Martinazzoli: amici del Sud è Bossi l'uomo da battere di Augusto Minzolini

Una statistica a fumetti «smaschera» anche Occhietto e Forlani Il segretario polemizza a distanza con Mastella e i suoi, attacca la Lega e apre a Segni Martinazzoli: amici del Sud è Bossi l'uomo do battere LAVARONE DAL NOSTRO INVIATO In una sala dove regna un silenzio da preghiera senti solo la voce di Federico Sciano, astro nascente del TG1 targato Martinazzoli, che parla a suo modo di politica. Lo sguardo è quello rapito dell'asceta mentre il discorso si dispiega tra parabole e frasi evangeliche. «Sopra l'uomo c'è solo Dio - dice - e non è una divinità il denaro, lo Stato... L'uomo è al centro del mondo, ma il mondo ha i suoi limiti... Chi come noi crede in Dio crede anche nel demonio...». La platea lo segue più o meno attenta. Tina Anselmi ci tiene a far sapere al vicino che «Sciano è un focolarino», mentre Coloni, sottosegretario al Tesoro si lascia scappare un apprezzamento che nasconde una grande dose di ironia: «E' davvero un poeta». Quanto è lontana la de di Lavarone da quella di Ceppaloni. Qui si usa il linguaggio dei monasteri o dei professori, è vietata ogni frase di colore. Laggiù, invece, a Ceppa1 Ioni, da giorni tentano invano di convincere Giovanni Alterio, uno degli oratori che saliranno sul palco del comizio di chiusura, a non usare un complimento che ha in serbo da un paio di settimane per Martinazzoli: «Mino è n'orno che chiagne e fotte». Sì, nel covo dei «duri e puri» del nuovo partito popolare, la de del Sud, la corrente di Mastella è quasi disprezzata. E quassù lo stesso Martinazzoli deve essere secco nel liquidare le teorizzazioni di Mastella: «Basta con questa immissione di tossine nel nostro dibattito interno. La Lega è esattamente il contrario di quello che vogliamo fare noi in politica. Non c'è possibilità di confusione, di minor resistenza. La Lega è il nemico, l'avversario da battere». No, a Lavarone Martinazzoli deve guardare su ben altri versanti, magari verso Segni ed Ad: «Ho letto sui giornali quello che Segni considera il programma di Alleanza democratica. Bene io ci sto. Adesso Segni deve spiegare perché continua a non voler parlare con la de. Considero Ad un nostro interlocutore naturale, ma credo che le difficoltà nel dialogo con loro nascano dalla pretesa di Segni di essere l'erede della de. La de esiste ancora». E andando oltre: «io per moderato intendo una visione moderata della politica. Questo soltanto. Non accetto però il termine progressista se questo qualcuno lo determina dalla vicinanza o dalla lontananza dal pds». Discorsi, parole d'oro per quella platea che considera i lontani cugini di Ceppaloni uno scherzo. Sergio Mattarella liquida con un secco «sono matti» l'ultima idea di Mastella e soci, quella di non votare una finanziaria lacrime e sangue. Rosy Bindi, invece, è inviperita per quella battuta di Mastella che l'accusa di essersi portata die¬ tro la claque a Ceppaloni. «Ma io dice - ho più ammiratori nella de di laggiù che qua. Io non faccio un giro da quelle parti solo per rispetto. Ma come fa Mastella a dire che mi porto dietro le truppe! E' fuori di senno, basta pensare che ha attaccato anche Cananzi, l'ex presidente dell'Azione Cattolica». Proprio non si capiscono, proprio non si intendono quelli di Lavarone e quelli di Ceppaloni. «Come il mare e la montagna» scherza Guido Bodrato. E come potrebbero? Qui a Lavarone l'ospite d'onore sono il pds e Alleanza Democratica, mentre a Ceppaloni è la Lega. Se giù sarebbero pronti anche a votare per il generale Angioni al Comune di Roma, a Lavarone an- che la candidatura di Susanna Agnelli è considerata troppo conservatrice: «Come può - chiede l'immancabile Ardigò - un partito popolare candidare un Agnelli? Meglio Andrea Riccardi, l'uomo della comunità di Sant'Egidio». Seguito da una Rosy Bindi ancora più drastica: «Non mi sembra che quella sia la candidatura più adatta, io avrei preferito di gran lunga Pierre Camiti». A Ceppaloni Mastella teorizza alleanze elettorali anche con l'msi. Qui sui monti non sono pochi quelli che storcono il naso quando Martinazzoli descrive il partito popolare come una forza «moderata». «Non dovremmo - consiglia Ardigò - confondere partito popo¬ lare con partito progressista, nel senso giacobino, ma ancor meno dovremmo confondere partito popolare con partito moderato». Già, sono proprio diversi, come una volta la sinistra de e i dorotei. E malgrado lo neghino, anche qui a Lavarone, come a Ceppaloni, sta nascendo un altro gruppo, l'altra corrente del nuovo partito popolare. E non è un caso che gli altri, gli «impuri», non siano stati neanche invitati quassù «non avevamo gli indirizzi» è la scusa un po' ingenua che si inventa uno degli organizzatori, Luciano Azzolini. In realtà anche nel «nuovo partito» ormai sono state fatte le squadre, tutti sanno quali sono gli amici e quali sono gli avversari. Ma chi è venuto sui monti? Da capi storici della sinistra de come Bodrato e Mattarella, a vecchi nomi come Francesco Gui. Da «pasionarie» di ieri come Tina Anselmi a «pasionarie» di oggi come Rosy Bindi. E poi vecchi_«giovani ribelli» della de di ieri, 'come Ardigò e Gorieri e nuovi aderenti come il giovane Bachelet. E, naturalmente, ci sono anche nuovi acquisti: ex andreottiani come Nino Cristofori («sono più vicino a quelli di Lavarone che non a quelli di Ceppaloni») o ex forzanovisti come Luciano Faraguti. E tanto per far capire chi comanda nel nuovo partito Coloni a nome di tutti fa sapere ai cugini di Ceppaloni: «A Lavarone c'è il cuore di Martinazzoli». Augusto Minzolini Nessun invito a Ceppaloni «Non avevamo gli indirizzi» II segretario de Mino Martinazzoli (sopra). A lato, il ministro per le Riforme istituzionali Leopoldo Elia