II nazismo a un'ora di aereo l'ultima volta del Nizza Cavalleria di M. 1.

M AL GIORNALE II nazismo a un'ora di aereo; l'ultima volta del Nizza Cavalleria Bosnia, non lacrime ma denunce Dobbiamo un ringraziamento a Massimo Cacciari. Nel nostro libro L'arma dello stupro lo avevamo preso come esempio del silenzio o del parlar d'altro degli intellettuali italiani sulla questione dello stupro etnico e delle atrocità di Bosnia. E infatti la sua concitata risposta (su La Stampa del 2 settembre) consente di capire ancor meglio cosa ci sia dietro questo silenzio. Per Cacciari quella della ex Jugoslavia è una guerra come tante, da lui ampiamente prevista. Le cause vanno individuate, ci spiega, nel cinismo dell'Europa e nel fatto che la Serbia non avrebbe mai rinunciato allo sbocco al mare. Ma queste profonde riflessioni socio pplitichc, secondo il filosofo della Laguna, sarebbero troppo difficili da capire per le menti deboli e sentimentali di due «signorine», cioè noi: insomma di due tipiche rappresentanti di quel sesso femminile capaci al massimo di agitarsi o di commuoversi. Purtroppo Cacciari non ha capito che noi parlavamo d'altro. Certo anche noi ci siamo rammaricate del cinismo dell'Europa. Ma denunciando l'indifferenza degli intellettuali italiani, sostanzialmente muti al contrario di quelli di altri Paesi, ci riferivamo a qualcosa di completamente diverso. Cacciari sembra non rendersi conto che a un'ora d'aereo da casa sua sono stati fatti dei campi lager non molto diversi da quelli della Germania nazista. Che è stata inventata una pratica terribile, lo stupro etnico, dove la diversità del corpo femminile viene assunta come bersaglio di offesa. E che tutto questo obbrobrio è stato impiegato in attuazione ael folle disegno della pulizia etnica. Non ci sembra così stravagante chiedere agli intellettuali di casa nostra non di versare qualche lacrimuccia ma di riflettere sulle ragioni profonde di questa inedita barbarie: che non crediamo possa essere spiegata solo con «la ricerca di uno sbocco al mare». Se non è quella di riflettere, e nel caso di denunciare, non si capisce bene quale altra dovrebbe essere la funzione, oggi certo molto in crisi, di chi ha scelto di lavorare nel campo del pensiero. Anche per questo crediamo che abbiano adempiuto molto meglio al loro compito i giornalisti («dediti solo a un vago strimpellamento di retorica», sostiene invece Cacciari). Molti di loro rischiano quotidianamente la vita per denunciare gli orrori della pulizia etnica. E il poco che è stato fatto dall'Italia per la Bosnia, dagli aiuti umanitari ai soccorsi ai feriti, è stato messo in moto proprio da questi strimpellatori. Quanto alla deliberata volontà di offenderci del professore non ci ha meravigliato più di tanto. Un'altra caratteristica di molti intellettuali italiani è quella di reagire con gli insulti quando vengono toccati nei punti deboli. Elena Doni Chiara Valentini Roma Cadono al suolo i gloriosi Dragoni 8 settembre 1943: il Nizza Cavalleria, rientrando dalla Francia, apprende l'annuncio di Badoglio: La guerra è finita! 9 settembre: Il Reggimento, al completo, rientrò nella propria caserma di Torino. Il senso dell'onore, del dovere, ci impedì di fuggire. 10 settembre: Fummo di pattuglia, a cavallo, in Città. 11 settembre: L'alba più triste, la giornata più tragica, nella storia del Nizza Cavalleria. La nostra caserma era circondata da autoblindate dell'ex alleato tedesco. Nel pomeriggio giunse un ordine: insellare! Eseguimmo e montammo a cavallo. E fu l'ultima volta. Incolonnati, per via Sacchi, al passo ci avviarono. Una voce si propagò lungo la colonna: Siamo prigionieri; Ci conducono in Stazione; Ci deportano in Germania. Sgomento. L'ex alleato, ora nemico, su camionette e autoblindate ci scorta- va con l'armi puntate. Un istinto di ribellione scaturì e divenne realtà. Dalle camionette di scorta partirono sventagliate di mitra. Cavalli e cavalieri cadevano al suolo morti o feriti. Lanciai, allora, il mio fedele destriero, con tutta la furia e la rabbia, all'ultima carica. Il piombo dei mitra tedeschi fermò quest'ultima dispe¬ rata carica. Stramazzammo a terra, e sul suolo della Regal Torino il sangue del cavallo e del cavaliere si mescolarono. E fu l'ultima volta. Tre proiettili morsero le mie carni, ma mi lasciaran vivo. Il mio destriero, alla testa colpito più non si mosse. Le vittorie, le glorie, gli onori dei Dragoni del Nizza Cavalleria, che si susseguirono dal lontano 1690, finirono quel tragico Settembre del 1943. Il progresso, la meccanizzazione, rendevano anacronistico il binomio guerriero cavallocavaliere. Sergente Gino Naie, Torino 10 Regg. Nizza Cavalleria 2° Squadrone La gioia del gol costa cara Alberto Staterà (La Stampa, 26 agosto) esprime una più che giustificata critica al mondo del calcio e addebita a Società, Lega Calcio e rappresentanza dei «pedatori d'oro» una condotta provocatoria e scandalosa stante la disastrata situazione occupazionale ed economica del Paese. Per la gioia del gol si spendono quasi 500 miliardi. C'è veramente da consolare il salassato contribuente poiché per i suoi Desideri Dell'anno di Festa sarà 2 volte Fortunato ed a tavola potrà scegliere tra Panucci e Panetta (a piacere) con Verza - Oliva - Mauro - Galli, ecc. Sarà vestito da Carrera (Juventus) e userà detersivo Scala per lavare i panni sporchi (ma rigorosamente in famiglia). E se ci si mettono Di Pietro e Colombo (non quello di Tuttosport)? Ci sarà Zoff... un tonfo morbido, inawertibile. Pasquale Greco, Torino «Onestà di Papi, vanto della magistratura» In relazione all'intervista del dottor Curtò apparsa sulla Stampa del 6 settembre, desidero fare alcune precisazioni nella mia qualità di magistrato e di moglie del dottor Clemente Papi Presidente vicario del Tribunale di Milano sino all'I 1.7.90, data della sua scomparsa. 1) Il dott. Papi si occupò della questione Mondadori-Berlusconi solo fino al 7.1.90, data del suo ricovero in ospedale: la vicenda giudiziaria si trascinò poi per oltre un anno e fu risolta da un collegio arbitrale scelto dalle parti. 2) Quanto alla prassi del fermo provvisorio, si tratta di un istituto effettivamente introdotto dal dottor Papi con il consenso della migliore dottrina ed in qualche misura recepito dal nuovo codice di procedura civile, ma il dottor Curtò, nella sua intervista, sottace due fatti di estrema rilevanza: a) che il fermo provvisorio ve¬ niva utilizzato dal dottor Papi solo per un tempo massimo di 48 ore e veniva applicato solo nei casi di estrema urgenza, mentre il dottor Curtò lo ha dilatato sino a farlo durare sei mesi e lo ha applicato anche a casi non urgenti; b) che il fermo provvisorio è un metodo strumentale ad una decisione ed in quanto strumento decisorio è neutro rispetto al merito della decisione e non può pertanto essere confuso con il contenuto della decisione stessa sulla correttezza del quale stanno indagando i magistrati di Brescia. Pertanto diffido formalmente il dottor Curtò dal compiere ogni tentativo di associare al suo nome quello del dottor Clemente Papi la cui alta professionalità e la cui specchiata onestà sono oggi più che mai un vanto dell'intera magistratura. Laura Bertolè Viale Papi La Marin non vuole rovinare il marito Con riferimento all'articolo di Mario Lollo apparso su La Stampa del 29/8/93, dal titolo «Guerra dei Roses in casa Bossi» devo specificare che Marilena Marin non ha mai dichiarato di voler rovinare politicamente qualcuno, tantomeno ha mai dichiarato di voler rovinare politicamente il marito Franco Rocchetta. Non rientra nel linguaggio umano e politico di Marilena Marin l'uso di invettive e minacce a chicchessia, il fatto che La Stampa abbia virgolettato l'affermazione per attribuirla a Marilena Marin non corrisponde, nel caso di specie, a dichiarazione effettivamente resa dalla mia assistita. Al di là delle questioni strettamente personali, la comunanza di ideali politici è perfettamente integra nella Lega Nord-Liga Veneta. Danilo Montanari, Verona L'affermazione attribuita alla Marin è contenuta nelle carte processuali. [m. 1.]