Dc cercasi uomo per il Campidoglio

Martinazzoli adesso penserebbe a un «laico» come Amato o Arrigo Levi Buttiglione, dopo la rinuncia, lancia una proposta: «Il sindaco esemplare? Il rabbino Toaff» De, cercasi uomo per il Campidoglio Non trova un candidato nella città del Papa ALLA RICERCA CHE NON CE' IROMA 0 un candidato sindaco per Roma, un sindaco esemplare e religioso, ce l'avrei: il rabbino Toaff, un uomo limpido e degno. Temo purtroppo che lui non se la senta per motivi d'età, ma la sua candidatura sarebbe quello che ci vuole per dare a Roma un sindaco che, in quanto uomo di religione, è dei nostri; in quanto ebreo rappresenterebbe la miglior risposta ai rigurgiti di antisemitismo e sarebbe anche un modo degno per celebrare il cinquantesimo anniversario dell'8 settembre». Chi è che lancia questa idea? Sorpresa: è il professor Rocco Buttiglione, l'intellettuale cattolico che è considerato uno dei più ascoltati consiglieri del Papa, con cui condivide spesso la frugale cena di ovoline di bufala e insalata di lattuga. Rocco Buttiglione è nella sua casa romana dove vive con moglie, figlia, pipa e cane Theo, al quale è legato da un'amicizia che un animalista potrebbe considerare esemplare. Theo, mi dice Buttiglione, sta finalmente per sposarsi con una giovane lupacchiotta di buona famiglia. Ma è l'unica cosa certa, da queste parti. Un gran mistero democristiano si sta gonfiando tra piazza del Gesù e il Campidoglio, in quelle stesse strade e in quelle piazze dove in un recente passato deputati e monsignori camminavano, parlottavano, alzavano gli occhi al cielo e sceglievano il nome del candidato de a sindaco con qualche mese di anticipo. Questa volta il candidato non c'è. Nella città del Papa, la de non trova un suo uomo da lanciare alla conquista del Campidoglio. Si sa che cosa è successo con Buttiglione: quando si presentò al Meeting di Rimini martedì scorso, accolto da clamorosi applausi senza fischi (a differenza di quanto era capitato agli altri oratori) quando si è trovato di fronte a una candidatura come sindaco di Roma. La candidatura fu proposta da don Liegro della Caritas, il quale aveva già sponsorizzato Francesco Rutelli: tanto che qualcuno ricordò a don Liegro il fatto che avesse già dato il suo sostegno al candidato verde-radicale. Contestazione alla quale don Liegro avrebbe risposto dicendo che il suo sostegno a Rutelli era stato soltanto un gesto di solidarietà per motivi di amicizia familiare, ma che non aveva dubbi sul fatto che Roma dovesse avere possibilmente un sindaco cattolico o gradito ai cattolici. Ed è questo il punto: cattolico o gradito ai cattolici. Se non valutiamo male le informazioni che abbiamo raccolto specialmente negli ambienti ecclesiali (quasi tutte vincolate dall'anonimato) la strategia democristiana, o meglio quella di Mino Martinazzoli in silenziosa sintonia con il cardinale Ruini, dovrebbe essere proprio questa: dopo aver fatto tutti i tentativi possibili per avere un candidato di area cattolica, l'ex partito di maggioranza relativa farà ricorso a un candidato non cattolico. In una rosa con due soli petali: Giuliano Amato e Arrigo Levi. E Buttiglione? Come mai la sua candidatura non è passata? Come mai, malgrado l'intervento sapiente e felpato di un uomo centrale in Comunione e liberazione, come don Giacomo Tantardini, il nome di Rocco Buttiglione, il nome cioè di un «uomo del Papa» è stato liquidato? Secondo una versione maliziosa dei fatti, Martinazzoli avrebbe stoppato l'indicazione partita da Pamini, perché puntava fin dall'inizio su una personalità laica ma gradita ai cattolici come Amato (socialista, ma di sentimenti antiabortisti) o come Arrigo Levi, giornalista di chiara fama e di origine ebraica. La versione sdrammatizzata è quella che però ci dà lo stesso Buttiglione: «Io ho subito detto un chiarissimo no. Ma i giornali hanno voluto interpretarlo come un "ni" e un "pregatemi, e farò il sindaco". Appena ho visto l'intervista di Pierferdinando Casini che mi proponeva, ho subito telefonato a Martinazzoli per dirgli che non potevo accettare in ogni caso. Il mio lavoro universitario me lo impedisce. Se me lo chiedesse, avrei un sacco di difficoltà a dirgli di sì...». E Martinazzoli glielo ha chiesto? No, risponde Buttiglione e conferma che Marinazzoli «ha un progetto politico più ampio, che per Roma prevede altre cose». E poi lo stesso intellettuale amico del Papa conferma che «Amato sarebbe la persona più adatta». D'altra parte, fa osservare, Martinazzoli deve venire a Roma il 7 settembre per sciogliere le sue riserve e pronunciare ufficialmente il nome del candidato. Ed ecco il punto: mancano poche settimane allo scontro elettorale e la de non è riuscita a tirar fuori dal cilindro un candidato cattolico. In compenso, mai come alla vigilia di queste elezioni è apparso evidente e quasi palpabile l'interesse della Chiesa, del Vaticano, della Cei, per la sorte amministrativa di Roma. Un uomo di elevata esperienza mi affida questa previsione che è in realtà un programma: «Il segretario della democrazia cristiana renderà noto il nome del suo candidato e il giorno dopo, o poco più tardi, sua eminenza il cardinale Ruini, che ama parlare formalmente e ufficialmente, esprimerà il suo appoggio a questo nome. Segno, come può ben capire, che quel nome rappresenta l'esito di un accordo». Marco Pannella qualche giorno fa se ne uscì con una proposta stravagante e provocatoria, che equivaleva a ripristinare almeno in parte lo Stato della Chiesa, così da co-gestire la città fra laici ed ecclesiastici. Probabilmente il leader radicale, che sostiene Francesco Rutelli, voleva con questa curiosa idea di «Tevere allargato» dire più o meno: se il Vaticano ha deciso di giocare la sua parte in politica, benissimo, lo faccia alla luce del sole e noi siamo anche disposti ad aiutarli. Già, ma aiutare chi, Oltretevere? Il Papa è certamente interessato alla questione e probabilmente avrebbe fatto il tifo per il suo teologo e frugale commensale, se le sorti di Roma avessero per lui un valore enorme. Ma così non è: la questione romana interessa la gerarchia cattolica italiana, ma lascia Sua Santità piuttosto freddo. E la gerarchia ha voluto bloccare in partenza la proposta di Buttiglione sindaco, che è certamente una trovata ciellina e romana, probabilmente frutto di un calcolo molto astuto al quale lo stesso Buttiglione è estraneo. Quella proposta nasceva infatti in un giro romano sul quale ha sempre esercitato la sua massima influenza don Giacomo Tantardini, eminenza grigia di Comunione e liberazione a Roma, vale a dire di quel potentato che confluì con Sbardella nel «Caf», di cui Carraro, sindaco socialista e imposto da Craxi, era in pratica un passivo esecutore di ordini. In quella cir¬ costanza, o meglio a quei tempi, l'area cattolica controllata da Tantardini riuscì a imporre il trionfo elettorale di quel «signor nessuno» che era il candidato Garaci, ex presidente dell'Università romana di Tor Vergata. Tantardini quando viene indicato come un abile manovratore politico in genere si risente e ribadisce di essere soltanto un pastore d'anime. Fra le sue anime predilette, tutta¬ via, c'è stato l'outsider Giubilo nell'epoca in cui tutta quest'area faceva capo a Giulio Andreotti, con Sbardella che fungeva da terminale d'affari, mentre Bucarelli esercitava le funzioni di capo operativo di CI a Roma. D'altra parte don Giacomo Tantardini avrebbe organizzato questa volta la candidatura Buttiglione non perché fosse un suo sfrenato ammiratore, ma più probabilmente per dar prova di forza politica: ha rispolverato la candidatura lanciata da Casini e l'ha fatta diventare una spina nel fianco di Martinazzoli che si trovava di fronte a due alternative. La prima era di accettare la candidatura Buttiglione esponendo se stesso ad una grave sconfitta politica se l'elezione dell'intellettuale cattolico fosse fallita, e consentendo che una sua vittoria tornasse ad essere una vittoria della vecchia e manovriera CI romana. La seconda alternativa del segretario de era quella di rinun- ciare a Buttiglione e anzi rinunciare del tutto a una candidatura propriamente cattolica, per ripiegare su quella di un laico gradito ai cattolici. In questo secondo caso il settore di CI ex andreottiano avrebbe avuto (e teoricamente ancora avrebbe) un ampio spazio per accusare il segretario de di svendere il potere dei cattolici e di preferire l'accordo con dei laici a una forte campagna per dare a Roma un sindaco cristiano e democristiano. Le cose sono però andate diversamente: prima di tutto Rocco Buttiglione non ha voluto saperne di una candidatura che non avesse l'avallo e l'appoggio convinto del segretario de, il quale gli è stato grato di essersi fatto da parte con eleganza e convinzione. In secondo luogo deve essere intervenuto davvero il Vaticano, 0 almeno la gerarchia cattolica e i vescovi italiani, che hanno giudicato pericoloso il tentato colpo di mano dei ciellini romani e interessante il progetto laico-cattolico ad ampio respiro di Martinazzoli. Questo atteggiamento prevede, al momento opportuno e nelle forme dovute, una sorta di «imprimatur» sulla candidatura che potrebbe essere quella di Giuliano Amato o, caso molto meno probabile ma non del tutto escluso, De Rita. Questo dicono le voci sussurrate Oltetevere, questo promettono 1 tam-tam della nuova de. Ma nella vecchia de, intanto, qualcuno scalpita. «Mi dicono che non troviamo un buon cattolico pronto a caricarsi in spalla il partito, portandolo a salire il Calvario del Campidoglio fino alla vittoria - si lamenta da lontano Franco Evangelisti, governatore di Roma nell'età dell'oro andreottiana -. Ma questa storia non sta né in cielo né in terra. Qui non capiscono una cosa fondamentale: se ci svegliamo, a Roma vinciamo noi. Ve 10 dico io che di sindaci ne ho fatti quattro. Adesso, visto che tutti stanno fermi, mi viene voglia di fare il quinto. E che ci vuole? Si riunicono gli amici, si sceglie un nome, si inventa un signor nessuno. Poi si battono le mani, il partito si muove, la corsa comincia. E 11 Vaticano, creda a me, ci viene dietro». Paolo (Suzzanti E il vecchio Evangelisti «Io di sindaci ne ho fatti quattro. Che ci vuole? Basta riunire qualche amico...» Martinazzoli adesso penserebbe a un «laico» come Amato o Arrigo Levi A sinistra del Cupolone Rocco Buttiglione Qui accanto don Giacomo Tantardini A sinistra Franco Evangelisti Sopra, il giornalista Arrigo Levi A sinistra, il Campidoglio Sopra, il candidato Francesco Rutelli In basso, l'ex premier Giuliano Amato