Marrinazzoli: primo non rubare
2. «Ma c'è anche chi crede che basti allontanarsi per ritrovare l'innocenza» Marrinazzoli: primo, non rubare II segretario ammonisce la de del Meridione ROMA DALLA REDAZIONE «Non rubare»: fa una certa impressione vedere il segretario della de sul palco di Ceppaloni, di questo ultimo feudo della de di una volta, rivolgere ai capi di quel che è rimasto del potere democristiano, un ammonimento così diretto. E' un impatto forte anche perché il segretario lo fa sintetizzando in quella parole a modo suo le 48 pagine del documento della de del Sud a cui Clemente Mastella e Francesco D'Onofrio hanno dedicato tutte le loro ferie: «Ho letto il documento che avete elaborato e lo traduco in termini bresciani. Il primo comandamento che riguarda il nostro partito è: non rubare. Non rubare danari, non rubare potere, non rubare voti, non rubare fiducia, non rubare speranza». Parole che contengono quasi un consiglio sprezzante del segretario a questi eredi diretti della vecchia de: più che che cianciare su «gabbie salariali» o su «porti franchi» dovete cambiare i metodi di potere. Eh sì, nella tana del lupo, nel luogo di appuntamento dei custodi dello spirito della vecchia de, Martinazzoli non sacrifica niente alla diplomazia: descrive il nuovo partito, la nuova de come l'esatto contrario di quello che è sempre stata la de del Sud. Arriva anche a pronunciare una parola a cui i de di queste parti da sempre sono allergici, «opposizione». «Il nuovo partito - spiega - dovrà avere meno inerzia, non avere la paranoia del potere ma valere per le proposte. Faremo alleanze con chi è d'accordo con noi, diversamente andremo all'opposizione, certo non andremo mendicando l'elemosina». Né il segretario della de concede nulla alle proposte lanciate di volta in volta in questi giorni da Ceppaloni. La prima idea di Mastella e i suoi di un possibile dialogo con la Lega, Martinazzoli l'aveva archiviata ancor prima di arrivare a Ceppaloni. La seconda, mettere insieme tutto quello che è rimasto dei vecchi partiti di governo dal psdi al psi, al pli, il segretario della de la scansa invece appena ci mette piede. «Il centro - dice il segretario de - non è l'occupazione di una posizione centrale di mediazione... questa alleanza si costruisce senza chiamare a raccolta i superstiti di altre stagioni». Per non parlare, poi, dell'ultima mossa escogitata da queste parti, quella di far saltare la finanziaria se la Lega e pds decideranno di votare contro. Anche su questo punto il segretario ri chiama all'ordine Mastella e gli altri: «Anche se si tratta di una medicina amara noi approvere mo la finanziaria anche se gli altri non ci stanno: poi succeda quello che deve succedere». Eppure malgrado dica «no» a tutto e si presenti nei panni del fustigatore, Martinazzoli è ac colto bene dagli eredi più diretti del vecchio partito. Certo dietro a questo atteggiamento c'è il ri flesso condizionato di gente ere sciuta all'ombra della vecchia de, alla scuola del buon viso e del cattivo gioco. Ma forse può anche esserci un motivo più sottile, più convincente. In fondo almeno su un punto Martinazzoli dà ragione a questi poveretti che Rosy Bindi vorrebbe veder cacciati a calci dal partito: il nuovo partito popolare ha bisogno anche di loro: senza di loro la de già non esisterebbe e il nuovo partito al massimo sarebbe una scommessa. Un'analisi realistica che spinge il segretario a garantire a questi eredi diretti del vecchio partito una cittadinanza anche nel nuovo. Ecco perché Martinazzoli fa di tutto per rimuovere il clamore di queste settimane, le polemiche al vetriolo tra gli «arruffoni» di Ceppaloni e i «puri e duri» di Lavarone. Il segretario fa finta di non vedere queste due nuove correnti nate dalle ceneri delle vecchie. In ogni caso è pronto a scommettere che possono coesistere e sicuramente lui non caccerà nessuno. Su chi, invece, minaccia di andarsene esprime lo stesso giudizio che da mesi dà su Mario Segni: «C'è gente che crede che i traslochi siano dei battesimi, che crede che basti allontanarsi dalla de per ritrovare l'innocenza». Così alla fine proprio da Ceppaloni lancia un ammonimento che questa volta vale per tutti per Mastella e per la Bindi: in un momento in cui la de, o meglio il nuovo partito popolare, si sta giocando la sua sopravvivenza l'unica cosa che non può permettersi è questo continuo logorio di tensioni, polemiche, dispute interne. «Abbiamo bisogno ha spiegato - nei prossimi mesi di una straordinaria unità che non può essere una transazione delle nostre convenienze». «Approveremo la legge finanziaria e poi succeda pure quel che . deve succedere» Clemente Mastella Mino Martinazzoli e Rosy Bindi «A Mino dico: o si cambia davvero . o lo scontro è inevitabile»
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