l'Onu: italiani restate a Mogadiscio

ESTERO I nigeriani accusano i nostri: ci hanno lasciati massacrare. Nella notte rappresaglia americana l'Onu: italiani, restate a Mogadiscio «Dopo la strage di caschi blu, non sguarnite la capitale» MOGADISCIO DAL NOSTRO INVIATO Ancora sangue per le strade di Mogadiscio: sette caschi blu nigeriani sono stati uccisi ieri mattina nei pressi del check-point Ferro, altri sette sono rimasti feriti, uno è disperso. Nello scontro, che ha coinvolto anche i militari italiani e un plotone di pachistani, sono morti anche venti somali e due soldati pachistani sono stati feriti. La vicenda ha avuto poi uno strascico polemico: il comandante delle truppe nigeriane ha accusato gli italiani di non aver mosso un dito per aiutare i suoi soldati in difficoltà. «Gli italiani non hanno fatto nulla - ha detto il colonnello Ola Oyinlolo non hanno sparato un solo colpo per difendere i miei uomini». Il colonnello Oyinlolo ha anche insinuato che gli italiani abbiano rabbonito i somali con «un accordo speciale»: il comportamento intransigente dei suoi avrebbe scatenato l'aggressione. L'inviato Onu, ammiraglio Howe, a lungo in polemica con Loi, ha commentato: «Da molto tempo c'è un margine di disaccordo tra gli italiani e l'Unosom». Nella notte gli americani hanno scatenato una rappresaglia bersagliando con gli elicotteri i quartieri controllati da Aidid. E' stata una tragedia annunciata: già nei giorni scorsi quando i nigeriani erano andati ad ispezionare i check-point Pasta e Ferro, dove dalla mezzanotte di oggi avrebbero dovuto sostituire i soldati del contingente italiano che ha abbandonato la zona nord di Mogadiscio, fmo ad oggi sotto il nostro controllo, per rischierarsi a Balad e lungo la strada imperiale fino a Buio Burti, erano stati accolti a sassate da una folla di dimostranti. I somali non vedono di buon occhio il ritiro degli italiani dalla capitale, ancor peggio il fatto che il loro posto venga preso dai nigeriani, con i quali non corre buon sangue anche perché il governo di Lagos ha offerto ospitalità al deposto presidente Siad Barre. Ieri mattina alle 4 due plotoni di nigeriani sono usciti dal campo allestito nella zona del Porto Vecchio per raggiungere i checkpoint Pasta e Ferro dove per due giorni avrebbero svolto il servizio di controllo con gli italiani. Alle 5,30 intorno al check-point Pasta, lo stesso dove il 2 luglio durante una dimostrazione furono uccisi tre nostri soldati e altri 22 rimasero feriti, si è radunata una folla ostile che scandiva slogan contro i nigeriani. Col passare dei minuti l'atmosfera si è fatta in candescente: i dimostranti si so no avvicinati minacciosi, sono incominciati lanci di sassi. Men tre i nostri soldati tentavano di calmare i più esagitati, i nigeriani fatti segno alle sassate ed agli in sulti hanno reagito con estrema durezza, prima sparando raffiche di mitraglia in aria, poi ad altezza d'uomo. Secondo fonti somale, che non è mai possibile controlla re, questa sparatoria avrebbe causato la morte di venti persone e il ferimento di altre 50.1 nostri soldati in questo frangente non hanno fatto uso delle armi ma hanno cercato di interporsi fra i dimostranti e i militari nigeriani per evitare un massacro. Sul posto è accorso il ten. col. Augusto Staccioli, capo di stato maggiore di Italfor, che parlando con gli anziani ed i responsabili del quartiere è riuscito a riportare la calma ma poco lontano, nei pressi del check-point Ferro e lungo la strada 21 Ottobre altri gruppi di dimostranti innalzavano barricate. In uno di questi posti di blocco improvvisati con auto messe di traverso e copertoni incendiati è incappato un plotone di nigeriani inviato in soccorso ed è stato fatto segno alle fucilate dei cecchini appostati nelle case adiacenti ma è riuscito a sganciarsi senza perdite. A Pasta, intanto, i nigeriani iniziavano il ripiegamento verso Porto Vecchio, protetti dagli italiani, ma un loro plotone si è disunito ed è stato accerchiato da somali armati in località Pozzanghera, nel quartiere Ariwa. Presi sotto il tiro incrociato dei cecchini, appiedati perché i loro automezzi erano stati distrutti, sono stati salvati dal maggiore Angelo Passafiume che con dieci militari stava raggiungendo il checkpoint e se li è trovati davanti all'improvviso. «Con i soldati nigeriani c'era anche il loro vicecomandante, magg. Daddy: erano in una situazione critica, i somali li tenevano sotto tiro, abbiamo dovuto sparare anche noi per proteggere il loro ripiegamento». Giunti in una località più tran- quilla, ci si è accorti che all'appello mancavano otto soldati nigeriani. «Il magg. Daddy voleva tornare a cercarli, ma vista la situazione l'abbiamo convinto a tornare a Porto Vecchio con i suoi e siamo andati noi a perlustrare la zona dello scontro». Purtroppo tre nigeriani erano già morti, gli altri cinque risultavano prigionieri, uno forse ferito. Dopo lunghe trattative il maggiore Passafiume era quasi riuscito ad ottenerne la liberazione ma a quel punto i somali hanno consegnato sette cadaveri, mentre l'ottavo nigeriano è ancora tenuto in ostaggio. Intanto nella zona compresa fra Pasta e Ferro la tensione andava aumentando: una compagnia di pachistani è caduta in un'imboscata sulla via 21 Ottobre ed è riuscita a disimpegnarsi dopo una furiosa sparatoria, due militari sono rimasti feriti. Anche i nostri soldati sono stati attaccati da bande di armati e hanno do¬ vuto rispondere al fuoco. Per rimuovere le barricate e i posti di blocco sono intervenuti i carabinieri paracadutisti del Tuscania e tre plotoni di incursori, verso i quali sono stati sparati due razzi e lanciate parecchie bombe. Lanciando lacrimogeni e fumogeni, i nostri militari sono riusciti dopo molte ore a disperdere i dimostranti: a mezzogiorno la situazione era tornata quasi calma, una delegazione di esponenti politici e di anziani del quartiere ha parlato con i nostri ufficiali promettendo di fare opera di pacificazione ma chiedendo, in cambio, che gli italiani restino a guardia dei check-point. La stessa richiesta è stata fatta dal generale Bir, comandante dei Caschi Blu, al generale Loi, che fino ad oggi a mezzogiorno è il comandante italiano e sarà sostituito dal generale Carmine Fiore, arrivato ieri sera a Mogadiscio. Francesco Fornati A Mogadiscio un gruppo di somali infierisce su uno dei soldati nigeriani uccisi nell'agguato di ieri