OLIVIERO TOSCANI Gli amori del barbaro

OLIVIERO TOSCANI la seduzione. «Ho conquistato mia moglie per una scommessa da mille franchi» OLIVIERO TOSCANI Gli amori del barbaro DAL NOSTRO INVIATO Oliviero Toscani è come Conan: un barbaro. Possiede il fascino del rapace, dell'angelo sterminatore, del giustiziere della notte. E' l'uomo delle rune, metà mago e metà messia, che è passato per le strade del mondo e ovunque ha lasciato segno di sé. Figli, ad esempio: testimoni della sua virilità che l'hanno già reso nonno tre volte a 52 anni. Antichi accoppiamenti con nordiche dee della moda dimenticate da tempo. Madri lontane, ricordi sepolti. Famiglie disperse. Inutile parlarne. Soltanto memorie di guerriero: «Un tempo rotolarsi con una donna era la cosa più sana del creato. Oggi muori. E non è quella favola inventata dai padri dal titolo "Se ti masturbi diventi cieco". Di Aids si crepa davvero. E male». Toscani sorride. Il linguaggio è una spada. Deve affettare i nemici, sconvolgere gli incerti, vellicare i compagni d'arme. In ogni caso, non può lasciare indifferenti: altrimenti è aria flatulente. «Capisci? C'è un'unica cosa che mi frega: la morte. Il resto è vita, divertimento». Il tu è un dovere antico come l'ospitalità: «Cazzo, vieni fin qui, e poi ci facciamo i salamelecchi?». Il fin qui è una collina di cipressi e mirto che si erge sul mare di Cecina. E' una prateria di cavalli selvaggi che pascolano nel sole. E' una villa di mattoni bruciati e di legni scandinavi che si rintana nella macchia, ombra scura in un tramonto di Pier della Francesca o di Paolo Uccello. E' Kirsti, l'ultima, «e definitiva», moglie norvegese. E' Ali, piccola figlia bionda come la madre con le braccine scure e la timidezza dei quattro anni. E' Rocco, il più grande dell'ultima grande famiglia, 13 anni, spedito in Texas a conoscere il mondo e a imparare come si doma e come si cavalca a pelo un mustang. E' Lola, 8 anni, via anche lei a crescere per un'estate lontana dalle gonne materne. «Tu, giornalista, vuoi sapere da me cos'è la seduzione? Guardati intorno: la terra seduce. Le donne seducono. L'odio seduce. Tutto quello che ti sorprende, che ti spiazza, che non sta negli schemi, seduce. Majakovskij seduce perché ha capito tutto e si è sparato. Pum: secco, finito. Capisci? Il resto è merda. Come quest'Italia di ladri. D'altra parte perché non dovrebbe essere così? Siamo un Paese di uomini che per secoli hanno fatto da servi a qualcuno: spagnoli, austriaci, francesi, il Papa. Ci siamo sempre autoeliminati giustificando tutto. Un bel ribasso della razza: è così che siamo diventati i migliori camerieri del mondo. Ma ricordati: i servi rubano. E da soli, perché non si fidano l'uno dell'altro. Pensa tu: Andreotti, a settantanni, ridotto così... Uno scemo...». Kirsti si diverte: un occhio chiaro come un fiordo che scruta il suo barbaro. Ormai è abituata ai suoi affondi. Ma è abituata anche ad offrirsi regolarmente in ostaggio - lei che possiede una patente che non scade mai, valida tutta la vita - ai mille burocrati che chiedono continuamente «bolli norvegesi» per autenticare la sua esistenza italiana. «Capisci: viene da Trondheim. Ci guarda come se fossimo dei matti». Oliviero sorride. S'è tagliato la barba, forse con un coltello d'osso, e le sue guance sono implumi, quasi imbarazzate nel non sentirsi addosso il vello del guerriero. Ma il tono smentisce subito l'impressione: «Con lei è stata una sorta di razzia. A quei tempi lavoravo per Harper's Bazar, per Vogue. Avevo tonnellate di top model disponibili e nessun problema a conquistarle. Kirsti entra in agenzia e io penso subito: "Mi piace questa qui". La sua agente mi legge nel pensiero e scuote la testa: "Stai pure calmo: è una norvegese, è seria, non te la darà mai". "Mille franchi?". Una scommessa è una scommessa e io partivo nettamente favorito: seduci più facilmente quelli che ti odiano ed era chiaro come il sole che le stavo sulle scatole. Io ho un metodo brevettato: il mietitrebbia. Beh, era l'unico sistema da non adottare con quella. Allora ho incominciato a stupirla, a telefonarle alle tre di notte, a portarla in giro per Parigi a vedere le fontane senza chiederle niente: reagiva, non era indifferente. "Pronta per la trappola", mi sono detto. Così l'ho invitata a cena e le ho chiesto di brutto: "Se ti sto sullo stomaco, dimmelo in faccia". E' stata zitta e adesso eccotela lì. Vedi come va la vita?». Tutto qui? «Chiamalo niente. Se pensi che a quei tempi avevo una fidanzata in America che mi martellava tutti i giorni come un organetto: "Voglio un figlio, voglio un figlio". Io non ne potevo più e avevo deciso di farmi vasectomizzare per risolvere il problema alla radice. Ero ad Acapulco per un servizio di Vogue. E il giorno dopo sarei volato a Zurigo dove avevo appuntamento con un medico per l'operazione. Beh, s'è messo a piovere e non ho potuto fare le foto. Tutto rimandato, così addio Svizzera. Poi è arrivata lei. E con lei, altri tre figli. Capisci? Tu fai progetti, programmi, piani. Tutte balle: la seduzione sconvolge le cose, ti fa cambiare tutto». Squilla il telefono: «Un puledro è passato tra le sbarre del recinto ed è finito in quello vicino, in quello del castrone. Mica ci si può fidare di un castrone: i cavalli sono tutti matti, ma quelli senza pendagli sono i peggio. E poi c'è la madre che sta dando i numeri: nitrisce e scalcia come un mulo. Dai, vieni che lo riportiamo a casa». La discesa verso Campigallo è tutta una curva, ripida e con qualche sasso di traverso. Oliviero guida una di quelle moto a quattro ruote che i poliziotti di Malibù usano per inseguire gli spacciatori sulla spiaggia. «Tieniti», urla in una nuvola di polvere, mentre dà gas come un pazzo. «Dai, che ci divertiamo». Frena, accelera, sposta il peso, scala le marce, s'impenna e si distende. «Che motore, eh? Guarda, eccolo là: è morto di paura. Mettiti in mezzo, io lo spingo. Attento alla madre, agita le mani, sta davanti agli zoccoli, girale intorno». Ti schianta con una micidiale raffica di ordini e non ha ancora il piede a terra. Ma quello è il re¬ gno di Conan: non sono ammesse disubbidienze o timidezze. Il puledrino sfugge al castrone, la famiglia è riunita, tutti sono felici, c'è persino un tramonto di fuoco sulle messi appena trebbiate, una luce d'oro che abbaglia e che si riflette nell'aria profumata. Che cosa si può volere di più? «Bello, eh? Anche questa è seduzione. Una volta in Grecia sono quasi morto: le vele stracciate, la barca sugli scogli. Ma era tutto così intenso, ho riso di gioia. Io sono emotivo nelle piccole cose, ma gelido nelle grandi: nel pericolo divento lucido. Una volta il mio aereo è atterrato con il motore in fiamme. Gli altri urlavano, io sono stato il primo a gettarmi fuori. Te l'ho detto: l'unica cosa che mi frega è la morte, tutto il resto è da godere. La bellezza è mostruosità in positivo. Ci sono ragazze bellissime e basta: materassini da spiaggia. Ma la bellezza non è solo visiva, ci sono anche gli altri sensi. E tu devi vivere con tutti». La notte è una stellata come quelle di San Lorenzo e le falene si bruciano sulla fiamma delle candele. C'è una pace incredibile: nitriti lontani, grilli, una o netton grappa fatta in casa, e ancora chiacchiere, chiacchiere. Kirsti e Oliviero si sorridono spesso, complici. «Per sedurre devi sconvolgere, bloccare l'attenzione. La seduzione può anche essere un mostro». Non si parla mai delle sue foto, del padre che abbraccia il figlio stremato dall'Aids o degli altri pugni nello stomaco che il barbaro infligge. Ma è tutto nell'aria, non c'è bisogno di farne cenno. «La seduzione è sorpresa, è l'essere costretti a rimettere tutto in discussione, è seppellire i credi vigenti. Penso di essere stato il primo in Italia a portare i capelli lunghi. Eppure, con le chiome al vento e i pantaloni rossi, nel '65 ho sedotto Cefis. Cefìs, capisci? Il massimo del classico. Avevo appena finito la scuola d'arte al Royal College of Arts di Londra e ero strafantato come un Rolling. Al Grande Capo non andava bene nessuno. L'ho stupito e gli sono andato bene io». Bella fortuna. «No. La mia fortuna è un'altra: è non avere una patria, è essere stato dappertutto, è aver viaggiato come un matto senza mai fermarmi. Tutto questo cambia il punto di vista, il fuoco sulle cose. Gli occhi e la testa diventano un grandangolo: non hai più paura di morire di fame, sai che te la caverai in ogni caso rimanendo te stesso». Può darsi: ma non negherai che un grosso mattone l'ha messo pure tuo padre, Fedele Toscani, fondatore di Publifoto, una delle più grandi agenzie fotografiche del tempo. E, soprattutto, Luciano Benetton. Fa bene nascere bene. E continuare meglio... «Chi nega che avere per casa Buzzati e Cavallari sia un danno? O incominciare lavorando per il Corriere? Ma con Luciano è stato diverso. Elio Fiorucci mi diceva sempre: "Voi due siete fatti l'uno per l'altro, dovreste lavorare insieme anche se lui è la concorrenza". Beh, una sera ci troviamo a cena. Parliamo di tutto: di cani, di donne, di voglie e di posti. Di tutto, tranne che di lavoro. Tre, quattro mesi dopo, proprio mentre mi sta figliando una cavalla, squilla il telefono. E' Luciano: "Vorresti curare la mia immagine?". Ci vediamo quindici giorni dopo: "D'accordo: ti faccio la campagna più bella del mondo. Ma patti chiari: nessun intermediario, solo tu ed io e, se chiamo, rispondi"». Ecco, Conan ha colpito di nuovo. «No. E' che Luciano capisce benissimo il valore della comunicazione, il suo fascino. Se vado a Tre viso si chiacchiera della vita, dei figli. Abito da lui. E così ci ren diamo conto di aver parlato tantissimo, di aver costruito tantis simo, in questi dodici anni, e di esserci sedotti a vicenda perché la seduzione è anche il coraggio di provare e, magari, di perde re». Mezzanotte è passata da un pezzo. Ma intorno al tavolo, tra una bruschettà con i pomodori dell'orto e un bicchiere di vino della vigna, c'è una compagnia di tiratardi. E Oliviero, quando cavalca «la comunicazione», diventa più selvaggio di uno di quei suoi cavalli indomiti che non hanno ancora provato il morso e la sella. «Abbiamo il li bro degli eroi più piccolo del mondo. Siamo i soliti abatini: per andare in gol abbiamo bisogno degli stranieri perché Schillaci è solo uno che ruba la palla. Eppure abbiamo la presunzione di dire: "I colti siamo noi, non quegli ignoranti degli americani". Peccato però che loro hanno fatto un viaggio in più. L'intelligenza vera è come il design: deve essere legata al tempo, al momento. Una sedia Luigi XIV disegnata adesso è una cazzata. E' come se uno oggi si svegliasse e scrivesse musica come Beethoven». D'accordo: come minimo, siamo provinciali. Ma la comunicazione? «Non siamo nemmeno dei seduttori: il vero seduttore non ha dubbi sulla sua mascolinità, non deve sempre farsi una donna nuova per darsi certezze. Siamo solo dei mammoni, figli di madri ignoranti che ci lusingano dicendoci che siamo noi i più belli e i più bravi. E non capiamo che ormai da tempo non vi via mo più in un mondo naturale ma in un universo di tecnologia avanzata. Che palle le balene, le foche e le foreste: un albero morto farà sempre meno vittime della sparizione di un dischetto di computer. Non lo capisci, giornalista, che la parola si spegne e che ormai si vive soltanto di immagini? Che la Torre di Babele si è rovesciata? Non sono rimaste che 5 mila lingue. E più si va avanti, più se ne estingueranno». Kirsti annuisce. Sembra sapere che cosa ci aspetta a questo punto e passa, premurosa, carta e matita a Oliviero che, senza nemmeno smettere di parlare, incomincia a disegnare una croce, una svastica e una lattina di Coca-Cola. «La croce è la religione, la svastica è la politica, la Coca è il consumo. Sono i tre simboli dell'espressione umana, le tre immagini che formano la cultura moderna. E' immagine il 90 per cento di quello che conosciamo. Hai mai visto Clinton? Eppure lo conosci benissimo. Quando gli archeologi scaveranno la nostra era, capiranno più dalla Coca che dalla croce e dalla svastica. Cosa varranno gli Occhetto, i Bossi e i Sciascia? Tre righe sui giornali della terra, piccola informazione locale. Rifletti su questo. Così potrai spiegarti perché io ho molto più culo di Montanelli: lui, nello stesso giorno, seduce solo 300 mila persone. Io, mezzo mondo. E usando razza, sesso e morte. Non quei mulini bianchi drogati che, per vendere, devono spendere sempre di più. Io consumo in un anno quello che la Fiat consuma in un giorno. Eppure tutti mi conoscono. Ascolta: ero a cena con un industriale di Montebelluna che mi fa: "Benedeto de Dio, mi non capisso: spendo un miliardo de agenzia, 10 de testimonial, 20 de media. Lu' compra diese preservativi e i lo conosse dapertuto". Visto? Non si seduce il mondo con Di Pietro. La creatività è farsi sbattere fuori dal Grand Palais come Picasso, non prendere Sofia e riempirle la bocca di spaghetti. Capisci, giornalista...?». Il giornalista capisce. E capisce anche perché, alla fine, i barbari fecero un sacco non lontano di qui: a Roma. Dove la Torre di Babele non è ancora rovesciata. Piero Sona e i i ù E a i o n Foto di famiglia con cane. A sinistra: sullo sfondo, la collina di Casale Marittimo che domina dall'alto il mare toscano di Cecina. Di fianco al titolo: Luciano Benetton RACCONTI D'ESTATI Toscani con i figli Lola, Al) e Rocco Nel medaglione: di nuovo con i figli e con Kirsti, la moglie norvegese A sinistra: il giorno del matrimonio