Crotone notte di fuoco e di paura
Incendi nello stabilimento Enichem occupato. Diversi feriti nei violenti scontri operai-poliziotti Incendi nello stabilimento Enichem occupato. Diversi feriti nei violenti scontri operai-poliziotti Crotone, notte di fuoco e di paura «Qui vogliono licenziarci tutti. E noi ci ribelliamo» CROTONE DAL NOSTRO INVIATO No, non è stato un incubo. Quella vissuta dalla gente di qui è stata una notte tragicamente vera. Era irrespirabile il fumo acre e velenoso che incombeva sulle case della periferia. Erano un'inquietante realtà pure le fiamme, un muro di fuoco alimentato con decine di barili di fosforo e che illuminava a giorno la statale 106 che porta a Catanzaro. E non erano un brutto sogno neanche l'urlo delle sirene della polizia e il rumore breve e sinistro dei lacrimogeni sparati da 200 poliziotti e carabinieri che per oltre quattro ore hanno tentato di espugnare il vecchio stabilimento dell'Enichem. A vederla il giorno dopo, la fabbrica sembra devastata da un bombardamento. Invece, a distruggerla, è stata la rabbia di 333 operai che non ci stanno a far da cavie per un autunno che molti facili profeti avevano preannunciato caldissimo. «Chi ha deciso di fare di Crotone il banco di prova della smobilitazione industriale ha sbagliato di grosso. Siamo pronti a bruciare tutto», dicono davanti ai cancelli chiusi. E il sindaco pidiessino Carmine Talarico, anche lui asserragliato in fabbrica con gli operai, rincara la dose: «Ero a Roma quando quelli dell'Enichem hanno confermato la cassa integrazione. Non ho mai visto persone così determinate, è come se avesero voluto misurare la loro forza sulla pelle di questa città». Poi annuncia: «Ho reso operativa una vec¬ chia ordinanza che vieta l'estrazione del metano. Da qui proviene il 16 per cento del fabbisogno nazionale. Il motivo? Ho fatto fare degli studi, e ho scoperto che le trivellazioni provocano l'abbassamento del suolo...». Il racconto della notte di fuoco divampata a Crotone comincia lunedì alle 19,30. A Roma il vertice fra i dirigenti dell'industria chimica e i sindacati si è concluso nel peggiore dei modi. Gli operai in assemblea permanente l'hanno saputo da pochi minuti. Tutti meno uno: Michele Mattace, 38 anni, sposato e padre di due bambini, operaio elettricista da tredici anni all'Enichem. E' l'uomo che da dodici ore minaccia di lanciarsi nel vuoto da una ciminiera alta un centinaio di metri, e ha legato uno striscione sul parapetto del balconcino che circonda il fumaiolo: «Ho famiglia, voglio lavorare». Per farlo scendere ricorrono a una bugia: «Michele, vieni giù, da Roma arrivano buone notizie». E' ultimo momento di quiete prima della rivolta. Appena l'operaio mette piede a terra, e si avvia barcollando verso un'auto, sorretto dagli amici, la protesta scoppia. Teodoro Cavallaro, 47 anni, capoturno alla centrale termica, con moglie e tre figli a carico, dirà che non poteva finire diversamente: «Quando abbiamo saputo che la cassa integrazione non sarebbe stata revocata, ho visto le lacrime e la paura negli occhi dei miei compagni. Ma poi al timore si è sostituito un altro sentimento: la rabbia, una rabbia cieca, incontrollabile. Pensavamo tutti alla stessa cosa: come avremmo fatto a dirlo alle nostre donne, ai nostri figli? La cassa integrazione per 24 mesi è l'anticamera del licenziamento, è inutile prenderci in giro. Allora abbiamo detto basta». I primi bagliori rischiarano il cielo di Crotone alle otto di sera, quando centinaia di operai divisi in squadre vuotano i bidoni pieni di fosforo fuori dal cancello, sulla statale già presidiata dalla polizia. E il fosforo, a contatto con l'aria, prende fuoco in un attimo. Le fiamme si levano alte, formando una muraglia incandescente dalla quale si sprigiona una nuvola grigia, dall'odore insopportabile, che brucia naso e gola. Nello stabilimento dell'Enichem si respira a stento. C'è fuoco anche in fabbrica, ardono le auto dello stabilimento e gli uffici della direzione: il calore ha squagliato la plastica dei computer, accartocciato le pagine dei registri nell'ufficio del capo personale, frantumato vetrate, distrutto mobili e suppellettili. La reazione della polizia è immediata e violentissima. «Erano duecento fra poliziotti e carabinieri. Poi abbiamo saputo che dalle caserme dei paesi vicini hanno mandato rinforzi - racconta un delegato sindacale, Mario Bianco . Noi eravamo dentro, loro fuori dai cancelli. Quando hanno visto il fuoco hanno attaccato». Le cariche si susseguono furiose fino alla mezzanotte. «Manganellavano, qualcuno di loro ha sparato lacrimogeni ad altezza d'uomo e proiettili di gomma. Un nostro compagno, Vincenzo Campagna, è stato ferito ad una gamba, mentre qualcuno di noi ha dovuto correre in ospedale perché intossicato dal fumo», ricorda Teodoro Cavallaro. Nel piazzale della fabbrica la guerriglia dura ore. Finisce solo all'arrivo del sindaco, Carmine Talarico. Non si muove da lì se non per incontrare il prefetto e il questore. «Ho fatto l'unica cosa possibile. Mediare, mediare e ancora mediare - mormora stravolto -. Ma non è facile, mi creda». Se la polizia si è ritirata oltre i cancelli, il fuoco continua ad ardere fino alle 5. «Di fosforo ne abbiamo ancora tanto, siamo pronti a bruciarlo tutto», avvertono gli operai. Da un capannone continua a uscire una colonna di fumo irrespirabile, mentre fuori, oltre i cordoni della polizia, Crotone si è mobilitata per appoggiare la rivolta. «I fimmini sono con noi», dice Teodoro Cavallaro, alludendo alle mogli e alle fighe degli operai che hanno occupato il Comune e la stazione, mentre dalle altre fabbriche sono arrivati messaggi di solidarietà. Anche il sindaco Talarico si è mosso. Nello stabilimento ha riunito tutti i sindaci del comprensorio, mentre l'arcivescovo di Crotone, Giuseppe Agostino, ha inviato un telegramma al presidente del Consiglio Ciampi. Intanto due poliziotti, un sottufficiale ed un agente, che stavano effettuando un posto di blocco nei pressi dell'Enichem, sono stati oggetto di una sassaiola. Ricoverati in ospedale, sono stati giudicati guaribili in 5 e 4 giorni. Su Crotone è calata un'altra notte di paura. Fulvio Mitone Le mogli e i figli degli operai dell'Enichem asserragliati nello stabilimento occupano in segno di protesta anche la stazione ferroviaria di Crotone
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