A Crotone si sprecano le promesse, e Venezia è in vendita «a rate» di Paolo Guzzanti

A Crotone si sprecano le promesse, e Venezia è in vendita «a rate» AL GIORNALE A Crotone si sprecano le promesse, e Venezia è in vendita «a rate» Il metano si estrae qui ma si utilizza altrove Ho letto sulla Stampa dell'8 settembre un articolo di Paolo Guzzanti che esprime la disperazione di Crotone, unica città industriale della Calabria. Ha scritto parole umane e rispettose dell'angoscia delle donne e degli uomini di Crotone che difendono il loro diritto al lavoro. Il metano però non c'entra. Crotone è città industriale non perché ha avuto «la sorte anzi la mala sorte di possedere un mare che sputa metano». Il metano si estrae a Crotone ma si utilizza altrove. A Crotonesi sprecano le promesse e non si concede nulla. Enrico Mattei di cui i moralizzatori post-tangentopoli dicono tutto il male possibile avrebbe lasciato quanto giusto e utile. In Calabria così non si fa né per il metano presente nel suo territorio e nel suo mare, né per l'energia elettrica che si produce in quantità notevolmente superiore ai suoi bisogni e che si esporta, con tariffe altissime per il consumo interno. Le industrie di Crotone sono nate negli Anni 20 più di mezzo secolo fa, dopo una lunga e tomentata vicenda di cui erano stati protagonisti Francesco Saverio Nitti meridionalista moderno, non piagnone, odiato e trascurato per aver pensato all'industria nel Sud e allo sfruttamento delle acque per la produzione dell'energia elettrica; e poi Filippo Turati incoraggiò l'ingegnere Comodeoa portare avanti il progetto per la costruzione dei laghi silani. Da questi laghi sono uscite le industrie di Crotone. Mio padre, deputato socialista degli Anni Venti, romanticamente parlava del «carbone bianco». L'energia elettrica prodotta dal lago Ampollino in Sila e dalla centrale di Crotone con la costruzione degli stabilimenti Montecatini e Pertusola trasformò in provetti operai della chimica i braccianti poveri del Marchesato di Barracco Lucifero e Berlingieri. Il miracolo avvenne perché a Montecatini e a Pertusola del Barone Roched il governo (che fu il governo fascista) concesse tariffe convenienti realizzando il meridionalismo utile e produttivo non accattone e non basato soltanto sui lavori pubblici, diverso, insomma, per qualità e consistenza, da quello precario e clientelare del dopo 18 aprile. Crotone diventò per ciò città industriale degli Anni Venti con i suoi 2000 operai. Avrebbe il diritto al mantenimento di una qualità sociale che non può essere cinicamente smantellata. La crisi di Crotone paradossalmente viene negli anni successivi alla nazionalizzazione dell'energia elettrica, quando, al posto della Sme che pagava i canoni ai comuni espropriati, si è sostituita l'Enel voluta in tutta onestà intellettuale da Riccardo Lombardi (e anche da me) per dare impulso all'industria e modernizzazione all'agricoltura ma finito poi nelle mani di mediocri avvocati pugliesi e di pseudo tecnici socialisti. Qui mi fermo perché non posso abusare. aw. Giacomo Mancini Cosenza Il business minaccia la Laguna Venezia appartiene al mondo, ma c'è anche un mondo che sta in agguato avidamente sui tesori, non solo materiali ma anche, e soprattutto, culturali, di Venezia. Due o tre anni orsono alcuni cercarono di vendere Venezia in blocco («Expo»!). Oggi ci si accontenta di una vendita «a rate», meno clamorosa ma più realizzabile. Il quartiere di San Giobbe è il primo a subire l'assalto. Il pretesto è quello di ampliare l'Università. L'affermazione secondo la quale si farebbe ciò a favore degli studenti appare risibile a chiunque conosca dall'interno le Università, le quali fanno assai poco a favore degli studenti, mentre il loro obiettivo vero è quello di creare nuovi spazi e vantaggi per i docenti. La struttura sociale del quartiere San Giobbe sta già subendo le prime devastazioni dalla speculazione economica. Già piovono gli sfratti sulle case delle genti povere, mentre le poche persone abbienti del quartiere vengono strumentalizzate e adescate dalla prospettiva di un miserabile e poco probabile «business» individuale. Ciò consente agli speculatori di sfruttare l'avidità (e in qualche caso il bisogno) di quella comunità che essi stessi stanno sgretolando, mentre contemporaneamente riversa¬ no su di essa ogni responsabilità, per uscirne con le mani e la coscienza pulite. Il proposito di costruire esiste, e questo è vero: ma è altrettanto vero che non si stanno progettando abitazioni per modeste famiglie veneziane, bensì «miniappartamenti» da affittare a studenti con un profitto tre o quattro volte superiore a quello di un mercato normale. La cementificazione, inevitabile per edificare strutture adatte all'Università, si prepara a deturpare con prevedibili, architettoniche modernità, ampi spazi del quartiere, e già le imprese edili mirano, con comprensibile interesse, ai futuri appalti. Lo smantellamento delle numerose società remiere avrà conseguenze facilmente intuibili su tutte le più importanti manifestazioni sportive e spettacolari del folklore cittadino, poiché verrà dissipata quella aggregazione sociale che è indispensabile per la loro preparazione ed organizzazione. Infine, in questi momenti di ristrettezze nazionali e di raccomandazioni al risparmio, chi fornisce, o ha già fornito, i miliardi necessari per portare a termine il nefasto progetto? Pietro Croce, Vicenza Interessi occulti dietro gli incendi In' un'Italia percorsa in lungo e in largo da incendi che distruggono il già striminzito patrimonio boschivo, vorrei dire anch'io la mia su questo rovente argomento. Convinto che al 90% gli incendi siano di origine dolosa, non credo che alla base di tale criminale comportamento ci sia l'odio per il verde e la natura, bensì sono convinto che a mettere tra le mani di codesti criminali micce o molotov ci siano esclusivamente interessi economici di varia natura. Gli incendi dei boschi vogliono dire più «forestali» stipendiati dallo Stato, più «Canadair» o altri mezzi aerei appositamente attrezzati, spese straordinarie di rimboschimento, e perdita di valore di mercato di aree appena edificate. Rivolgo, dunque, un pressante invito alla magistratura, specialmente quella sarda, perché vada a vedere, nelle aree interessate da incendi boschivi ne¬ gli anni passati, a chi sono state affidate eventuali opere di rimboschimento, chi ne ha tratto profitto! E' ora che i magistrati delle aree interessate si muovano e si diano da fare. Ladislao None, Torino Sulla via di Strasburgo ('«ostacolo» è Martina Sono venuta a conoscenza dell'articolo apparso su La Stampa sabato scorso relativo all'indagine Eurispes sul lavoro dei parlamentari europei. Non ho ancora preso visione della pubblicazione in questione, ma vorrei segnalare che la causa della mia parziale presenza si chiama Martina, nata nel marzo 1991. Martina ha cominciato presto a viaggiare con me verso Bruxelles (dove si svolgono i lavori della commissione del Parlamento Europeo) mentre la presenza a Strasburgo è stata ostacolata dalla difficoltà di collegamento e dalla mancanza di servizi adeguati. Il collegio dei questori del Parlamento Europeo ha già provveduto a giustificare questo periodo di assenza sulla base della ovvia constatazione che la maternità non può essere comparata all'assenteismo. Anna Catasta parlamentare europeo Maria Giovanna Maglie e la trasformazione Mi riferisco all'articolo a firma di Fulvia Caprara pubblicato a pagina 2 della Stampa del 7 settembre con il titolo «E il pretore dà ragione alla Maglie». La col lega mi attribuisce la frase: «Sono disgustata. Dove sta il nuovo, dove sta la trasformazione?». Non l'ho mai pronunciata. Maria Giovanna Maglie Confermo quanto ho scritto. [f. e]