Elogio di Rabin di Igor Man

Dall'utopia alla Storia, dopo il tonfo nel Golfo L'uomo delle due paci: con Peres e con l'ex diavolo Elogio di Rabin GIONATA Swift ha scritto che «invero coraggioso fu colui che per primo assaggiò un'ostrica». Ecco: Rabin s'è rivelato leader audace avendo avuto il coraggio di prendere sul serio Arafat; di assaggiare per primo l'ostrica, insomma. Di più: lo ha fatto avendo stretto un patto di ferro col suo rivale di sempre, con Shimon Peres. Sicché in Israele, oggi, si dice, col solito humour, che il primo miracolo è stato, appunto, la pace di Rabin con Peres. Il secondo la «pace» con l'Olp. La rivalità fra Rabin e Peres ha pesato negativamente, e a lungo, sulle sorti politiche di Israele. Averla troncata è stato un atto di coraggiosa saggezza politica. Da ragazzo, Rabin pensava di fare l'agricoltore. I suoi genitori, russi emigrati negli S.U. e «saliti» in Israele nei tolstoiani Anni Venti, ne faranno un attivista politico spartano che diventerà soldato coraggioso: fu lui ad aprire, durante la guerra del '48, la strada che collega Tel Aviv a Gerusalemme, un'arteria vitale. Gli amici, pochi, lo ricordano solitario e schivo da sempre; un duro con cui nessuno osava prendersi la benché minima confidenza. A scuola, sotto le armi. A differenza dei leaders della destra, vecchi e giovani, che han conservato il gusto, tutto yiddish, di lamentarsi comunque e ovunque, Rabin ch'è un sabra (cioè un ebreo nato in Israele) coglie il lato superstizioso delle religioni e, soprattutto, il pericolo dell'ingerenza della religione nella politica. Per il sabra il Muro del Pianto è solamente il «muro estemo del tempio di Salomone». «Israele ha bisogno di un De Gaulle per far la pace con l'Olp, col nemico», ha ripetuto ossessivamente Arafat, a partire dal 1988. Rabin non è un De Gaulle ma non è certo un sionista revisionista alla Jabotinsky per il quale il palestinese «non esiste». Il sabra Rabin si identifica, di buon grado o non ha poca importanza, con quanto scrisse (1931) quel mezzo Garibaldi e mezzo Cavour che fu Ben Gurion: «Il Sionismo tradirebbe se stesso se negligesse i palestinesi». • Al contrario degli shamiristi che han finito col plagiare se stessi, Rabin ha il merito di aver saputo semplificare (non banalizzare) i dati della posta in giuoco. Quando durante i comizi del '92 gli chiedevano: quanto grande vorresti che fosse Israele, Rabin rispondeva: da Parigi a New Delhi. Ma ciò è impossibile. E allora vediamo cos'è possibile. Ai primi di dicembre del 1992, pubblicamente, Rabin negò che l'Olp fosse un ostacolo per la pace. E con una ardita analogia storica avvicinò, in qualche modo, l'Olp al Sionismo. E' allora che si salda, di colpo, l'«alleanza per la pace», tra Rabin e Peres il quale afferma: «Non esiste alternativa ad Arafat». Peres comincia a tessere la tela e Rabin, dismessa l'attitudine di Penelope, lo copre politicamente. Contro tutto e tutti. Contro la destra di «Bibi», contro i potenti ebrei di New York, contro lo scetticismo di Clinton. Una volta Dayan mi disse che Rabin «non sa fare neanche le parole crociate». Può darsi ma, al pari della guerra, la pace si vince anche con il buon senso. Col coraggio della ragione. C'è solo da sperare che la viltà del fanatismo non distrugga il miracolo. Igor Man Yitzhak Rabin