«Un pezzo di Gerusalemme ad Arafat»

Clinton scrive agli arabi: ora o mai più. Oggi nella capitale gli ultra all'assalto di casa Rabin Clinton scrive agli arabi: ora o mai più. Oggi nella capitale gli ultra all'assalto di casa Rabin «Un pezzo di Gerusalemme ad Arafat» Israele s'indigna, Peres blocca Usuo vice GERUSALEMME. Sulla via della pace sembrano cadere di giorno in giorno gli ostacoli, e si comincia a parlare anche della questione più difficile, Gerusalemme. Esponenti governativi israeliani non sembrano più escludere nemmeno la possibilità di uno Stato palestinese indipendente nei Territori occupati, a conclusione di una trattativa, che dovrebbe cominciare tra circa tre anni, sul loro status permanente. E' quanto ha affermato l'ambasciatore di Israele negli Usa, Itamar Rabinowitz, in un'intervista alla Cnn. Il ministro della Polizia Moshe Shahal, in una conferenza stampa, ha detto da parte sua che per i palestinesi l'intesa sull'assetto provvisorio nei territori è uno stadio intermedio verso la costituzione di un loro Stato indipendente. Resta il caso Gerusalemme. Israele, che si è annessa l'intera città, ha finora detto di non considerarla negoziabile, soprattutto dopo averla proclamata nel 1980 sua «eterna e indivisibile capitale». Il viceministro degli Esteri Yosi Beilin, partecipando alla riunione di un circolo di «colombe» del partito laborista, ha proposto di adottare un piano di divisione di Gerusalemme in quartieri e di affidare uno di questi, nella parte araba, a un'amministrazione autonoma separata palestinese. Il piano, a suo avviso, ha il vantaggio di assicurare comunque l'unità dell'area metropolitana e 'la sovranità israeliana sull'intera città. I palestinesi esigono invece che la parte orientale di Gerusalemme, occupata da Israele nel 1967, diventi la capitale di un loro futuro Stato indipendente. La proposta di Beilin ha suscitato le prevedibili reazioni infuriate dell'opposizione di destra, oltre che dello stesso sindacp di Gerusalemme Teddy Kollek, e sembra aver dato nuove munizioni a tutti coloro che vanno strepitando contro l'intesa che Israele si accinge a firmare con i palestinesi. Ma anche Peres non è d'accordo. «Gerusalemme resterà la capitale unita di Israele durante tutte le fasi della trattativa con i palestinesi e durante l'applicazione degli accordi»: il ministro degli Esteri lo ha detto in un'intervista alla radio israeliana. «La questione di Gerusalemme Est non è sull'agenda. E l'accordo raggiunto con l'Olp non sfocierà in uno Stato palestinese». Al grido «la patria è in pericolo», le opposizioni stanno cercando di mobilitare l'opinione pubblica contro l'intesa e hanno organizzato per stasera una manifestazione - che assicurano sarà gigantesca per partecipazione di popolo - davanti all'ufficio del primo ministro Yitzhak Rabin. La destra ha promesso continue dimpstrazioni e «sit in» davanti ai ministeri fino alla revoca dell'intesa. Mentre l'opposizione parlamentare assicura che la campagna sarà condotta nel rispetto delle leggi e delle norme di com¬ portamento democratico, i gruppi più radicali già evocano cupi scenari di violenza; nel definire «traditori» i membri del governo sembrano preparare le giustificazioni per il rifiuto ad accettarne l'autorità. Malgrado l'i>lesa, l'Intifada per ora continua e conta nuove vittime. Nel campo profughi di El Bureij, nella striscia di Gaza, un palestinese è stato ucciso dal fuoco di soldati israeliani durante una manifestazione nazionalistica. Faisal Husseini, il dirigente palestinese nei Territori occupati, ha chiesto il rilascio di tutti i prigionieri politici. Clinton è entrato in azione per agevolare il processo di pace in Medio Oriente. Ha scritto a nove Paesi arabi e ha chiesto loro di approfittare dell'occasione storica che potrebbe presentarsi nei prossimi giorni se Israele e l'Olp firmeranno un accordo sul futuro dei Territori. Secondo un funzionario del governo, le lettere sono state inviate a Siria, Libano, Giordania, Egitto, Kuwait, Tunisia, Arabia Saudita, Yemen e Marocco. Nel corso del negoziato segreto tra Israele e Olp, «nonno», «papà» e «figlio» erano i codici usati per indicare i vertici politici. Lo ha rivelato al quotidiano Yediot Ahronot un mediatore, il viceministro degli Esteri norvegese Jan Egeland. Il nonno di Israele era il premier Rabin, il papà Peres, il figlio il suo vice Beilin. Nonno dell'Olp, naturalmente, Arafat. [e. st.] W4 L'ex presidente Nixon e l'ex segretario di Stato Kissinger '