Gli ex nemici d'accordo «Perdonare? E' realismo» di Maurizio Assalto

Wojtyla chiede ai baltici di «ripudiare la tentazione della vendetta che sempre conduce negli sterili labirinti dell'odio» Gli ex nemici d'accordo «Perdonare? E' realismo» VINTI DI IERI E VINCITORI DI OGGI E' vincitori né vinti»: così parlò Giovanni Paolo II, nella grande cattedrale di Vilnius, davanti al gregge lituano liberato dal giogo comunista. I vinti di ieri sono i vincitori di oggi, nel grande rimescolamento seguito al crollo deH'«Impero del Male». Ma, nello-spirito «della misericordia e della carità» evangeliche, dice Wojtyla, «vinti» e «vincitori» sono espressioni da evitare. Purché i vinti ricordino «che non basta adeguarsi alle mutate condizioni sociali: occorre piuttosto la conversione sincera e, se necessario, l'espiazione». Mentre ai vincitori «va rinnovata l'esortazione al perdono, perché si affermi la pace autentica». Come accolgono le parole di Giovanni Paolo II gli omologhi italiani degli schieramenti che si sono alternati nei ruoli in Lituania? «Il duplice appello del Papa è molto realistico - osserva il padre missionario Piero Gheddo -. Corrisponde a una preoccupazione che si dovrebbe sempre avere presente nei momenti di trapasso da un regime all'altro». Padre Gheddo, direttore della rivista Mondo e missione, recentemente ha toccato con mano una situazione simile a quella lituana: a febbraio è stato in Cambogia, Paese ancora scosso dalle convulsioni del dopo Pop Pot. «Laggiù la Chiesa cattolica è una piccola realtà, ma tutte insieme le varie religioni svolgono un'azio- ne concordante: rappresentano un sostegno per il passaggio pacifico dal sistema comunista a un sistema democratico. Dalle religioni viene una sola esortazione: nessuna vendetta, neppure verso i Khmer rossi. Ma gli ex comunisti, che ora si chiamano in un altro modo, partito del popolo, non devono limitarsi al cambiamento del nome: devono cambiare mentalità». E' lo stesso discorso che ha fatto Wojtyla. «"Né vincitori né vinti": mi piace moltissimo l'espressione del Papa» conclude padre Gheddo. Ma che cosa ne pensano quelli che stanno dalla parte dei «vinti», quelli che continuano a richiamarsi all'«anima autenti¬ ca» del comunismo, sopravvissuta al seppellimento del cadavere sovietico ormai inanimato? Sono pronti a espiare, come raccomanda Wojtyla? La parola allo storico Luciano Canfora, un irriducibile. «Come comunista mi sento tranquillo. Noto che Wojtyla a Vilnius non si è trovato di fronte Landsbergis, l'eroe della lotta al comunismo, ma il presidente Brazauskas, un ex comunista. Già questo dovrebbe farci riflettere sul fatto che è difficile dividere i vinti dai vincitori. La distinzione è dubbia perfino dopo una guerra, figuriamoci al termine di un'evoluzione storica». Conversione, espiazione? «Sono parole ben strane, allarmanti - osserva Canfora -. Allora bisognerebbe fare una lista che non finisce mai, da entrambe le parti. Bisognerebbe risalire al collaborazionismo filonazista lituano, che ebbe nelle sue file anche il padre di Landsbergis. E se c'è una forza storica che dovrebbe andare cauta nel raccomandare agli altri le espiazioni, questa è proprio la Chiesa cattolica...». «Non credo che i comunisti e postcomunisti italiani abbiano alcunché da espiare» concorda un'altra voce significativa, Giaime Rodano. Suo padre Franco fu in tempi lontani il promotore di quella linea di pensiero che attrasse molti intellettuali negli Anni 70, e che è stata sbrigativamente etichettata come «cattocomunismo». «In casa nostra Stalin non è mai stato un modello, nessuno di noi ha mai giustificato quel che avveniva in Urss» spiega Giaime Rodano. Però, aggiunge, «le parole del Papa non sono un appello generico: vincitori e vinti, Giovanni Paolo II esorta tutti a tenere conto che la situazione è ancora instabile, e basterebbe un nonnulla per farla precipitare. E' un invito a fare attenzione, a rispettare gli equilibri. Non vale soltanto per i lituani, ma per tutta quella parte di mondo che ha visto il crollo del socialismo reale». Maurizio Assalto Wojtyla chiede ai baltici di «ripudiare la tentazione della vendetta che sempre conduce negli sterili labirinti dell'odio» Qui accanto padre Piero Gheddo a destra lo storico comunista Luciano Canfora

Luoghi citati: Cambogia, Lituania, Urss, Vilnius