Caschi blu prigionieri a Mostar

Le tre delegazioni bosniache a Ginevra per una risposta finale al piano di pace Le tre delegazioni bosniache a Ginevra per una risposta finale al piano di pace Caschi blu prigionieri a Mostar Usati come scudi dai musulmani ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO «Non sono più i civili a bloccare il convoglio dell'Unprofor a Mostar, ma è l'esercito musulmano che tiene in ostaggio il comandante Angel Morales e i Caschi blu spagnoli che scortavano i soccorsi umanitari». Dopo quattro giorni il portavoce del contingente spagnolo delle forze di pace dell'Orni, sergente Rafael Saenz De Tejada, ha cancellato ogni dubbio sulla permanenza forzata dei Caschi blu nella parte di Mostar controllata dalle forze musulmane. Dopo che il personale civile dell'Alto Commissariato per i profughi è stato rilasciato insieme ai 19 camion che hanno trasportato gli aiuti ai musulmani, l'esercito bosniaco ha trattenuto 12 blindati dell'Unprofor e i soldati del battaglione spagnolo che hanno portato a termine l'operazione soccorsi. Giunto a Mostar dopo settimane di attesa, il convoglio umanitario doveva ripartire giovedì mattina. Ma centinaia di persone hanno impedito il suo passaggio. Un giorno e mezzo sono durate le trattative con le autorità musulmane per il rilascio del personale civile del convoglio. Ma i Caschi blu che lo scortavano sono stati presi in ostaggio, come scudo agli attacchi dell'artiglieria croata che si trova sull'altra sponda del fiume Neretva. Intanto musulmani, serbi e croati della Bosnia ritornano oggi a Ginevra per dare una risposta definitiva al piano di pace proposto dai due copresidenti della conferenza di pace sull'ex Jugoslavia, Lord Owen e Thorvald Stoltenberg. Ma mentre la delegazione serba e quella croata si apprestano a dire sì all'accordo proposto dai due mediatori internazionali, i musulmani hanno rifiutato il piano, pur accettando di proseguire le trattative. Dopo due giorni di dibattito, il Parlamento bosniaco ha infatti deciso di continuare con i negoziati, ma il piano Owen-Stoltenberg potrà essere usato soltanto come punto di partenza. «La nostra delegazione chiederà numerose modifiche» ha annunciato il presidente del Parlamento Miro Lazovic ed ha elencato la lunga lista delle richieste dei musulmani, a cominciare dalle correzioni delle mappe geografiche. «Non possiamo accettare che ai serbi vengano assegnate, quasi fosse un premio all'aggressione, quelle regioni che hanno subito la più feroce epurazione etnica». Per la futura repubblica musulmana reclamano inoltre uno sbocco sul mare. La futura Unione delle Repubbliche bosniache dovrà essere riconosciu¬ ta e funzionare come un'entità statale legale a tutti gli effetti. Una nuova dura critica al piano di pace di Ginevra è arrivata ieri dal commissario per gli affari esteri della Cee Hans Van Den Broek. «Le trattative che portano avanti la Cee e l'Onu equivalgono alla strategia della capitolazione. Senza un cambiamento nelle posizioni sarà molto difficile ottenere una pace duratura», ha dichiarato Van Den Broek in un'intervista a un quotidiano di Rotterdam. «Il mediatore della Cee, Lord Owen, ha ridotto di fronte alle tre parti la possibilità di un intervento militare occidentale. In questo modo ha fatto nascere il dubbio sull'unità dei Dodici riguardo a questo punto» ha detto l'alto funzionario della Cee, che ha accusato Owen di aver fatto delle dichiarazioni pubbliche in cui ha respinto ogni eventualità di intervento armato in Bosnia. Le parole di Van Den Broek alla vigilia di Ginevra sono un'ulteriore conferma della divisione all'interno della Comunità e del ruolo dominante che Gran Bretagna e Francia, Paesi tradizionalmente vicini alla Serbia, hanno assunto nel conflitto bosniaco. Ingrid Badurina Bimbi di Mostar con un cartello: vogliamo solo una vita decente. Karadzic bacia un ufficiale serbo-bosniaco

Luoghi citati: Francia, Ginevra, Gran Bretagna, Jugoslavia, Rotterdam, Serbia, Zagabria