Biagi: «Guai a chi serve due padroni» di Maurizio TropeanoGianni Letta

cj Biagi: «Guai a chi serve due padroni» | Biagi: «Guai a chi serve due padroni» gp E Bocca fa autocritica: dovevamo capire subito Tangentopoli MANI PULITE IN REDAZIONE IN principio era penna a sfera. Poi venne l'ora di «penne pulite» o, se preferite, di «fogli sporchi». La bomba Enimont è scoppiata nelle redazioni. Dalle pagine dell'agenda di Carlo Sama spuntano i nomi di giornalisti che avrebbero ricevuto contributi a vario titolo. Nomi non ce ne sono. Dal Palazzo di Giustizia di Milano filtra solo la notizia: non si tratterebbe di reati con rilevanza penale. Tutto a posto, allora? No, il mondo del giornalismo è in subbuglio. Si cercano i «colpevoli», si invocano punizioni o autosospensioni, come nel caso della Federazione nazionale della Stampa. Certo non si parla di tangenti ma di violazioni della deontologia professionale. Qualcuno mette sott'accusa le collaborazioni con periodici e pubblicazioni edite da banche e aziende private. Che fare? Enzo Biagi, una delle firme di punta del Corriere della Sera, non ha soluzioni: «E' già tutto scritto, ci sono i Dieci Comandamenti che stabiliscono chi sono i buoni o i cattivi». Poi suggerisce: «Forse è utile non frequentare più nessuno, tutto è compromesso. E' l'ora di chiudersi in casa. Gli imprenditori, i politici, i giudici, anche se solo uno, e adesso pare che dentro Tangentopoli ci siano finiti anche i giornalisti. Chi devo frequentare?». Chissà, questa sembra più che altro una provocazione. Ma esiste il problema delle collaborazioni? «Come si fa a sapere dice Biagi - chi c'è dietro le fondazioni culturali o le iniziative editoriali? Come si può capire se le persone che occupano i posti di comando di banche e aziende private siano o meno dei galantuomini. Ho intervistato Kappler e Reder ma con la strage di Marzabotto non c'entro». Poi aggiunge: «Per i giornalisti dovrebbe valere come regola un insegnamento di Gesù Cristo: "Non si possono servire due padroni"». Giorgio Bocca, editorialista di Repubblica, invece non crede «che ci sia una lista Sama». Allora «penne oneste»? «La Montedison - spiega - non aveva bisogno di comprare i giornalisti, al massimo sono stati regalati dei cioccolatini. Il giornalismo italiano è in mano ai "padroni del vapore" e quindi è impossibile che esista un giornalismo economico indipendente». Bocca però non nasconde l'esistenza di rapporti poco trasparenti tra informazione e potere, sia economico che politico: «E' avanzata la civiltà di scambio, quello che ai tempi del mio ingresso nel giornalismo era considerato corruzione adesso è diventato un fatto normale, uno scambio di piccoli favori». Un esempio? «Qualcuno - raccconta - provò a corrompermi: non per farmi dire cose non vere ma per tenermi in pugno, se io avessi accettato quei soldi loro avrebbero potuto ricattarmi in ogni momento». E Bocca ha un rimpianto: «Anch'io sono stato colpevole per non aver denunciato fino alla morte le vicende di Tangentopoli. E' vero però che era difficile lottare contro i conglomerati politicieconomici e fino ad un certo punto i poteri di interdizione hanno funzionato». Certo è che il comportamento di alcuni giornalisti potrebbe aver danneggiato i lettori. Gianni Corbi, garante dei lettori di Repubblica, spiega come è possibile tutelare chi legge i giornali: «Siamo in attesa di conoscere questa eventuale lista e gli addebiti. Comunque, già per il caso Lombardfin, io avevo chiesto l'applicazione della carta dei doveri dei giornalisti. Ad esempio il divieto di ricevere regali, di ottenere viaggi ecc.». Basterà? Corbi è convinto di sì e aggiunge: «La decisione della Rai di chiedere ai capiservizio di comunicare le relazioni esterne dei propri giornalisti è un fatto positivo, un esempio da seguire». Gianni Letta, vicepresidente della Fininvest - da quei Tg sono partiti la richiesta di rendere pubblica la «lista Sama» e gli attacchi a Giuseppe Turani, editorialista di Repubblica - invita i giornalisti a non fare «quel che altre volte hanno fatto, cioè di essere una corporazione. Dimentichino questo vizio e facciano chiarezza al loro interno». Maurizio Tropeano Corbi: «Dobbiamo applicare la carta dei doveri dei giornalisti» Letta (Fininvest): «Non serve upa difesa corporativa» cj ||r In alto, Enzo Biagi A destra, Giorgio Bocca A sinistra, Gianni Letta, vicepresidente Fininvest

Luoghi citati: Marzabotto, Milano