«Ho ucciso il desaparecido di Brescia»

Ostaggi dei curii le prime foto «Non ci restituiva i soldi, gli abbiamo tagliato le mani». Del caso si occupò «Chi l'ha visto?» «Ho ucciso il desaparecido di Brescia» Malato di Aids confessa, dopo 3 anni, un omicidio BRESCIA. Schiacciato dal senso di colpa, debilitato dall'Aids, da un'idea di fine che si materializza nella sottrazione costante di energia fisica e psichica, Paolo Bruni, 30 anni, tossicomane in cura presso la comunità terapeutica Lautari di Pozzolengo, un paesino vicino al Lago di Garda, confessa di aver ucciso, insieme ad un complice, Gianni De Maria, un artigiano trentasettenne della Val Sabbia, scomparso senza lasciare traccia di sé il 5 gennaio del 1990 e mai più ritrovato. Paolo Bruni, in queste ultime settimane, ha aggiunto parola a parola nelle confidenze quotidiane con gli amici della comunità fino a formare il racconto di un delitto compiuto con modalità orribili. Con un complice, definito per ora soltanto con il nome di Cesare, Bruni avrebbe sparato al De Maria, quindi insieme i due gli avrebbero tagliato le mani e avrebbero depositato il corpo in un sacco di plastica fatto sparire in un bosco a Odolo, in Val Sabbia. La confessione, ribadita ieri al sostituto procuratore della Repubblica di Brescia Paola De Martis, è ora all'attenzione degli inquirenti che, ancora ieri, avrebbero tentato un sopralluogo con il Bruni sul presunto luogo del delitto. De Maria scomparve il 5 gennaio 1990 dalla sua casa di Barghe. Titolare, con la moglie e il cognato, di una piccola azienda per la pulitura di ottoni, era scomparso quella sera, dopo aver detto alla moglie che avrebbe fatto un salto al bar prima di cena e sarebbe ritornato di lì a poco. Di lui non si seppe più nulla e vane risultarono le ricerche dove si era pensato, in un primo momento, fosse finito il suo corpo, avendo trovato la sua macchina sulla sponda del lago. A nulla valse lo scandaglio compiuto dai sommozzatori e l'inchiesta venne perdo archiviata. A fine aprile il caso De Maria comparve anche alla trasmissione «Chi l'ha visto?», ma l'appello non ebbe alcuna risposta. Ora, dalla comunità terapeutica vicino al Lago di Garda, la sconvolgente con¬ fessione di Paolo Bruni. «Non voleva restituirci i 146 milioni che gli avevamo prestato e Cesare non gli avrebbe mai perdonato uno sgarro del genere. Soldi che provenivano da attività illecite. Così stabilimmo di incontrarci...». Il ricordo di Paolo Bruni è dettagliato. Cesare arriva con la sua macchina e con Bruni incontra il De Maria a un posto stabilito. E' la sera del 5 gennaio, i tre risalgono la valle e quando De Maria non riesce a garantire la restituzione dei 146 milioni, Bruni e Cesare lo fanno scendere dalla macchina in un bosco nei pressi di Odolo, gli scaricano addosso diversi colpi di pistola e gli tagliano le mani. Secondo il Bruni, sarebbe stato Cesare a sistemare il corpo di De Maria. Con loro, precisa, avevano un sacchetto di calce, un sacchetto di plastica e una pala. Il racconto diventa concitato, impreciso. Secondo Paolo Bruni, il giorno dopo Cesare gli avrebbe riferito di aver sistemato tutto e di aver seppellito il corpo nel bosco di Odolo. Tonino Zana Paolo Bruni e la moglie della vittima

Luoghi citati: Barghe, Brescia, Odolo, Pozzolengo