«La Madonna ha fatto cadere il comunismo»
«La Madonna ha fatto cadere il comunismo» VIAGGI APOSTOLICI Ma il pontefice ripete il suo messaggio di riconciliazione: dove c'era l'odio ora regni il perdono «La Madonna ha fatto cadere il comunismo» Il Papa sulla collina delle Croci, simbolo delVindipendenza lituana SIAULIAI DAL NOSTRO INVIATO «Bisognerebbe far venire qui tutta l'Europa, tutto il mondo» mormorava Giovanni Paolo II salendo i gradini della collina delle Croci, il simbolo sacro dell'indipendenza e della fede lituane. Una piccola collina coperta da decine di migliaia di croci: ventimila piantate al suolo, molte di più quelle appese agli alberi, alle altre croci, o semplicemente appoggiate, tenute da un «Cristo pensoso». Ognuna ha la sua storia, la sua ragione di essere là. Ne fu piantata, nell'81, una per Wojtyla ferito: «Cristo proteggi il Papa e la Lituania cattolica». Un gruppo in pietra di Cristo che regge il legno è stato collocato per ricordare la visita di ieri: «In hoc signo vinces». E chi vuol capire capisca. Le prime croci furono piantate nel 1863, quando la repressione zarista massacrò gli insorti, e il generale Muravjov giurò: «Non esiste¬ ranno più né Lituania né lituani». Ieri l'ha ricordato il card. Sladkevicius: «La nostra nazione ripetutamente fu destinata a essere cancellata dalla faccia della terra. Ma ò sempre rinata». La collina di Siauliai ne era il luogo sacro, e almeno quattro volte, nel corso dell'oppressione sovietica, è stata spianata. Di notte, fra rischi e difficoltà continui, le croci sono sempre rifiorite. La strada è stata interrotta più volte e c'erano agenti del Kgb che fotografavano chi arrivava. La collina era la speranza in quella che un poeta lituano ha definito «la notte senza aurora, luogo sacro ereditato probabilmente da un culto pagano, ai tempi della lotta contro i cavalieri teutonici. «Siamo onorati - ha detto Sladkevicius che la nostra patria sia conosciuta nel mondo non per la sua meravigliosa architettura o arte, ma a causa della collina delle Croci, un luogo unico al mondo». E Papa Wojtyla, che pone un'intensità tutta slava nell'amore per i simboli, non si è contentato di percorrere una volta la foresta di legno e pietra; dopo la Messa, la casula rosso sangue svolazzante, la mitra bianca puntata contro il vento, il bastone pastorale impugnato fortemente, ha voluto di nuovo immergersi in quei simboli di sofferenza e di vittoria. «Ringraziamo i lituani per questo monte delle Croci - ha improvvisato -, per questa grande testimonianza data alla vostra storia e a tutti i popoli dell'Europa e della terra. Che rimanga questo monte una testimonianza della fine del secondo millennio dopo Cristo e come l'annuncio del nuovo, del Terzo millennio». Era il culmine emotivo della visita, il posto e il momento in cui ricordare «tutti i figli e le figlie della vostra terra anch'essi sottoposti a condanne, anch'essi mandati in prigione, nei campi di concentramento, deportati in Siberia oppu¬ re a JColuma e condannati a morte». Fra di loro tre vescovi: «Si condannavano degli innocenti. Nella vostra patria allora infuriava un terribile sistema improntato a violenza totalitaria. Un sistema che calpestava e umiliava l'uomo». Si celebrava ieri «la Lituania martire», di un «ferreo regime solo da poco prodigiosamente scalzato», un prodigio avvenuto grazie all'«intercessione della Madonna». «Ho atteso a lungo questo momento» ha confessato il Papa di fronte a una folla serissima e silenziosa; i rari applausi - ci hanno detto - provenivano solo da gruppi polacchi. E ha ripetuto il leit-motiv della quattro giorni lituana: «La dove ci fu persecuzione e discriminazione dei credenti, regni ora la pace religiosa e civile; dove fu coltivato l'odio ora regnino il perdono, dialogo e reciproca comprensione». Marco Tosarti Papa Giovanni Paolo II, ieri durante la visita alla collina delle Croci (fotoreuterj
Persone citate: Giovanni Paolo Ii, Papa Wojtyla, Wojtyla
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