Washington, voglia di ritiro di Paolo Passarini

Washington, voglia di ritiro Washington, voglia di ritiro Ultimatum a Clinton dal Congresso Ma lui teme di perdere la faccia WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Una direttiva segreta di Bill Clinton rivela che gli Stati Uniti sarebbero estremamente sollevati se potessero abbandonare la Somalia. Verso l'esterno, come è naturale, l'amministrazione fa quadratp e, oltre a difendere l'operato della forza di pronto intervento a Mogadiscio dopo i pesanti scontri di giovedì, nel corso dei quali un centinaio di somali sono rimasti uccisi, sostiene che sarebbe irresponsabile abbandonare adesso la Somalia al proprio destino. «Il Presidente è convinto - ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca, Dee Dee Myers - che se dovessimo lasciare ora senza avere raggiunto i nostri obiettivi, la situazione degenererebbe velocemente nel caos e questo noi non lo vogliamo affatto». Il capo di tutti gli Stati Maggiori, il quasi-pensionato Colin Powell, ha sostenuto che la forza di pace americana dovrà rimanere a Mogadiscio «per un prevedibile futuro». E ha aggiunto che un ritiro ora «avrebbe effetti devastanti sulle nostre speranze di un nuovo ordine mondiale e la nostra capacità di partecipare in missioni multinazionali per affrontare problemi come questo». Concetti analoghi erano stati espressi la scorsa settimana dal segretario per la Difesa Aspin. Ma una frase di Powell, sempre volta a sostenere la necessità di mantenere l'impegno, è suonata rivelatrice. Ha infatti definito un errore «prendere su e venir via adesso che le cose sono diventate più toste». In altri termini, la preoccupazione di Clinton, Aspin e Powell sulle conseguenze di un ritiro non appare tanto motivata dal timore del caos in Somalia, quanto dalla perdita di dignità internazionale degli Usa, che, avendo lasciato un lavoro a metà, si vedrebbero contestare il ruolo di leadership nel «nuovo ordine mondiale». La direttiva segreta di Clinton, denominata in codice Pdd13, sostiene la necessità di «una rapida espansione» delle operazioni di pace delle Nazioni Unite e la necessità che queste siano messe in condizione di fronteggiare i compiti più ampi. In altri termini, se la struttura lo gistico-militare dell'Onu fosse più forte, i «caschi blu» potreb bero assumere in proprio questi compiti e gli americani non sarebbero costretti, come in So malia, a fare «il lavoro sporco» per di più sotto un comando non loro, assumendosi rischi e biasimo. Questo è lo sbocco che Clinton sogna per l'Unosom II e non è un segreto che, nel man dare 400 Rangers con l'obiettivo di catturare Mohamed Farah Aidid, Aspin spera di poter dire presto che l'ordine è stato ristabilito e gran parte del contin gente americano può essere ri tirato. Del resto Clinton deve fare i conti con un Congresso che è sempre più apertamente ostile al coinvolgimento in Somalia di un'America che, in quel Paese, non ha «alcun interesse vitale». Per un pelo, Clinton è riuscito, giovedì notte, a evitare che il Senato approvasse una risoluzione che gli avrebbe imposto il 31 ottobre come termine massimo per rimanere in Somalia. Il compromesso che è stato votato, 90 contro 7, prevede un meccanismo «non vincolante» in base al quale Clinton dovrà presentare piani e obiettivi della missione entro il 15 ottobre, ed entro il 15 novembre il Congresso deciderà se rinnovare un'autorizzazione. E' un compromesso, non è l'ultimatum che voleva il senatore democratico Robert Byrd, ma è pur sempre un chiaro segnale di ostilità. Paolo Passarini