Con la macchina della verità il video diventa anche giudice di Alessandra Comazzi

Con la macchina della verità il video diventa anche giudice TIVÙ' & TIVÙ' Con la macchina della verità il video diventa anche giudice C} ERA una volta un programma, si chiamava «Tv donna», lo conduceva Carla Urban, andava in onda di pomeriggio su Telemontecarlo, quella rete che normalmente si teneva lontana dalle burrasche. Anche Tmc, però, ha avuto i suoi guai, i suoi cambiamenti. Carla Urban, che da tempo desiderava uscire dal suo orticello femminile, ha trovato ospitalità su Rete 4, dove è cominciata una nuova trasmissione, «Colpevole o innocente». Lunedì è andata in onda la prima puntata, di sera, ma l'appuntamento consueto è alle 17,40. Ormai il pomeriggio, un tempo regno dei bambini (ridateci «Jolanda, la nonna del Corsaro Nero») è diventato la terra di nessuno dove si può trovare di tutto: la cronaca vampiresca di Vigorelli, i telefilm violenti, le liti, false o vere che siano, comunque volgari, tra mariti, mogli, amanti, suocere. Adesso è arrivata la soave Urban con la sua macchina della verità. L'altra sera, per la vernice del programma, indossava un vestito a grandi pois bianchi in campo blu, lunghezza a metà polpaccio, scarpe basse, capelli raccol¬ ti: un look molto rassicurante. La Urban, che non è la versione femminile di Luca Barbareschi, deve essere preoccupata: che il suo programma non piaccia, che non sia abbastanza rispettoso delle persone coinvolte; forse è addirittura arrivata, la Urban, a riflettere sulla collocazione pomeridiana e sulla faccenda dei bambini. Chissà. La conduttrice appariva molto tesa, l'altra sera, non le venivano le parole, incespicava nella sintassi. Lei che con i suoi pomeriggi passati tra interviste, consigli per mantenere la pelle fresca e problemi femminiU, aveva realizzato un bel rotocalco. Quasi uno spreco, che fosse destinato soltanto alle donne. Questo nuovo «Colpevole o innocente» un rotocalco non lo è più. Ruota intorno a un ospite, che vuol provare qualcosa. L'altra sera c'era, per la prima volta in tv, Roland Voeller, il superteste del delitto di via Poma, l'uomo che, undici mesi dopo l'uccisione di Simonetta Cesaroni, si ricordò di alcune telefonate che aveva ricevuto da Giuliana Ferrara Valle, ex moglie del datore di lavoro di Simonetta e madre di Stefano Valle. Praticamente Voeller accusò il ragazzo. Ma l'accusato, su Rete 4, era lui: per essersi inventato la testimonianza ed evitare così una richiesta di estradizione da parte dell'Austria, Paese dove aveva commesso reati valutari. Ed è stato messo a confronto con un giornalista del «Tempo», prima, con la macchina della verità dopo. Presentazione della macchina, ricostruzione del caso in stile «Telefono giallo», presentazione (confusa) del testimonechiave. Testimone chiave medesimo agganciato alla macchina, tetra somiglianza con una sedia elettrica, con tutti quei cavi che misurano la respirazione cardiaca, diaframmatica, le variazioni di sudorazione e quant'altro. Ieri è toccato a Cristiana Sebastiani, la ragazza che dice di essere figlia naturale di Massimo Ranieri. Tutto ciò è inquietante: perché se si tratta di un gioco, come si fa a giocare quando si maneggiano vicende così gravi? Se non è un gioco, come si permette la tv di assumersi pure il ruolo del giudice? Ci bastano quelli che abbiamo. Alessandra Comazzi — I IZZI

Luoghi citati: Austria, Cristiana Sebastiani