L'UTOPIA DI UN UOMO GENTILE di Igor Man

L'UTOPIA DI UN UOMO GENTILE L'UTOPIA DI UN UOMO GENTILE l o i o i a n /NIILE è un'antica parola I ' aymara che significa «la re1 gione dove finisce il mon1 i do». Là, in quel remoto AAI Paese di bianche distese immense di salnitro, di donne dolcissime e coraggiose, sorse e tramontò, rapida, la grande illusione chiamata Unidad Popular. Dire Unidad Popular è lo stesso che dire Salvador Allende. Sono passati vent'anni dalla sua morte cruenta ma chi quel giorno, lontano e terribile, aveva l'età giusta per sognare «il socialismo vero nella legalità democratica», ricorda con dolore. L'11 di settembre 1973 era un giorno di primavera australe. L'assalto alla Moneda fu l'atto finale di un golpe che strisciava oramai da tempo, e onestà vuole si dica che ad aiutare il generale Pinochet non furono soltanto gli uomini di una «seconda linea» della Cia, per citare Kissinger, ma anche, se non soprattutto, quelli del Mir con il loro infantilismo politico. Salvador Allende era un medico socialista di 64 anni. Amava la vita, i fiori, i cani. Era d'una galanteria un po' all'antica, fatta di bigliettini profumati e di furtivi incontri, ma aveva il senso della storia. In una intervista, rimasta famosa, aveva detto a Rossana Rossanda: «Se c'è qualcuno persuaso che in Ole un golpe sarà come in altri Paesi dell'America Latina, un puro e semplice cambio della guardia, si sbaglia. Se l'esercito esce dalla legalità, avremo un bagno di sangue. Sarà una nuova Indonesia». Garcia Màrquez scrisse, allora, che la contraddizione più drammatica della vita di Allende fu di essere, al tempo stesso, nemico della violenza e appassionato rivoluzionario. «Troppo tardi scoprì che non si può cambiare un sistema partendo dal governo, ma dal popolo». Codesta scoperta, tardiva, dev'esser stata la forza, sempre secondo Màrquez, che lo spinse a resistere fino alla morte tra le macerie in fiamme di una casa che non era neanche la sua, il lugubre palazzo della Moneda. Resistette durante sei ore con un mitra che gli aveva regalato Fidel Castro e che fu la prima e l'ultima arma che il mite don Salvador avesse mai usato. Verso le 4 del pomeriggio di quel fatale 11 settembre, quando il generale Palacios e il capitano Gallardo riuscirono a guadagnare il secondo piano, Allende li stava aspettando. Suicida. Tra le false poltrone Luigi XV e le fioriere di draghi cinesi. In un rito di casta, gli ufficiali spararono sul cadavere. Infine un sergente gli sfondò la faccia con il calcio del fucile. Il corpo di Allende venne gettato su di un divano di cretonne giallo. Esiste una foto, la scattò Juan Enrique Lira, di El Mercurio. Sono passati vent'anni, la democrazia è tornata in Cile ma Pinochet è sempre in caserma. Sicché, oggi, ce un Cile che somiglia alla Danimarca, e un Cile che somiglia a Calcutta. Ed è in questa schizofrenia sociale, dannatamente crudele, la difficoltà vera del governo democratico. Ha sostituito la dittatura ma non riesce a cancellare l'utopia di Allende. Igor Man

Luoghi citati: America Latina, Calcutta, Cile, Danimarca, El Mercurio, Indonesia