Otto padrini per la Piovra tedesca di Emanuele Novazio

Un dossier segreto della polizia, le famiglie siciliane si spartiscono il racket nel Paese Un dossier segreto della polizia, le famiglie siciliane si spartiscono il racket nel Paese Otto padrini per la Piovra tedesca Ma subiscono la concorrenza di jugoslavi e vietnamiti Otto su dieci pagano, per gli altri è pronta una bomba BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Otto su dieci chinano la testa e pagano. A Francoforte e a Monaco, a Colonia e ad Amburgo pizzaioli e osti italiani - non importa se titolari di locali modesti o lussuosi, non importa se meridionali o d'altra provenienza - consegnano al racket fino al quindici per cento dei guadagni. Ogni mese e senza protestare, per evitare che una bomba e un incendio facciano danni spaventosi all'azienda di famiglia, o che i freni della macchina all'improvviso saltino, com'è avvenuto spesso ai «ribelli». Soltanto il dieci per cento ammette di pagare; gli altri parlano di «contributi volontari», ma la stragrande maggioranza nega di venire ricattata dalla mafia. Un reato che dieci anni fa era ancora «una rarità esotica» in Germania - il racket mafioso - è oggi «affare d'ogni giorno», sostiene un rapporto segreto della polizia criminale rivelato dallo «Spiegel». A dividersi il territorio sono otto «famiglie» siciliane, bene impiantate all'Ovest ma - dopo la riunificazione - in rapida diffusione anche all'Est. Per esperienza storica, sono le più voraci e le meglio organizzate: insidiate tuttavia, nella gestione capillare della criminalità organizzata, dalle bande ultime arrivate, molto ambizio- se e iperattive. Le jugoslave, per esempio, contrastate a loro volta dai vietnamiti (i più sanguinari, si dice) o dagli albanesi del Kosovo, che hanno in mano la zona a luci rosse di Amburgo, molto redditizia. Oppure quelle giapponesi, filiali occidentali delle «Triadi» insulari. O ancora le famiglie russe, le più tenaci forse nella «colonizzazione» di un territorio molto ricco e dunque fertile: delle trecento bande presenti in patria, un terzo almeno ha messo piede nella Germania unita, laboratorio d'avanguardia anche per le mafie d'ogni provenienza. E in nessun altro reato, rivela il rapporto, «il numero dei casi irrisolti è tanto alto». Per omertà e paura di chi è ricattato, ma anche per l'estrema scarsità di poliziotti d'origine straniera, in grado di infiltrarsi facilmente nelle bande nazionali. Per decenni, denuncia lo «Spiegel», i pregiudizi della gente e i timori dei politici conservatori hanno impedito il loro arruolamento. «La strada invece è proprio questa», insisteva ieri in un'intervista radiofonica il capo del sindacato poliziotti, Hermann Lutz: «Per vincere il silenzio delle vittime abbiamo bisogno di entrare più agevolmente nelle strutture mafiose. Bisogna essere in grado di capirle, di parlare la stessa lin¬ gua». Soltanto adesso, ma molto lentamente, qualcosa sta cambiando anche nella mentalità popolare: secondo i sondaggi, soprattutto fra i giovani il poliziotto straniero è visto ormai con «molta simpatia». Ma il loro numero resta irrisorio: gli stranieri in Germania sono sei milioni e mezzo, l'8% della popolazione, ma nella polizia sono soltanto lo 0,05%. Il racket invece fa nuove vittime ogni giorno. Il «reclutamento» avviene sempre allo stesso modo, indiretto e teatrale almeno nel caso delle famiglie siciliane. Secondo la testimonianza di un pentito arrestato di recente, un tedesco di Sas¬ sonia diventato uomo di fiducia del boss Grisaci, i «predatori» di solito lavorano in coppia. Arrivano nel locale da taglieggiare solo se sanno di poter contare su una mazzetta seria, quando l'azienda è bene avviata e solida, dunque. Entrano come clienti qualsiasi, ordinano da mangiare e poi parlano al proprietario di un «parente» rimasto in Italia che attraversa un momento difficile. Una «persona di famiglia da aiutare», spiegano. Qualcuno a cui bisogna «far del bene». Non si parla mai di soldi ma non ce n'è bisogno, il messaggio non va chiarito meglio: «Nella stragrande maggioranza dei ca- si», sostiene il rapporto riservato della polizia criminale, «il ristoratore italiano paga per evitare guai maggiori». Se rifiuta spiega ancora il misterioso sassone caduto nella rete dell'antimafia tedesca - gli arriverà un messaggio più diretto, una pallottola per posta. E se continuerà a dire di no, dovrà aspettarsi danni gravissimi al locale. Ultimo caso noto: una pizzeria di Lubecca è stata completamente distrutta da una bomba. Per rimetterla in sesto, i proprietari italiani dovranno pagare un milione di marchi, quasi un miliardo di lire. Emanuele Novazio Otto clan mafiosi venuti dalla Sicilia taglieggiano ristoranti e pizzerie in Germania Otto proprietari su dieci accettano di pagare per non vedere il locale distrutto da una bomba Cresce però la concorrenza russa vietnamita e giapponese

Persone citate: Hermann Lutz