Il governo «libera» il portavoce dei curdi

Era venuto a Roma per trattare il rilascio dei 2 ostaggi. Sul suo caso lite fra Andreatta e Mancino Era venuto a Roma per trattare il rilascio dei 2 ostaggi. Sul suo caso lite fra Andreatta e Mancino Il governo «libera» il portavoce dei curdi Conso chiede la revoca dell'arresto ROMA. Il ministro della Giustizia Conso ha chiesto la revoca dell'arresto di Ali Sapan, il portavoce curdo venuto in Italia per trattare la liberazione degli ostaggi e arrestato giovedì dalla | Digos su mandato di cattura internazionale. Così, a tarda sera, il governo ha finalmente messo fine alla «lite tra comari» che si era scatenata ieri tra il ministro degli Esteri Andreatta e il ministro dell'Interno Mancino sul caso Sapan, con il sottosegretario Formigoni che s'inseriva nella rissa rivelando l'esistenza di una trattativa segreta che a suo avviso stava portando al rilascio degli ostaggi. L'arresto di Sapan, giovane portavoce del Fronte nazionale per la liberazione del Kurdistan (Ernk), era stato convalidato in mattinata dalla corte d'appello di Roma. A quel punto il governo Ciampi ha capito che il groviglio rischiava di trascinarsi per settimane con conseguenze politiche e diplomatiche imprevedibili. Il Guardasigilli ha chiesto alla corte la revoca della custodia cautelare, sostenendo che i reati contestati a Sapan «risulterebbero prescritti» secondo la legge italiana. Adesso toccherà alla Farnesina, già impegnata in delicatissime manovre per ottenere la liberazione degli ostaggi, spiegare ad Ankara perché il governo abbia lasciato andare Sapan, che in Turchia rischia una sentenza di 20 anni per attività sovversive. Nel frattempo sembra che l'unico risultato concreto di questo pasticcio all'italiana sia stato quello di ritardare il rilascio di Angelo Palego e Anna D'Andrea, i due italiani che il Pkk detiene da due settimane nelle montagne della Turchia orientale. Così la signora Palego, da Novara, ha deciso di rompere il silenzio di questi giorni rivolgendo un appello direttamente al presidente del Consiglio Ciampi affinché faccia tutto il possibile per ottenere la liberazione di suo marito. Ma per prima cosa Ciampi dovrà riportare un po' di calma tra i suoi ministri. «E' una que- stione che riguarda gli Interni e sulla quale è mancata ogni informazione agli Esteri», aveva protestato ieri mattina Andreatta a chi gli chiedeva come mai fosse stato arrestato Sapan. E Mancino, di rimando: «Mica l'abbiamo arrestato noi, c'è un ordine di cattura del giudice. E poi le forze dell'ordine non devono mica fare una tavola rotonda prima di decidere l'arresto». Poi ci aveva messo lo zampino anche Formigoni, il quale dichiarava di avere con i curdi «rapporti parecchio sviluppati». E aggiungeva, facendo balenare da¬ vanti ai cronisti l'ipotesi che una sua mediazione per la liberazione dei due ostaggi fosse già a buon punto: «Sapan è arrivato a Milano il 31 agosto e dopo due ore era già nel mio studio privato». E l'arresto di Sapan, naturalmente, aveva bloccato tutto, «compreso un mio possibile viaggio nel Kurdistan per concludere la vicenda». Anche Piero Fassino aveva in programma un incontro con Sapan per tentare di sbloccare la situazione. Ma il giovane curdo era stato portato via prima che si fossero visti. «E' sconcertante l'approssimazione con cui appare gestita questa vicenda», ha commentato il responsabile esteri del pds. Prima di venire in Italia, Sapan aveva preannunciato, attraverso un suo portavoce a Roma, che avrebbe incontrato i giornalisti presso l'Associazione della stampa estera. Non soltanto è entrato nel Paese senza difficoltà ma dal suo arrivo martedì fino alla conferenza stampa di giovedì Sapan si è mosso liberamente. Solo dopo l'incontro con la stampa sono scattate le manette. Perché la Digos si è mossa in un momento così poco propizio? La spiegazione è questa: il giudice Franco Ionta, che aveva aperto un'indagine contro ignoti per il rapimento dei due italiani, ha visto Sapan in televisione mentre parlava ai giornalisti e ha mandato la polizia per capire chi fosse e se avesse i documenti in regola. Gli uomini della Digos hanno scoperto che Sapan era entrato regolarmente in Italia con un «titolo di viaggio» rilasciato dalle autorità francesi in cui era specificato il suo status di rifugiato politico. Ma sono anche venuti a sapere che nei confronti di Sapan c'è un mandato di cattura internazionale spiccato dall'autorità giudiziaria turca il 13 aprile scorso. E così lo hanno arrestato. Ad Ankara le autorità turche si sono subito fregate le mani per questa cattura insperata. E hanno fatto sapere all'ambasciatore italiano Luigi Fontana Giusti che avrebbero inviato al più presto l'incartamento per ottenere l'estradizione di Sapan. Che fare, allora? Concedere l'estradizione, compromettendo la sorte dei due ostaggi e provocando una violenta reazione in Parlamento, dove i sentimenti procurdi sono ormai ben radicati, oppure lasciarlo andare, anche al rischio di creare un incidente diplomatico con la Turchia, che alla fine è pur sempre un Paese della Nato, un alleato? C'era sempre la possibilità che la corte d'appello di Roma non convalidasse l'arresto, tirando d'impaccio il governo. Ma così non è stato e dopo lunghe consultazioni il Guardasigilli decideva la revoca. Andrea di Robilant Appello a Ciampi della moglie di un rapito Da sinistra: i ministri Nino Andreatta e Nicola Mancino, Ali Sapan, il curdo arrestato, e i due rapiti: Angelo Palego e Anna D'Andrea