Microspie tre rinviati a giudizio

Microspie, tre rinviati a giudizio Sorpresi a tenere sotto controllo il segretario dell'amministratore delegato Microspie, tre rinviati a giudizio Accusati di intercettazioni abusive alla Sitaf Tre richieste di rinvio a giudizio per la vicenda delle microspie alla Sitaf. Il 22 ottobre compariranno all'udienza preliminare Paola Trovati, l'impiegata Laura Negro e i due tecnici elettronici Sergio Milone e Claudio Cavallaro. Per tutti l'accusa è di intercettazioni abusive. La donna, dipendente della società dagli Anni 70, era stata sorpresa una notte davanti al centro Piero della Francesca dove ha sede la Sitaf, assieme ai due tecnici, «collaboratori esterni» di un'agenzia investigativa. I due erano stati incaricati dalla Negro di registrare le emissioni delle microspie poste nell'ufficio del segretario dell'amministratore delegato Froio, Antonio Mazzotta. Avevano noleggiato un camper e lo avevano parcheggiato davanti alla Sitaf: nel veicolo avevano piazzato le apparecchiature di ascolto, magnetofoni e videoregistratori, in collegamento radio con il microfono e la telecamera nascosti nell'ufficio di Mazzotta. I- due tecnici, assistiti dall'avvocato Castrale, furono fermati e poi rimessi in libertà perché ammisero subito di aver ricevuto l'incarico dall'impiegata. Laura Negro, difesa dall'avvocato Zancan, finì in carcere. Al magistrato ha fornito questa spiegazione: «In quel periodo la Sitaf era nel mirino della magistratu- ra per alcune inchieste. C'era il sospetto in società che qualcuno passasse notizie all'esterno. Io volevo scoprire se c'era una talpa». Una tesi che non ha convinto il pm: l'ultima parola spetta ora al gip Trovati. Laura Negro era stata coinvolta e poi scagionata nello scandalo Zampini. Era diventata la segretaria di Rosario Di Bella, direttore di esercizio dell'autostrada. Di Bella nel novembre '92 era finito in carcere per peculato e corruzione. Più di uno aveva affacciato l'ipotesi che il dirigente fosse finito nei guai perché «tradito» da qualcuno all'interno della Sitaf. La sua segretaria voleva scoprire il «traditore»?