Tangentopoli diventa pop art di Filippo Ceccarelli

Tangentopoli diventa pop art Tangentopoli diventa pop art Da Chiesa a De Lorenzo, tesori-spazzatura SE SPARISCE IL MALLOPPO LROMA O scarico dello sciacquone di Mario Chiesa, il tonfo del malloppo di Curtò nel cassonetto. Tra cessi e discariche, a questo punto, resta solo da chiedersi dove non sono finiti i soldi di Tangentopoli. Se non fosse patetica fino all'autolesionismo, e insana nella sua disperata incredibilità, questa della tangente Enimont buttata da un anziano giudice nella spazzatura potrebbe addirittura richiamare la pop art. E quindi Trash, rifiuti urbani solidi, un film di Andy Wahrol, una metafora tra l'artistico e il consumistico. Se quei milioni non riusciranno fuori, prima o poi, c'è davvero il rischio che rimanga per sempre quest'immagine assurda di mazzetta tra bucce e semi di melone, fondi di caffè, spallina spaiata da donna, scatoletta sgocciolante di tonno e rasoio Bic usato. E il barbone puzzolente che rovista. No, stavolta non è un neonato, quel pacchettino, stavolta lì sotto il cellophan nero c'è un tesoro. Il tesoro del giudice Curtò. Il barbone, finto ingenue e ribassista, inve- ste quei soldi in azioni Ferruzzi che hanno un poderoso rialzo. Diviene ricco e corrompe i sopraggiunti politici del Nuovo e ottiene un appalto per lo smaltimento. Fine. Però, intanto, si resta lo stesso sorpresi per lo spunto iniziale. Mario Chiesa è decisamente più credibile quando racconta di aver precipitato ben 35 milioni nella tazza del cesso del Trivulzio. Ancora di più se si pensa, come pare ormai assodato, che per farne liquida poltiglia eseguì l'operazione a più riprese. In entrambi i casi, tuttavia, questo solitario sbarazzarsi del maltolto, l'improvvisa destinazione dell'ingombrante fardello in luoghi per eccellenza «bassi», regalano alla scena una notevole, inevitabile intensità simbolica. Più concitata e corale, e quindi anche più inconsapevolmente spiritosa, nel racconto dell'ex segretario, la descrizione della famiglia De Lorenzo intenta a distruggere certi documenti. Giovanni Marone - così si chiama il narratore - descrive il ministro, nella cucina di casa sua, che brucia in un pentolone documenti contabili prelevati da un armadio chiamato «tesoretto». «Mentre i documenti bruciavano - spiega Marone chiamando in causa il metodo Chiesa - per fare più in fretta De Lorenzo e i suoi familiari gettavano negli scarichi del water di casa altre carte». I titoli di Stato, in compenso, vengono salvati. «Quelli - spiega l'ex segretario con aria tranquillizzante - li mise nella valigetta 24 ore». Acqua, dunque, fuoco ed immondizia. Raccolta differenziata, giacché in almeno due casi, effettivamente, quello di cui i politici volevano disfarsi è stato poi rinvenuto da curiosi e quindi divulgato. Non si trattava certo di quattrini, però la sagacia di alcuni cronisti ha portato al parziale recupero dell'archivio elettorale - con interessanti notazioni antropologiche sui costumi della nomenklatura di fine regime - dell'assessore del Lazio Lucari, simpaticamente ribattezzato «Gasparone». Allo stesso modo, una mattina nebbiosa, un netturbino di Mestre s'è imbattuto in un mucchietto di pratiche - anche raccomandazioni per entrare nel Sisde - dell'ufficio di De Michelis. Questo per Tangentopoli, pure preannunciata, qui a Roma, da uno strepitoso lancio notturno di banconote sulla strada moglie animosa e decisamente insicura sulla provenienza del denaro - come pure da un consi¬ gliere circoscrizionale che aveva deposto i soldi in una zona del corpo molto particolare, a contatto, se non addirittura dentro la mutanda. Molti altri cessi, comunque, e nascondigli, cassonetti e bizzarre risorse della fantasia umana e italiana offre la storia contemporanea, su diversi livelli, a giustificare protezioni e sparizioni di documenti e denaro. La vasta storiografia piduista ci introduce al faccendiere sardo che sotterrava i gioielli, come pure al gruppetto di massoni che d'un tratto, nello studio di un avvocato milanese, capirono che quei titoli dello Ior davvero scottavano e quindi anche loro, splash, metodo Chiesa. Solo che quella volta i titoli intasarono tutto, con fuoriuscita di liquami e pericolo di allagamento. In fondo, per una volta, era stato più fine il presidente socialdemocratico di ente pubblico che durante una «perquisa» pare avesse ingoiato un documento compromettente. Una vera assunzione, si disse, di responsabilità. Filippo Ceccarelli Cassonetti e wc ultimo scampo degli inquisiti De Lorenzo con la moglie. Sotto, Mario Chiesa presidente vicario del tribunale di Milano, Diego Curtò (sopra)

Luoghi citati: Lazio, Milano, Roma