« Anche noi siamo stati terroristi » di Fiamma Nirenstein

« A « Anche noi siamo stati terroristi » // regista dell'intesa: fidiamoci degli ex nemici SHLOMO BEN AMI STEL AVIV HLOMO Ben Ami è fra i due o tre uomini che tessono da tempo la trama segreta che ha portato alla pace. Piccolo, scuro e allegro, professore di storia spagnola all'università di Tel Aviv Shlomo Ben Ami, al tramonto, quando ormai tutti i suoi allievi se ne sono tornati a casa, lo incontriamo nel suo dipartimento, felice del successo delle trattative alle quali ha lavorato in un ruolo di primo piano. E' un tipico cinquantenne laborista, capace di parlare molte lingue come cantasse un ritornello. Ambasciatore in Spagna dal 1987 al '91; poi membro della delegazione israeliana agli incontri multilaterali sui rifugiati, oggi fa parte della commissione addetta a preparare la pace dal punto di vista economico. Il suo rapporto con Peres è stretto. Ora che c'è stato il reciproco riconoscimento, non crede che, come l'opposizione chiede, il processo di pace vada ratificato da un referendum? «L'idea del referendum non mi convince, ha un che di demagogico; piuttosto non escluderei che il governo stesso, prossimamente, voglia andare a nuove elezioni per essere più forte nei prossimi passi». Nel periodo delle trattative lei ha incontrato in segreto qualche leader palestinese? «Oggi un israeliano che non ab- bia incontrato in segreto uno dei capi dell'Olp ha un complesso di inferiorità. Io non ce l'ho». Lei si occupa soprattutto di economia, ma nei suoi scritti sembra più interessato al grande conflitto ideologico fra israeliani e palestinesi. «Ambedue gli aspetti sono basilari. L'immagine fantasmatica che abbiamo gli uni degli altri è tuttavia forse, a tutt'oggi, il problema sovrastante. Pensi quanto il palestinese occupa nella nostra mente; molto più del siriano, del giordano... La sua aggressività, anche quando è terribile, non mette nei fatti a rischio la sopravvivenza dello Stato di Israele. Però, quello che è peggio, lo minaccia nel mondo delle idee». Come pensa che possa comportarsi nel futuro un Paese la cui classe dirigente ha usato il terrorismo come maggiore arma di lotta fino a pochi anni fa? «Il terrorismo non rappresenta l'essenza del movimento palestinese. Anche noi per un momento abbiamo usato contro gli inglesi il terrorismo. I movimenti nazionalisti sono per loro natura egocentrici, incapaci di compromesso, incapaci anche di una visione etica compiuta». Lei crede che i palestinesi siano in grado a loro volta di riformare la propria visione del mondo, di farsi, per così dire, Stato? Soprattutto mi riferisco a una certa filosofia della povertà, che li porta dai tempi dell'appoggio sovieticoterzomondista a dare la colpa di ogni loro guaio al vicino imperialista. «Questo, secondo me, è per loro il più grande dei problemi: per esempio in nome di questa ideologia non hanno mai consentito a nessuna forma di riabilitazione dei rifugiati, lasciandoli marcire nei campi profughi nonostante le svariate possibilità che si sono offerte nel tempo di smantellarli. Si rende conto a quali conseguenze d'odio questo ha portato?». Tuttavia lei crede che anche questo puntare sul ribellismo pauperistico possa essere superato. «Non mi fraintenda: ma anche noi ebrei in certi momenti abbiamo usato, quasi senza rendercene conto, l'Olocausto come uno strumento politico. Ognuno di noi, in mancanza del petrolio, ha usato un po' tutto quello che ha potuto...». Come si farà, se vince la pace, a superare questa immensa distanza, una volta fianco a fianco, anzi l'uno dentro l'altro, come due entità nazionali? «L'economia può aiutare parecchio. Bisogna stare attenti però a non creare una specie di colonialismo economico simile a quello militare. Ognuno deve cercare il suo tornaconto mobilitando investimenti, creando know-how... Nei territori manca tutto, non c'è l'industria di base, è assente l'industria tessile, quella alimentare... C'è da fare per tutti. Quando, alla metà degli Anni Settanta, vidi che gli egiziani stavano costruendo mattone su mattone sul Canale di Suez, quello per me fu il vero messaggio di pace. Non si costruisce se si ha in mente una guerra prossima ventura. Né si fa la guerra tanto facilmente, se si ha qualche cosa di serio da perdere». Fiamma Nirenstein Lo sviluppo porterà la vera pace Estremisti ebraici sotto gli idranti della polizia

Persone citate: Ben Ami, Peres, Shlomo Ben Ami

Luoghi citati: Israele, Spagna, Suez, Tel Aviv