«Ci portiamo un Libano in casa»

«Ci portiamo un Libano in casa» «Ci portiamo un Libano in casa» // leader delLikud: l'accordo è una follia IL FALCO U GERUSALEMME NA seducente promessa di facile e rapida pace è un potente anestetico per ottundere i sensi di un popolo da tempo in guerra. Tutti gli israeliani bramano la pace. La maggior parte di loro approva la sistemazione di Camp David in base alla quale Israele manterrebbe il controllo dell'area strategica di Gisgiordania mentre gli arabi potrebbero condurre per conto loro i propri affari in materie come sanità, istruzione e commercio. Ciò assicurerebbe agli israeliani sicurezza, e ai palestinesi «autonomia». Si suppone che sia questo lo sbocco dell'accordo RabinArafat. Sfortunatamente, non è così. Sotto la copertura del termine autonomia, che fra gli israeliani è accettato dai più, il nostro governo ha congegnato un accordo che condurrà alla creazione di uno Stato dell'Olp, con Israele ridotto ai vulnerabili confini ante-guerra del 1967, una situazione che la grande maggioranza degli israeliani rifiuta. Ci viene detto che si tratta solo di un accordo limitato, «Gaza e Gerico subito». Ma l'enfasi è sul «subito». Entro nove mesi, Israele si ritirerà dalle città della Cisgiordania. Ben presto restituirà all'Olp tutto il rimanente, tranne Gerusalemme e gli insediamenti (il cinque per cento del territorio), benché sia ovvio che queste isole israeliane in mezzo a un mare palestinese non dureranno a lungo. Il piano, perciò, porterà al controllo dell'Olp su tutto il territorio fino al confine pre1967: a 16 chilometri da Te'. Aviv, e a tre da Gerusalemme. Ma Israele non manterrà forse il controllo della sicurezza nell'area sgomberata? Niente affatto. Secondo l'accordo, l'esercito israeliano resterà responsabile della sicurezza «esterna» (cioè della difesa del confine d'Israele) con l'Olp che assumerà la sicurezza «interna» in tutta la zona sotto il suo controllo. Che cosa succederà quando dei terroristi attaccheranno israeliani a Gerusalemme e poi rientreranno nel vicino territorio dell'Olp? 0 lanceranno dei razzi dalle colline accanto a Tel Aviv? L'esercito d'Israele non avrà alcun diritto di entrare in quel territorio e cacciarli via. Questa sarà una responsabilità «interna» di Yasser Arafat. E' stupefacente che questa bizzarra proposta, che produrrà un paradiso terrorista in stile libanese accanto alle città israeliane, sia stata portata avanti senza una stretta consultazione col comando militare d'Israele. Al vice comandante dello stato maggiore Amnon Shahak, il piano è stato presentato solo pochi minuti prima che lo si portasse alla riunione di governo per approvarlo. Il comandante Ehud Barak ha ammesso che porrà «gravi problemi di sicurezza» a Israele. Ma la più grave minaccia alla sopravvivenza di Israele insita nel piano Rabin-Arafat non è il terrorismo, ma la nuova fase di lotta che l'Olp potrebbe lanciare dai suoi possedimenti, una volta che fossero riconosciuti come un nuovo Stato arabo. Come ha detto giovedì Arafat, «lo Stato palestinese è a portata di mano e presto la nostra bandiera sventolerà su Gerusalemme». Questa è una minaccia mortale per Israele. Uno Stato dell'Olp in Cisgiordania priverà lo Stato ebraico del cruciale muro difensivo delle alture di Giudea e Samaria conquistate nella guerra dei Sei giorni del 1967, ricreando un Paese largo trenta chilometri e aperto alle invasioni dall'Est. E' stato questo l'obiettivo dell'Olp dal giugno del 1974, quando ha adottato il famigerato «piano per fasi» di eliminazione di Israele in due tappe. L'articolo 2 invoca la creazione di uno Stato palestinese su ogni territorio sgomberato dagli israeliani; l'articolo 8 preannuncia l'uso di questo Stato come base per lanciare un assalto coalizzato arabo contro il moncone dello Stato ebraico. Per due decenni Arafat ha reclamizzato questo piano. Mercoledì scorso ha risposto così alle critiche arabe al suo accordo con Rabin: «Non è altro che il "piano per fasi" che tutti abbiamo approvato nel 1974. Perché adesso dovremmo rifiutarlo?». Che qualche arabo si oppon¬ ga al «piano per fasi» è un dono di Dio per Arafat. Lo fa apparire un «moderato» contro gli «estremisti» come i fondamentalisti di Hamas. Ma il rappresentante dell'Olp in Arabia Saudita, Rafiq Natshe, ha spiegato di recente: «Hamas vuol liberare tutta la Palestina dal fiume Giordano al mare in un colpo solo. L'Olp crede che si debba andare per gradi. Ma le due parti concordano sull'obiettivo finale. Divergono solo sul modo in cui raggiungerlo». Neville Chamberlain pensava di poter comprare la «pace per il nostro tempo» negoziando sulle difese montane della Cecoslovacchia con Hitler, che prometteva di accettare un accordo «pace per territori». Sul letto di morte, Chamberlain disse «tutto sarebbe andato bene se Hitler non mi avesse mentito». Il governo Rabin sta ora scommettendo la sicurezza di Israele sulla parola di Yasser Arafat. Ma la sua parola non vale nulla. Ha sempre violato tutti gli impegni politici che ha assunto. Dalla promessa del 1988 di fermare il terrorismo dell'Olp, la sua fazione, al-Fatah, ha lanciato più attacchi terroristici contro Israele di ogni altra scheggia dell'Olp. In modo analogo, Arafat ha ripetutamente «riconosciuto» Israele per ottenere vantaggi tattici, rimangiandosi tutto ogni volta. Uno Stato palestinese in armi che prende corpo accanto alle città israeliane, straripante di rifugiati che rientrano (almeno un milione per cominciare, secondo l'Olp), difficilmente può essere presentato come un responsabile compromesso, che darà sicurezza agli israeliani e autonomia ai palestinesi. Anziché una chance per la pace, è una garanzia di crescenti tensioni, nuovo terrorismo e alla fine guerra. Benjamin Netanyahu Segretario del partito Likud Copyright «The New York Times» e per l'Italia «La Stampa» Un Eden terrorista a tre chilometri da Gerusalemme Qui accanto il leader del Llkud Netanyahu Sotto, un corteo palestinese nei Territori occupati