RISPETTIAMO LA STORIA di Alessandro Galante Garrone

Messaggio al Presidente perché assista alla «pacificazione» tra il comandante partigiano Poli e Baghino della Rsi RISPETTIAMO LA STORI A Ma civiltà e barbarie non si riconciliano IERI, al termine di una giornata passata tra i miei amici e compagni partigiani riuniti a Pradlèves (che è stata più volte ricordata sia dai partigiani sia dai loro nemici della Repubblica di Salò come la «capitale del partigianato»), per ricordare insieme la data dell'8 settembre, ho appreso la notizia di una iniziativa da parte di combattenti dell'una e dell'altra parte, e cioè da parte di non so quale unità partigiana e dall'altra da parte di esponenti della Repubblica di Salò per favorire - sotto l'auspicio del Presidente della Repubblica - un incontro fra gli esponenti dell'una e dell'altra parte e quindi di partigiani e di combattenti della Repubblica di Salò: questo per una non meglio chiarita riconciliazione tra vincitori e vinti, deponendo i sentimenti di reciproca avversione e di lotta che caratterizzarono i venti mesi della guerra partigiana. Ora mi sembra di dover ripetere quello che ieri mattina ho dichiarato sulla piazza di Pradlèves, ovvero che c'è una tesi da ripudiare con estrema nettezza: quella di una deprecabile lotta fratricida, di un tristo episodio da dimenticare e da superare. Come qualcuno ha detto e come forse è parso di capire anche dalle parole del Presidente della Repubblica al convegno di Comunione e Liberazione, si tratterebbe dunque di favorire una riconciliazione tra vincitori e vinti in nome di un cristiano «volemose bene», di un embrassons-nous. Si è detto: coraggio, valore e spirito di sacrificio si sono avuti da una parte come dall'altra; è dunque ora di dimenticare le distinzioni e i contrasti fra gli uni e gli altri. Ebbene, no, noi dobbiamo, per rispetto, alla storia, distinguere fra le due parti. E' giusto dire che è stata una «guerra civile» come bene si intitola il classico libro di Claudio Pavone: ma questo termine va inteso nel senso di una «guerra di civiltà». In questo preciso significato, anche le guerre del nostro Risorgimento sono state guerre civili: da un lato borbonici, aristocratici, plebi aizzate da preti reazionari, e dall'altro liberali, repubbliI cani, mazziniani, garibaldiI ni, Carlo Pisacane. Le aspi¬ razioni alla libertà - dell'uomo singolo, delle nazioni, degli strati sociali - in una parola il progresso, l'apertura verso una più alta civiltà, erano, nella Resistenza come nel Risorgimento, da una parte sola. E questo lo ha detto anche un grande cattolico, Arturo Carlo Jemolo, morto dodici anni fa. «Nell'antifascismo, e particolarmente nel movimento di resistenza e della guerra partigiana, non c'era solo il lato del coraggio, dell'eroismo, c'era la forza della legge morale, che non si piega alla violenza, né alla più capziosa e più terribile violenza che è il consenso quasi unanime delle masse, l'accordo di tutti i benpensanti. Non si possono - diceva Jemolo - equiparare gli appartenenti ai due campi, l'adesione o l'opposizione alla repubblica di Salò e tributare un eguale rispetto a coloro che aderirono e a coloro che si opposero». Così pensava Jemolo; e anche come storico - e non era uno' storico da poco aveva ragione. Perché ciò che conta, nella storia - nel Risorgimento come nella Resistenza - è il senso della civiltà che avanza, e che abbatte i suoi nemici. Per questa ragione, nella nostra Resistenza, per noi i nemici furono e restano i tedeschi hitleriani, e insieme a loro gli italiani che si misero e restarono al loro servizio. Un accordo, una qualsiasi manifestazione di riconciliazione, equivarrebbe a cancellare il senso di ciò che è storicamente stata la Resistenza. Una iniziativa del genere "rischierebbe di approdare a una commedia insincera e ipocrita. Questa infelice iniziativa mi riporta alla mente una commedia che si svolse in uno dei momenti più duri e cruenti della Rivoluzione francese: quando, per desiderio di un vescovo, certo Lamourette, fu tentata una insincera e ridicola riconciliazione fra i rivoluzionari e i loro nemici, che naturalmente finì nel nulla e anzi esasperò i contrasti di quel grave momento storico. Sia dunque rispettata la storia, senza odi ma nella chiara, onesta coscienza di quello che allora ci divise: una suprema questione di civiltà. Alessandro Galante Garrone me^Jj

Persone citate: Arturo Carlo Jemolo, Carlo Pisacane, Claudio Pavone

Luoghi citati: Pradlèves, Salò