Ora il sistema Italia deve fare la sua parte

F INDUSTRIA Ora il sistema Italia devefare la sua parte STAVOLTA i giapponesi siamo noi. Ogni lavoratore dello stabilimento di Melfi, quando sarà a pieno regime, produrrà in un anno 79 Punto complete, dalla targa al fanalino. Nei loro «transplants» europei i giapponesi non hanno saputo superare, almeno finora, le 74 auto per persona. Forse è questo il dato più impressionante tra i tanti che riempiono la «scheda tecnica» del progetto Punto. Un progetto sviluppato in tre anni: meno che in Giappone. Con oltre 5600 miliardi di investimenti complessivi, un record per la Fiat. La «concorrenza» per eccellenza stavolta non ha lezioni da dare. Era del tutto naturale che la presentazione della «Punto» avesse i toni propiziatori ed entusiasti che un simile evento prevede e richiede. Ma al di là dei «brindisi» di prammatica «corretti» da un sereno tocco di sobrietà - le ragioni per cui la Fiat crede nella vettura si riassumono nella consapevolezza di aver realizzato un prodotto assolutamente concorrenziale. Riuscirci, in un triennio così difficile per la congiuntura economica mondiale e per quella italiana in particolare, è stato difficile. Le polemiche sulla tempestività delle strategie Fiat, sulle politiche di prezzo, e quindi di redditività, seguite negli anni scorsi anche a discapito delle quote di mercato sono state roventi. Ma sta di fatto che proprio i concorrenti europei «premiati» negli ultimi mesi dalla crescita di penetrazione, stanno pagando amaramente, in termini di bilancio, l'eccessiva «generosità» nei prezzi. Con la Punto la palla torna alla Fiat. Il modello ha tutte le carI te in regola per restituire al I gruppo buona parte delle quote di mercato perdute in Italia ed ampliarle all'estero: in Francia e in Germania, oltretutto, la forza acquistata dal franco e dal marco renderanno i prezzi Fiat particolarmente appetibili. Paolo Cantarella ha insistito, ieri, nel definire la Punto come un «pezzo» del rinnovamento che la Fiat Auto ha realizzato in questi anni: nel modo di progettare, di produrre. Ed anche nel modo di vendere, di assecondare il cliente, quasi di «corteggiarlo». Vantare un avvenuto cambiamento implica un'ammissione: che cambiare occorreva. La Fiat l'ha fatto e la Punto lo dimostra, insieme all'intero piano di investimenti e di rinnovamenti. Il successo di questo rinnovamento dipende, naturalmente, anche dai tempi e dall'intensità di una ripresa economica che molti attendevano già per il secondo semestre di quest'anno ed invece non è ancora iniziata. Ma il rinnovamento c'è stato. La Fiat doveva progettare e produrre macchine di nuova concezione, doveva superare il «vecchio» e offrire al mercato il «nuovo». Ora il nuovo è in vetrina. E mentre il mercato lo valuta, il messaggio lanciato dalla più grande azienda privata italiana è che cambiare non solo si deve ma si può. Che di imprese sane in Italia ce n'è ancora, la Fiat è una di queste, e sanno fare il loro mestiere. Se anche l'Azienda Italia ricorderà come si fa il mestiere di «sistema Paese», e smetterà di imporre alle proprie imprese oneri economici e inefficienze strutturali che nessuna nazione concorrente propina alle sue, il «nuovo» della società e della politica italiana diventerà anche un «nuovo» dell'economia di mercato. Sergio Luciano ino^J

Persone citate: Paolo Cantarella, Sergio Luciano

Luoghi citati: Francia, Germania, Giappone, Italia, Melfi