E Arafat entrò nella suite di Rabin

E Arafat entrò nella suite di Rabin E Arafat entrò nella suite di Rabin III0 luglio all'hotel Crillon l'incontro segreto RETRO TESTIMONE DELLA STORIA LPARIGI A capitale francese scippa in extremis a Oslo il tavolo della pace Israele-Olp. Non solo: la cerimonia che dovrebbe vedere lunedì prossimo un leader palestinese (e Arafat ha detto ieri alla tv francese che vorrebbe essere lui) e Shimon Peres stringersi la mano negli Usa, Clinton benedicente, sarà un semplice remake per le telecamere. Lo conferma a «La Stampa» Valérie Zanetti, giornalista di Radio Communauté-Judaique, che il 10 luglio sorprese Arafat a infilarsi nella stanza occupata dal premier israeliano Rabin. Scenario, il fastoso Crillon. Un altro grande albergo parigino, il Bristol, può invece vantare il raggiungimento della storica intesa - ieri all'alba - tra le delegazioni. La giovane reporter ha rotto ieri pomeriggio un silenzio che si imponeva (complici pressioni di Gerusalemme) da oltre due mesi. «Non volevo che la mia testimonianza intralciasse le trattative», confida. Che cosa provò, quel giorno? «Stupore immenso, come un fremito. Indignazione? No, l'incontro di cui ero testimone involontaria mi fece capire che forse la pace era davvero vicina». Come riconobbe Arafat? «Ero reduce da una conferenza stampa di Rabin, nel medesimo hotel. Presi l'ascensore: volevo informazioni supplementari dal suo staff. Al 4° piano si apre la porta. Il mio sguardo abbraccia il corridoio. In fondo, scorgo Arafat. Non ebbi alcun dubbio sull'identità. Malgrado gli occhiali scuri, il viso ben rasato, l'assenza di keffiah, la giacca - in¬ somma un look molto raro per lui - era riconoscibilissimo. In ogni caso, gli stava vicino Bassam Abu Sharif, il suo braccio destro. Ma l'emozione più forte doveva ancora arrivare. Perché Arafat entra con decisione nella suite di Rabin. Sapevo quale fosse: nessun equivoco». E poi? «Mi ritrovai frastornata, presa tra dovere professionale e il timore che lo scoop potesse rovinare il miracolo. Tacqui l'episodio al mio redattore capo». Ma qualcun altro sapeva? «Certo. Avevo come un vincolo. Forse non l'avrei spezzato di mia iniziativa. Le prime indiscrezioni giornalistiche, dopo le quali era ormai superfluo nascondermi, risalgono a qualche giorno fa. Provenienza: Gesusalemme, l'entourage di Rabin. Ormai il processo era irreversibile. Dunque parlo, nella certezza che le mie affermazioni non lo metteranno a repentaglio». La verità della giovane redattrice - che ha passaporto franco-israeliano - sono clamorose, ma il 9 settembre riserva alla Francia ben altre sorprese. Dopo qualche reticenza mattutina, nel pomeriggio emerge che la colomba mediorientale è «made in Paris». Dopo una lunga incubazione scandinava, da inizio settembre gli ultimi patteggiamenti hanno per teatro la Senna. La diplomazia transalpina ritrova all'improvviso toni da grandeur. E tuttavia nell'entusiasmo, Parigi - o meglio «France 2», la sua tv pubblica stecca, una piccola-grande gaffe illuminante. Il tg speciale notturno ha in studio Mitterrand e - da Gerusalemme - Peres. Ma il conduttore sogna una grandiosa pax televisiva e con tardivo preavviso agli israeliani (almeno parrebbe) ha in linea Arafat. Obiettivo: il leader Olp e il suo interlocutore ebreo dovrebbero parlarsi sul teleschermo, lasciando a Mitterrand i panni del gran cerimoniere. Bell'idea, ma Peres lascia il sei all'improvviso. Motivo ufficiale: deve accogliere il ministro degli Esteri norvegese. Non è troppo malizioso immaginare dietro la subitanea defezione imbarazzo o ripicca. Il dialogo prosegue comunque in diretta tra l'Eliseo e Arafat. Che ringrazia - come del resto Peres alcuni attimi prima la Francia. «Dobbiamo a Parigi i primi passi verso la fine delle ostilità. Grazie», termina il leader Olp. Mitterrand ribadisce. Aggiungendo: «Noi sapevamo». Unica tra i Paesi comunitari, la Francia dunque non ignorò i rendez-vous di Oslo. Vi avrebbe anzi giocato un ruolo non secondario. Bisognerà spiegarlo a Jacques Chirac e al Quai d Orsay che nei giorni scorsi lascia¬ rono trapelare qualche delusione. Ma sono dettagli. La realtà è che Parigi si aggiudica la volata diplomatica dopo un lungo caracollare nelle retrovie. Ringrazi Peres, che la settimana scorsa finse di prolungare il soggiorno francese per non infrangere il riposo sabbatico e intrecciò nuovi legami con gli emissari palestinesi. Li ospitava il Crillon, a 50 metri dalla forse ignara sede diplomatica Usa. Mercoledì sera era tuttavia il Bristol ad aggiudicarsi l'ultimo round. Il segretario generale degli Affari Esteri israeliano Savir -, un consigliere giuridico (Yoel Zinger) fanno le ore piccole con Abu Alaa, alias Ahmed Koraia, dignitario Olp. Con le prime luci dell'alba, secondo copione, arriva il lieto fine. E forse lo champagne. Niente «skol»: il brindisi francese - à la sante - sfratta in zona Cesarmi quello nordico. Enrico Benedetto «Ho visto sgattaiolare Yasser in giacca e senza la kefìah» 15 PUNTI DELL'ACCORDO L'Organizzazione palestinese: • riconosce che Israele ha il diritto di esistere in pace e sicurezza • condanna il terrorismo e tutte le forme di violenza • fa appello a tutti i palestinesi dei territori occupati perché evitino ogni forma di violenza e terrorismo • cancella l'articolo del suo statuto che la impegnava alla distruzione di Israele • si impegna a risolvere in modo pacifico ogni problema che si dovesse presentare 21