La pittura in un respiro
Omaggio svizzero a Gastini Omaggio svizzero a Gastini La pittura in un respiro DSAN GALLO OPO una prima tappa al Frankfurter Kunstverein di Francoforte, il Kun Istmuseum ospita fino al 31 ottobre un'antologica di Marco Gastini, la maggiore fino a oggi, dedicata a venticinque anni di attività: dall'abbinamento di Scultura in bronzo e Senza titolo in plexiglas graffito su base di piombo, del 1969, a «... di un respiro sospeso», creato per l'occasione. Si tratta di una trentina di grandi opere, installazioni, interventi diretti sui muri, libri/opere d'artista, che tracciano il racconto, la vicenda fantastica e poetica di un protagonista torinese e internazionale dell'ultimo trentennio: il racconto dello sforzo di tradurre la rete, la vibrazione energetica che pervade il nostro mondo contemporaneo in segno, in forma, in trasfigurazione dello spazio (catalogo Hopefulmonster, con introduzione di Peter Weiermair). Un protagonista comunque e sempre pittore. Quando egli stesso riconosce le esperienze di Fontana e di Burri alle radici della propria svolta a cavallo fra gli Anni 60 e 70 dal quadro dipinto alla spazialità diretta e al materiale fisico-chimico (piombo, plexiglas), ragiona e si comporta da pittore. Lo spazio-attore, dinamico, di Fontana e la materia di Burri: non più il quadro, ma la parete stessa o lo spazio ambiguo e trasparente del plexiglas recepiscono la vibrazione, il manto maculato, il dilatarsi informale della «pittura» metallica. E' comunque frutto di operazione e manualità pittorica questa azione originaria, Senza titolo, che di tempo in tempo si rinnova e rinasce, nella Galleria Civica di Modena nel 1970 e in questa luminosa sala ottocentesca svizzera, oggi. Altrove è esposta la geometria spaziale e la vibrazione ottica ài Acrilico n. 7. Si tratta della più radicale esperienza «minimalista» che caratterizzerà opere e operazioni lungo gli Anni 70: un'esperienza torinese, gestita assieme a Giorgio Griffa, altamente caratteristica e sostanzialmente unica nel panorama italiano. Verso la fine del decennio, l'estremizzazione ra¬ zionale dei tracciati «minimali» a carbone è concettualmente ribaltata, per quanto riguarda il titolo, nelle opere intitolate Paesaggio, una indicazione di fondo di alternativa emozionale e psicologica alla poetica di Paolini. L'analogo Senza titolo (sono tutte opere realizzate alla personale dello Studio Grossetti di Milano nel 1978) reintroduce l'organicità e il sogno poetico del prezioso materiale pittorico bianco-perla. Il nuovo passo decisivo, uno dei punti focali della mostra, è rappresentato da quello che definirei l'enorme «sogno di un quadro», centrato su una tela di 5 metri di base, intitolato «... l'ala della pittura», esposto per la prima volta al Karmeliter Kloster di Francoforte nel 1981. Segni pittorici sul muro, frammenti di pergamena, gocce di stagno: l'organico, la pelle della natura, della vita. La pergamena, il bianco perla, la carruba incollata al posto delle gocce di materia metallica diventano protagonisti di grandi organismi pittorici innalzati sulle pareti a riassorbire lo spazio nel proprio interno. Ricordo Gastini mentre allestiva le sue grandi pergamene alla Biennale nel 1982. A partire dalla metà degli Anni 80 entrano in gioco i grandi frammenti di legno grezzo e di vetro, memorie della cornice oppure ossature dell'organismo pittorico. In esso la sempre più evidente vocazione lirica e addirittura, come scrissi altra volta, «romantica» è affidata alla dialettica informale del nero carbone vellutato e del rosa dell'alba e dell'epidermide giovane. Quest'uso delle materie di natura, superficialmente affine ai materiali primari dell'«arte povera», si estende alla fine degli Anni 80 all'antropologia delle «lose», le lastre di copertura dei tetti alpini. Poi, quasi il placarsi della materia in sogno e poesia, l'ultimo ribaltamento e il Gastini di oggi: le grandi tele grezze su cui la vibrazione dei segni è tracciata da filamenti metallici sulle macchie bianche perlacee e grigie e sulle carte trasparenti. Marco Rosei Marco Gastini, «La nave vichinga», una scultura dell'87. A un quarto di secolo di lavoro dell'artista torinese dedica una bella mostra il Kunstmuseum di San Gallo. Si scopre così una singolare personalità formatasi sulle esperienze di Fontana e Burri
Luoghi citati: Francoforte, Milano, Modena
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