OSSERVATORIO di Aldo Rizzo
r OSSERVATORIO Pace in Medio Oriente fiamme nel Caucaso EL Medio Oriente sembra che stia per scoppiare la pace, finalmente, ma i venti di guerra si rafforzano nel non lontano Caucaso, mentre resta in bilico tra la pace e la guerra la tragica ex Jugoslavia. Il caso del Caucaso sembra nuovo, ma non lo è. Già prima che cadesse il Muro di Berlino, nell'Urss extrarussa c'erano sintomi di disgregazione. Georgiani, armeni, azeri, kazaki, cominciarono ad agitarsi, in vista dell'indipendenza, appena presero corpo le intenzioni riformatrici di Gorbaciov. Parliamo del 1986. Due anni dopo, ci fu un grande terremoto in Armenia, e per quel popolo (reduce da traversie e tragedie paragonabili a quelle degli ebrei) fu l'occasione per ritrovarsi più unito di prima e più desideroso di rivincita. Insorse la questione del Nagorno-Karabakh, l'enclave armena, cristiana, nell'Azerbaigian islamico. E cominciò la guerra relativa. Dapprima sembrò che gli armeni andassero a un'altra sconfitta, a un'altra frustrazione nazionale, ma poi presero a collezionare successi militari. Nel frattempo, l'Urss aveva cessato di esistere, e Armenia e Azerbaigian erano diventati Stati indipendenti. Il vero fatto nuovo è l'irruzione sulla scena della Turchia, legata agli azeri da vincoli religiosi ed etnici (e fors'anche dall'odore del petrolio). Una Turchia ora guidata da una donna, la signora Tansu Ciller. Una Thatcher musulmana? Anche questa sarebbe una bella novità. In ogni caso, la signora Ciller ha minacciato una guerra istantanea all'Armenia, se questa, sull'onda dei suoi successi, provasse a toccare il Nakhichevan, che è un Nagorno-Karabakh alla rovescia, cioè un'enclave azera circondata in gran parte dall'Armenia e per il resto dalla Turchia e dall'Iran. Se vogliamo ancora fare un passo indietro, dobbiamo ricordare che la Russia (zarista) s'impadronì del Caucaso nel corso dell'Ottocento, sottoponendo a un governatore di Mosca gli ortodossi georgiani, i cristiani armeni (con Chiesa propria), i musulmani azeri. Tutto ciò diventò, dopo la RiI voluzione, la Repubblica so! vietica di Transcaucasia, finché Stalin, nel 1936, non decise di dividere l'Urss secondo le nazionalità, ma conservando il vincolo ferreo di una comune ideologia, che voleva dire una comune dittatura. Ebbene, il cemento transnazionale del comunismo non è servito a nulla. Quando è finito, per «implosione», il sistema sovietico, le antiche divisioni nazionali sono riemerse, più acute di prima. Lo abbiamo visto, sostituendo Tito a Stalin, nella ex Jugoslavia; lo vediamo nella ex Unione Sovietica, non solo tra armeni e azeri, ma tra georgiani e osseti, tra tagichi filorussi e tagichi islamici, per non parlare dì russi e ucraini, e delle tensioni crescenti nella stessa Federazione russa. Ma dicevamo della Turchia. In un simile quadro, il vecchio nucleo, ammodernato e laicizzato, dell'impero ottomano, bastione della Nato verso il Sud-Est, sente il richiamo di una missione storica. Lo ha fatto intendere già nei Balcani, con vari ammonimenti ai serbi a non toccare il Kossovo, lo dimostra ora con minacciosi avvertimenti all'Armenia cristiana in lotta con l'Azerbaigian islamico. La Turchia è uno Stato forte, con un potente apparato militare. E' stata senza riserve con l'Occidente nella guerra del Golfo. Il suo riemergere come potenza regionale può far comodo all'Europa e all'America come contraltare all'influenza iraniana nel caos post-sovietico. Tuttavia ha anch'essa dei problemi: le correnti interne che si richiamano al fondamentalismo islamico, la questione dei curdi... Sarebbe grave se pensasse di uscirne con una guerra agli armeni, che possono avere le loro responsabilità, ma non dimenticano di dovere ai turchi (con l'esodo sanguinoso del 191516) la parte più tragica del proprio passato. Uno degli orrori di questo secolo, di cui non si vorrebbe la ripetizione. Aldo Rizzo *oJ
Persone citate: Ciller, Gorbaciov, Stalin, Tansu Ciller, Thatcher
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