«Restate a Mogadiscio» firmato: Ghali di Francesco Fornari

Cambio della guardia tra Loi e il generale Fiore, la partenza ritardata di almeno 10 giorni Cambio della guardia tra Loi e il generale Fiore, la partenza ritardata di almeno 10 giorni «Restale a Mogadiscio», firmalo: Ghali Ma l'Onu indaga sulle accuse nigeriane alla Folgore MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO Il mercatino nei pressi di Pasta era animato come di consueto, ieri mattina: frotte di bimbi giocavano a pallone in mezzo alla strada. Sorrisi e gesti di saluto verso i nostri soldati, gli stessi che domenica mattina hanno dovuto fronteggiare la folla tumultuante che voleva attaccare i nigeriani. «Gli italiani non devono andar via, non vogliamo altri soldati», mi dice un anziano con la barba bianca e il bastone del comando, uno dei vecchi del quartiere, di quelli che anche domenica hanno collaborato con i nostri soldati cercando di placare gli animi e di convincere i dimostranti ad allontanarsi. Dello stesso avviso, ma per altri motivi, è anche il segretario dell'Onu, Boutros Ghali, che ha richiesto ufficialmente al nostro governo di ritardare la partenza dei nostri soldati dalla capitale. Già domenica sera il generale Cevik Bir, comandante dei Caschi Blu, aveva fatto la stessa richiesta al generale Bruno Loi, comandante fino a ieri a mezzogiorno del nostro distaccamento. Durante il passaggio delle consegne fra il generale Loi e il generale Carmine Fiore che lo sostituisce, avvenuto ieri pomeriggio a Balad, nella nuova sede del quartier generale di Ibis, il sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Mario Buscemi, alle nostre domande sulla permanenza del contingente italiano nella capitale si è limitato a dire: «E' questione di tempo, indietro non si torna». L'inviato del ministro degli Esteri in Somalia, ambasciatore Scialoia, precisando che ogni decisione in merito deve essere presa dal nostro governo, ha lasciato intendere che il trasferimento dei nostri soldati potrà subire un ritardo «di una decina di giorni». Per adesso, dunque, i militari italiani continuano a presidiare i cinque check-point di Mogadiscio Nord: un riconoscimento dell'efficacia del nostro comportamento che, come ha detto il generale Buscemi, è stato capito anche dagli americani che «per la scorta alle loro unità logistiche preferiscono gli italiani: sanno che i somali ci lasciano passare tranquilli». Il sottocapo di Stato Maggiore ha accennato brevemente anche alle critiche dei nigeriani, che hanno accusato i nostri soldati di non essere intervenu- ti in loro soccorso, sparando sui somali che li attaccavano. «Siamo stanchi di essere il bersaglio nel tiro al piccione delle polemiche. Abbiamo aiutato ieri (domenica, ndr) i nigeriani come già abbiamo fatto a suo tempo con i pachistani». E do¬ menica i nostri soldati hanno fatto uso delle armi per trarre d'impaccio un plotone nigeriano, intrappolato nella località Pozzanghera sotto il fuoco incrociato dei cecchini, ma se la situazione non si è aggravata, degenerando in una vera e propria battaglia, lo si deve ancora una volta all'azione dei nostri ufficiali, in particolare del generale Loi, che hanno subito cercato di avviare trattative con gli anziani e i responsabili politici del quartiere, abitato prevalentemente da habargedir, il clan del generale Aidid, per far cessare gli scontri. Notte di tensione in città, dopo l'uccisione dei sette caschi blu nigeriani al check-point Pasta: bande di armati, miliziani di Aidid secondo il portavoce dell'Unosom, hanno eretto barricate sulla strada 21 Ottobre, su quella dell'aeroporto e sulla grande arteria che dal quarto chilometro porta alla sede del comando Unosom, nel complesso dell'ambasciata ameri- cana. Verso mezzanotte sono stati sparati alcuni colpi di mortaio sull'aeroporto: un paio di granate sono esplose sulla pista ma senza gravi danni. Sono intervenuti gli elicotteri Cobra che hanno sparato con i cannoncini contro le postazioni dei miliziani: il carosello si è protratto fino alle prime luci dell'alba quando i banditi, non più protetti dalle tenebre, si sono eclissati. Ma fin verso mezzogiorno lungo la strada 21 Ottobre ci sono stati scambi di fucilate fra i pachistani appostati negli strongpoint e i cecchini nascosti fra le rovine delle case che fiancheggiano l'importante circonvallazione. Tutto tranquillo invece ai check-point Pasta e Ferro dove domenica mattina il distaccamento nigeriano, che doveva affiancare i nostri soldati prima di prendere definitivamente in consegna le posizioni, era stato attaccato da una folla di dimostranti ed era stato costretto a ritirarsi, protetto dai militari italiani, lasciando sul terreno sette morti e un disperso, sulla cui sorte, purtroppo, in questa città dove la vita sembra aver perso ogni valore, esistono poche speranze. Francesco Fornari Il generale Buscemi «Domenica non ci siamo tirati indietro L'Italia è stanca di fare da bersaglio nel tiro al piccione delle polemiche»

Luoghi citati: Italia, Mogadiscio, Pozzanghera, Somalia