Scorsese: raccontando un amore terribile

«L'età dell'innocenza» ha inaugurato ieri il Festival. In concorso un polacco di 31 anni «L'età dell'innocenza» ha inaugurato ieri il Festival. In concorso un polacco di 31 anni Scorsese: raccontando un amore terribile Un'impossibile passione ottocentesca tra i grandi ricchi di New York VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Ahi: la Mostra del cinema, cinquantesima edizione a sessantun anni dalla nascita, s'è aperta con due film tratti da opere letterarie preesistenti, due storie di amore terribile. «L'età dell'innocenza» (The Age of Innocence), dal romanzo scritto nel 1920 da Edith Wharton (editore Corbaccio) e ambientato intorno al 1870 nella High Society di New York alla quale l'autrice apparteneva, primo e sinora unico film di Martin Scorsese sui grandi ricchi e su un'impossibile passione romantica, non è riuscito: per quanto ben fatto, si capisce, lussuoso, grandioso, benissimo interpretato da Daniel Day-Lewis, Michelle Pfeiffer e Winona Ryder, fin troppo accurato nella ricostruzione d'epoca ottocentesca, con momenti memorabili, idee di regìa belle e un'ammirevole fotografia di Michael Ballhaus. Edith Wharton ha raccontato la vicenda di una doppia possessione. Il giovane legale protagonista, fidanzato e poi sposato con una ragazza socialmente perfetta, è prigioniero volontario delle regole, dei pregiudizi, del formalismo e delle ipocrisie della sua classe, delle convenzioni adottate e inflessibilmente rispettate per autoconservazione: affettazione, reticenza, languida distinzione, cerimoniali precisi, tranquilla prepotenza, esclusione dei violatori di quell'ordine stabilito da sempre perché duri per sempre. E' contemporaneamente prigioniero involontario della passione per una donna affascinante, malconsiderata per l'indipendenza, gli errori, la franchezza e l'esotismo della sua vita. Nel conflitto vince la classe («Non posso averti se non rinunciando a te», dice anche l'amata), perde l'amore: e la memoria di quella passione repressa, di quell'ossessione erotica rimossa, durerà per tutta l'esistenza di lui come una cruciale occasione perduta, come il rimorso d'un coraggio mancato o il rimpianto di non aver vissuto. La storia dell'amore tra uomo d'ordine e donna del di- sordine è, nel romanzo di Edith Wharton, la struttura narrativa di un'analisi esatta, spietata e ironica dei costumi delle grandi famiglie che alla fine dell'Ottocento rappresentavano il potere sociale e mondano a New York, dell'unica aristocrazia che l'America abbia avuto. Facendone un film con molta fedeltà (parti del romanzo vengono pure lette), Martin Scorsese ha commesso un doppio tradimento. Ha distanziato e gelato l'emozione amorosa, riservando ardore e tensione a rare occasioni di sensualità. Nell'analisi del mondo dei grandi ricchi ha eliminato ogni ironia ed è rimasto all'apparenza, all'arredamento, all'esteriorità: le scenografie di Dante Ferretti e i costumi di Gabriella Pescucci sono storicamente impeccabili, ma per restituire una simile classe ci vuole quell'insieme di odio, conoscenza e amore dato dall'appartenenza, non bastano i fasci di rose gialle, le copie scrupolose di quadri, i tagliasigari, i guanti glacés o i bastoni da passeggio esaltati in macro¬ dettagli invadenti tutto lo schermo, né l'idea per niente nuova dei pranzi eleganti usati in funzione di scansione narrativa. Né basta accostare opera lirica e passione per essere Visconti. Sarebbe stupido dire il film non è riuscito perché la materia del romanzo di Edith Wharton è estranea a Scorsese: il regista ha avuto di recente scarti anche più decisivi, verso la cristologia del romanziere Nikos Kazantakis («L'ultima tentazione di Cristo») come verso la filmografia di Jack Lee Thompson («Cape Fear»). Magari, se «L'età dell'innocenza» si potesse considerare non come il racconto di un'impossibilità amorosa tra ricchi newyorkesi ottocenteschi, ma come la storia d'un regista prigioniero dei doveri, delle regole e delle coazioni del proprio lavoro, tentato dalla fuga, incapace di liberarsi... Dice una battuta sul protagonista: «C'erano momenti in cui si sentiva sepolto dal proprio futuro». Lietta Tornabuoni Nella foto grande Michelle Pfeiffer in «L'età dell'innocenza». A destra in alto ancora la Pfeiffer ieri pomeriggio al suo arrivo al Lido di Venezia. Qui sopra Maitin Scorsese sul set del film. In basso un'immagine del film polacco «Conversazione con l'uomo dell'armadio» di Mariusz Grzegorzek

Luoghi citati: America, Lido Di Venezia, New York, Venezia