Snobbate le Folies-Bergère di Enrico Benedetto

Riaperto il locale simbolo delle notti parigine, sul palco travestiti al posto delle ballerine Riaperto il locale simbolo delle notti parigine, sul palco travestiti al posto delle ballerine Snobbate le Folies-Bergère Vip assenti allo spettacolo choc PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE I vip hanno snobbato la fastosa riapertura delle Folies-Bergère, da martedì in scena con un nuovo, rivoluzionario spettacolo per rilanciare il famoso teatro, chiuso nel dicembre scorso dopo gravi vicissitudini finanziarie. Ma non bisogna stupirsi: da quando più non officia la Bella Otero, Josephine Baker o Maurice Chevalier, la sala accoglie raramente le celebrità, ancor meno il bel mondo politico. Mischiarsi alle comitive di giapponesi è poco chic: meglio frequentare l'Opera Bastine. Era, insomma, una defezione prudenziale. Ma forse gli assenti illustri dovranno ricredersi. Giacché le Folies 1993 rompono il trinomio piume-lustrini-paillettes (e l'inevitabile corollario di seni nudi, cache-sex, giarrettiere) per sfoderare uno charme nuovo che vorrebbe sedurre, oltre agli stranieri, i parigini. E qui la scommessa può uscire vincitrice. L'altra sera in platea, galleria e loggione trionfava il pubblico autoctono, quasi di quartiere: una piccola vittoria se consideriamo che la vicinissima Pigalle è off limits per gli indigeni. Niente smoking, lamé o gioielli, quindi, ma una grande attenzione e l'inconfessabile speranza che lo spettacolo riconcili la Ville Lumière al varietà. Per farlo, le Folies-Bergère dovevano coraggiosamente sfronda- re il peccaminoso armamentario su cui costruirono la loro gloria dagli albori, nel 1869. Mica facile. In ogni caso, meglio affidarsi a uno straniero, che non avesse reticenze patriottiche all'amputazione. Si chiama Alfredo Arias, è argentino. I francesi già l'adoravano per una pièce teatral-musicale dal successo travolgente, «Mortadela». L'altra sera, a sipario chiuso, l'hanno applaudito con fervore ed entusiasmo. Se il rivale del «Moulin Rouge» supererà - come appare probabile - la crisi, ringrazi lui solo. Che fa miracoli, complice il budget da 4,5 miliardi. «Fou des folies» ha due ore buone a disposizione per ammaliare gli spettatori. E non lascia al¬ cunché d'intentato. La filosofia è semplice: fare il verso al musical tradizionale, abbracciando - se occorre - il grottesco, unire tristezza ed estasi ambigue (vecchia passione sudamericana), tessere storie, richiami, accenni paralleli che strizzino l'occhio allo show-business, tv e clip inclusi. Ne viene fuori un affresco ridondante, talora frammentario, spesso diseguale. Ma la provocazione regge. Apre e chiude la tela un numero di animali ammaestrati, doveroso omaggio al varietà classico. La cavallerizza che fa danzare il suo quadrupede sul palcoscenico ci prepara tuttavia ben altre sorprese. E' Nadir Elie, algerino con natali savoiardi, la cui voce da sopra¬ no fa vibrare l'intera sala. Ermafroditismo? Transessualità? No, semmai fenomeno vocale unico. Ma certo, ascoltare un uomo esibirsi nella donizettiana «Furtiva lacrima» turba. E il fenomeno si ripete con il bravissimo Philippe Choquet, vamp formidabile nell'imitare Dalida. Per concludere il capitolo anomalie erotiche, il leggendario corpo di ballo femminile allinea danzatrici con generalità anagrafiche maschili. Dunque travestiti. E le donne non si può dire vantino le tradizionali misure. Al non lontano Crazy Horse le sbatterebbero fuori. Alte, basse, più o meno nei canoni della bellezza, stregherebbero forse Fellini, ma non Hamilton. Obiettivo: trasfor¬ mare in voluttuoso caravanserraglio la piatta uniformità a un ideale estetico. Arias è innanzi tutto uno straordinario trovarobe dell'anima. Non ricorre al casting: i suoi personaggi li estrae dal cilindro. Per esempio, la giovane Christiane Maillard, che si getta nel repertorio Piaf con assolo privi d'orchestra ai quali soccomberebbero parecchie voci da hit parade, cantava nel metrò. E per conduttore troviamo un ragazzo bretone neppure trentenne, Jacques Haurogné. Deve l'impegnativo ingaggio all'aver braccato per mesi Arias, chiedendogli una particina. Audizione miracolo, e ruolo principe, laddove divenire «meneur de revue» - ram- mentano i nostalgici - esigeva un tempo interminabile tirocinio. Costumi bellissimi, scenari cangianti, buon ritmo e qualche intuizione davvero geniale. Eppure non basta per gridare al miracolo. Arias caracolla tra i fantasmi del passato - Mistinguett compresa attraverso lamentevoli imitazioni da Crème-Caramel nostrano - e quando l'esempio cui rifarsi si chiama Eddy Mercury o Michael Jackson il crinale tra ironia, farsa, omaggio e rivisitazione si fa esiguo. Ma bisognava pure che qualcuno rompesse il ghiaccio per far uscire le Folies-Bergère dal loro bozzolo rétro. Enrico Benedetto Sopra, ragazze delle FoliesBergère. Da sinistra, Maurice Chevalier e Josephine Baker

Luoghi citati: Parigi