«Golan in cambio di pace anche con la Siria è fatta» di Mimmo Candito

«Golan in cambio di pace anche con la Siria è fatta» «Golan in cambio di pace anche con la Siria è fatta» L'INTESA E: GERUSALEMME anche con la Siria la pace è fatta. Mancano ancora i dettagli, la fissazione burocratica dei codicilli e delle forme di attuazione, ma per quanto riguarda la dichiarazione di principio - che è poi quella che conta - i due antichi nemici si sono ormai ancorati formalmente a un comune progetto di soluzione della crisi. E' la svolta più importante, ora, in questa affannosa ed entusiasmante rivoluzione diplomatica che pare destinata a chiudere presto la lunga tragedia delle guerre del Medio Oriente. L'annuncio dell'accordo con il «leone di Damasco» è arrivato ieri per vie trasversali, che da queste parti è poi il percorso preferito dei signori della politica. In mattinata è uscito in edicola il settimanale della sinistra «Haolam Hazè» (Questo Mondo), con una lunga intervista ad Arafat; il leader palestinese vi ripeteva molte cose già conosciute, ma aggiungeva anche un'assoluta novità: di aver saputo a Damasco che Siria e Israele si sono messi d'accordo, e stanno soltanto precisando gli ultimi arrangiamenti concreti. Nel primo pomeriggio, poi, ripeteva l'annuncio il prof. Moshe Maoz, massimo esperto israeliano su Assad e la Siria, che stava incontrando alcuni giornalisti in compagnia del portavoce del governo, Uri Dromi. «Questo non è un incontro ufficiale, io rappresento solo me stesso», diceva in realtà Maoz; ma tutti capivano bene il valore di quella messinscena. Dunque, è fatta? «C'è consenso tra le due parti in linea di principio. E' l'inizio, ma il resto sarà ormai più facile». Ha visto il documento firmato? «No. Ma tenga conto che io sto arrivando adesso da Washington. E le mie fonti sono assolutamente affidabili». Conosce i contenuti dell'accordo? «Certo. Il punto più importante riguarda il ritiro israeliano dal Golan, in cambio del riconoscimento d'Israele e di suoi confini sicuri e garantiti». Ma il Golan è un elemento di vitale importanza nel sistema della sicurezza militare israeliana. Tutto, il Golan? «Sì, tutto. Assad non può avere meno di quanto ebbe Sadat. Ma con alcune garanzie, certo: la smilitarizzazione dell'area, l'interposizione di una forza armata degli Stati Uniti - l'America, attenzione, non l'Onu - e la rigida fissazione di clausole che dichiarino automaticamente il casus belli se venissero violate. E comunque Israele ha una tecnologia militare che le consente di sentirsi sufficientemente garantita». Ma perché tanta riservatezza, dopo che ormai si sa tutto sull'accordo con i palestinesi? «Perché non bisogna creare un'indigestione. Se si fosse annunciato già ora che Israele si ritira dal Golan, quando ancora molta gente è sotto choc per l'abbandono di Gaza e Gerico, ci sarebbe stata una rivolta. Occorre che prima venga inghiottito l'accordo con l'Olp, poi si può andare più avanti». C'è un interesse reale della Siria, alla pace? «Certamente. La pace significa anche sviluppo economico; significa non essere isolati, non restar tagliati fuori da un processo globale di rinnovamento nell'area; significa liberarsi dai rischi che, all'interno del Paese, possono sempre provocare certi legami con forze fondamentaliste, Hezbollah soprattutto». Quali garanzie ha Israele, che Assad blocchi poi Hezbollah e i palestinesi del rifiuto? «Non dimentichi che la Siria è uno Stato di polizia. Le ricordo il massacro di Hama». Quando ha saputo che l'accordo era cosa fatta? «Ho avuto il primo sospetto quando Assad ha incontrato Arafat e ha detto che i palestinesi potevano fare come meglio credevano. Poi ho cercato le conferme andando a Washington». Qual è il calendario preventivato, per il processo di pace? «Ci vorranno 7 anni, per concluderlo. Ma nel corso della sua realizzazione, si può capir come vi vengano coinvolte molte altre problematiche: a cominciare dalla questione libanese. Si conosce assai bene quale sia il grado, diciamo, d'influenza di Damasco su Beirut, e quale ruolo svolgano oggi in Libano le forze di Hezbollah, protette dalla Siria». Questo accordo è dunque irreversibile? «In Medio Oriente non c'è nulla di irreversibile. Pensi se oggi venisse eletto un altro governo, qui a Gerusalemme, o pensi se qui andasse al potere qualcuno che, diciamo, vorrebbe completare un'opera lasciata a metà nell'82...». Quando sarà annunciato l'accordo? «Ah, saperlo... Una data potrebbe essere, tuttavia, il ventesimo anniversario dello Yom Kippur, tra un paio di settimane. Israele rammenta quella data con molta amarezza, il ritiro del Golan in cambio della pace potrebbe attenuare la tristezza del ricordo». Mimmo Candito Qui a fianco il leader siriano Assad A sinistra Bill Clinton Le truppe di Washington garantirebbero sul Golan la sicurezza di Israele