Il gene della puzza sconfigge i deodoranti di Fabio Galvano
Il gene della puzza sconfigge i deodoranti LONDRA Il cattivo odore non è solo mancanza di igiene: il sapone è impotente contro la <<trimetilamina>> Il gene della puzza sconfigge i deodoranti Un'indagine scientifica assolve chi è sospettato di lavarsi poco LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il deodorante non basta. Per eliminare certi odori, rivela un* gruppo di scienziati inglesi, occorrerebbe un radicale intervento genetico. Schiere di maleodoranti saranno forse consolati, potranno di nuovo camminare a testa alta dopo essere stati sospettati per anni di voler risparmiare sul sapone. Quegli odori - diciamolo pure, quella puzza - ha poco a che vedere con l'igiene personale. Uno se la porta dietro da quando nasce, e dovrà ringraziare per sempre il papà o la mamma: la sua è una malformazione genetica. Accade semplicemente che il suo organismo non riesce ad assorbire una particolare sostanza e perciò la espelle come può, attraverso tutti i fluidi corporei e in particolare con il sudore. Con i risultati che sappiamo. La sostanza incriminata, rive¬ la uno studio apparso nell'ultimo numero del British Medicai Journal, è la trimetilamina. E' un prodotto della digestione che ha odore di pesce marcio; o, a seconda della delicatezza di chi annusa, di carne putrida. Dannata trimetilamina: è stata lei, in Inghilterra, a far parlare di una «sindrome da odor di pesce»; quando il pesce, a dir la verità, c'entra poco. E' lei la responsabile da tremendi complessi, di incubi che durano una vita, di una costante rincorsa al deodorante più promettente. Ma i suoi giorni, forse, sono contati. Gli scienziati, tutti appartenenti alla scuola medica del St. Mary's Hospital di Londra, affermano di essere sul punto di identificare il gene responsabile di tanti drammi personali e di tanti nasi storti. E a quel punto si apriranno forse, anche per chi puzza, le porte del paradiso. Il professor Robert Smith, che guida il gruppo di ricercatori, aveva anticipato i suoi sospetti in un articolo pubblicato due anni fa dall'Independent. Ha ricevuto, su quell'argomento, 187 lettere. Tutte di persone che ritenevano di soffrire di quella sindrome. A riprova del fatto che non c'è fumo senza arrosto in questo caso che la puzza può anche essere dovuta a mancanza d'igiene - soltanto 11 di quei lettori, tutti sottoposti a scrupolosi esami di laboratorio, sono risultati affetti dalla sindrome. Per gli altri, forse, era davvero questione di acqua e sapone. Quegli undici, però, hanno dato al professor Smith e ai suoi collaboratori la prova di quello che essi cercavano. Tutti e undici, infatti, avevano genitori che soffrivano della stessa sindrome. Cento per cento: raramente un'indagine medica è stata altrettanto convincente. «Riteniamo che in Inghilterra ci siano fra 200 e 300 mila portatori di quel gene - afferma lo scienziato - e le leggi dell'ereditarietà dicono che se due di essi si accoppiano i loro figli hanno una probabilità su quattro di avere la sindrome». In attesa di un mondo migliore, in cui siano possibili interventi genetici anche per curare gli odori corporei, non ci sono purtroppo rimedi per sconfiggere la trimetilamina. Il rapporto sul British Medicai Journal indica che gli antibiotici possono marginalmente arginare il problema. Ma è proprio la via più adatta? Molto meglio, suggerisce il professor Smith, sarebbe evitare i cibi che nel corso della digestione producono più trimetilamine: il pesce, le frattaglie (compresi i derivati come il paté), le uova, la maionese, il cavolfiore, i piselli e la soia. E' proprio vero, allora: si è, almeno all'olfatto, quello che si mangia. Fabio Galvano
Persone citate: Robert Smith
Luoghi citati: Inghilterra, Londra
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