«I soldati neri per l'esercito dei boss» di Giovanni Bianconi

«I soldati neri per l'esercito dei boss» Dopo l'allarme di Gianni De Gennaro, si allunga la lista di neofascisti tornati in attività «I soldati neri per l'esercito dei boss» Così i terroristi di destra si riciclano nella criminalità IL «GOLPE» DI COSA NOSTRA LROMA O arrestarono nel dicembre del '79, pochi minuti dopo l'omicidio di Antonio Leandri, un ignaro geometra scambiato per un avvocato che i terroristi neri volevano uccidere perché considerato «infame». Antonio D'Inzillo era il più giovane del «commando», non aveva ancora compiuto 17 anni. Mentre aspettava di essere interrogato, in questura, si rivolse ad un funzionario: «Ma facciamo tardi?. Perché se si va oltre le nove dovrei avvertire a casa». Quel terrorista neofascista poco più che adolescente, che si preoccupava di avvisare i genitori perché tardava mentre lo stavano per accusare di omicidio, al processo di primo grado si prese una condanna a 15 anni di galera. Poi uscì e venne arrestato altre volte. Nell'89 fu coinvolto in un tentativo di evasione di alcuni «camerati» detenuti, un anno fa gli agenti della Digos gli trovarono in casa munizioni, documenti falsi, un po' di droga, una divisa da carabiniere e il materiale per falsificare targhe e telai di auto- mobile. Scarcerato ancora una volta Antonio D'Inzillo, che oggi ha 33 anni, è attualmente latitante, inseguito da un mandato di cattura per i suoi legami con la «banda della Magliana», l'organizzazione criminale romana smantellata dalle dichiarazioni del «pentito» Maurizio Abbatino. Un classico esempio di terrorista di destra riciclato nella criminalità comune di alto livello una volta svaniti i furori della lotta politica. E' a personaggi come D'Inzillo - anche se sul suo conto non c'è al momento alcun elemento che lo colleghi a Cosa Nostra e ai recenti attentati - che gli investigatori fanno riferimento quando parla¬ no di possibile presenza, accanto alla mafia, di «schegge dell'eversione di destra» e «altre componenti criminali» dietro le bombe di Roma, Firenze e Milano; una storia esemplare per capire quale miscela eversiva può destare l'allarme sui progetti golpisti e di destabilizzazione a cui ha accennato il direttore della Dia De Genna¬ ro nell'intervista a La Stampa e nel rapporto sulla nuova strategia della tensione. Non un nuovo gruppo armato organizzato, quindi, ma vecchi (anche se all'epoca giovanissimi) esponenti del terrorismo nero che hanno riallacciato o mantenuto i legami con la criminalità per continuare a «lavorare». Era già scritto in una relazione dell'alto commissariato antimafia del 1989: «Gli elementi più rappresentativi del neonato "spontaneismo armato" di destra si trovarono nella necessità di contattare l'ambiente dei ricettatori, per riciclare il provento delle rapine a danno soprattutto di gioiellerie. Tali rapporti, in breve tempo, divennero talmente stretti che si arrivò anche a "scambi di favori per omicidi"». Un altro esempio di questo riciclaggio è Massimo Carminati, classe 1958, già militante dei Nar e poi della «Magliana». Carminati è tornato in carcere qualche mese fa, su ordine dei giudici di Bologna: fu lui, secondo le dichiarazioni di Abbatino, a prelevare dall'arsenale della «banda della Magliana» il mitra che poi fu ritrovato sul treno Taranto-Milano insieme ad esplosivo ed altri documenti; un'operazione di depistaggio sulla strage di Bologna del 1980 per la quale sono stati condannati due ex agenti del1 Sismi iscritti alla Loggia P2 di Gelli. Giovanni Bianconi La storia di un militante dei Nar «assoldato» per trafugare esplosivi II capo della Dia, Gianni De Gennaro. A fianco l'ex capo della P2. Licio Celli

Luoghi citati: Bologna, Firenze, Milano, Roma, Taranto