legale di Buscetta e Marino Mannoia: «Quella di Sofaer è una richiesta assurda, provocatoria, che nasconde chiari fini propagandistici. In questa fase, secondo la legge sia italiana che americana, gli avvocati dell'accusato non possono far valere alcun diritto di controinterrogare i testimoni. Lo potranno fare solo a processo avviato». E sull'impunità Li Gotti aggiunge: «Buscetta non gode di questo privilegio, e a Mannoia è stato accordato solo per i 20 omicidi confessati ai giudici americani». In Italia, comunque, l'azione penale è obbligatoria e tutti, pentiti compresi, devono rispondere di eventuali calunnie e false testimonianze. Giovanni Bianconi Giancarlo Caselli procuratore di Palermo. In alto, Giulio Andreotti